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 2013  dicembre 01 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ROGO IN UNA FABBRICA DI PRATO


REPUBBLICA.IT
01 dicembre 2013
PRATO - Una tragedia del lavoro nero e dell’immigrazione. Sono morti in sette, stavolta, mentre lavoravano. I resti carbonizzati li hanno trovati i vigili del fuoco nel capannone dove aveva sede la ditta di Prato, un’azienda tessile cinese che si trova nella zona Macrolotto. Dopo le prime cinque persone recuperate, di cui ancora non è stato determinato il sesso, altri due corpi sono stati estratti dalle macerie della fabbrica. Erano incastrati sotto i detriti del tetto distrutto nel rogo. Uno di loro aveva tentato di salvarsi. E’ stato trovato senza vita con un braccio fuori dalla finestra che aveva rotto per essere poi bloccato dalle sbarre dell’inferriata. Dei tre feriti, due uomini sono più gravi e si trovano al reparto di rianimazione dell’Ospedale Nuovo di Prato, per intossicazione da monossido.

I PRECEDENTI / MAPPA / I VIGILI / L’INCENDIO

Al momento dell’incendio nell’edificio c’erano una decina di persone. Non è ancora chiaro se oltre ai cinque ritrovati morti, gli altri siano riusciti a mettersi in salvo. I vigili del fuoco continuano a cercare tra le macerie dei "loculi" di cartongesso crollati nell’incendio, che servivano probabilmente come alloggio per i lavoratori della ditta. Una delle vittime è stato trovato in pigiama.

A dare l’allarme è stato un ex carabiniere. "Stavo passando con la mia auto - ha raccontato Leonardo Tuci dell’Associazione nazionale carabinieri in congedo - quando ho visto una colonna di fumo provenire dal capannone. Mi sono avvicinato e ho visto che c’erano alcuni cinesi che mi venivano incontro piangendo e urlando. Sono corso verso il capannone e ho visto un uomo con un estintore in mano. Allora ne ho preso anch’io. Era stremato, anche per il freddo, e continuavo a sentire le loro urla".
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ll capannone che i lavoratori cinesi usavano anche da dormitorio era costituito da "loculi" sopraelevati, tutti in fila lungo una parete del capannone e costruiti in cartongesso ma anche in semplice cartone per dividere i diversi ambienti. I primi cinque morti sono stati trovati lì.
Il capannone ospitava anche altre ditte. Non è escluso che per riscaldare il dormitorio ci fosse una stufa elettrica, ma le cause ancora non sono state accertate.

I vigili del fuoco continuano a cercare. "Stiamo facendo un lavoro di spegnimento e messa in sicurezza, stiamo lavorando con molta cautela - ha spiegato il comandante Vincenzo Bennardo - soprattutto nella parte in cui c’è stato il crollo del tetto. L’incendio è ancora covante perché i materiali di lavorazione hanno una copertura che noi dovremo togliere per spegnere i focolai".
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Immigrazione. Prato contava ufficialmente, nel 2010, 17 mila immigrati cinesi, ma il numero supera probabilmente i 50 mila contando i clandestini. "Dopo l’esplosione - è la dichiarazione dell’Adoc, Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori - chiediamo allo Stato di porre fine a queste sventure e di ripristinare i diritti dei cittadini cinesi in Italia, che spesso vivono e lavorano in condizioni limite, vicini alla schiavitù".

Le reazioni. "Il mio pensiero è per la tragedia di Prato. Grave la violazione della dignità umana dei lavoratori" ha detto il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge con un tweet.

"Questa tragedia non mi sorprende", ha detto l’assessore alla sicurezza del Comune di Prato Aldo Milone, tra i primi ad arrivare davanti alla fabbrica. "Più volte abbiamo detto quello che poteva succedere in questi capannoni alla presenza di dormitori, con impianti elettrici scadenti, non a norma".

"L’incendio di oggi è un episodio gravissimo, una tragedia che non può e non deve ripetersi. Esprimo tutto il mio dolore per i lavoratori costretti, per necessità, a vivere e lavorare nell’illegalità e alle loro famiglie", ha detto la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli (Pd). Profondo dolore per le vittime è stato espresso anche da Deborah Bergamini di Forza Italia: "I fatti di oggi ci ricordano ancora una volta, e con estrema gravità, che i manufatti prodotti dalle fabbriche cinesi presenti sul nostro territorio sono così economici perché per produrli si risparmia non solo sulla qualità ma anche sulla dignità umana dei lavoratori. Presenterò un’interrogazione al governo per sapere quali misure urgenti intenda adottare". Per Matteo Salvini, vicesegretario federale della Lega Nord, si tratta della "cronaca di una morte annunciata. Perché si vuole continuare a chiudere gli occhi su quello che accade dietro ai cancelli di fabbriche e laboratori gestiti da extracomunitari?".

REPUBBLICA.IT
I vigili del fuoco hanno trovato i resti umani di altre due vittime dell’incendio divampato stamami in una fabbrica tessile a Prato, nell’area del Macrolotto. Sale dunque a sette il bilancio dei morti; tre gli intossicati da monossido di carbonio: due uomini si trovano in rianimazione per problemi respiratori, un’altra persona è stata dimessa. Sia morti che feriti sono di nazionalità cinese.

Il presidente della Regione Rossi: "Sotto la soglia dei diritti"

L’incendio. Le fiamme si sono sviluppate in un fabbricato dove ha sede la fabbrica di confezioni, alla periferia della città: nel capannone c’erano materiali altamente infiammabili. Nell’edificio si sarebbero trovate una decina di persone. Non è ancora chiaro se tutti gli altri siano riusciti a mettersi in salvo ed anche per questo i vigili del fuoco continuano a cercare, durante le operazioni di spegnimento, tra le macerie dei "loculi" di cartongesso crollati nell’incendio, che servivano probabilmente come alloggio per i lavoratori della ditta, che produceva abiti. Uno dei morti, infatti, è stato trovato in pigiama. Le vittime - i corpi sono carbonizzati - sono tutti maschi. Un altro operaio, infine, ha tentato di mettersi in salvo rompendo il vetro di una finestra del capannone ma ha trovato delle sbarre di ferro a bloccare la via di fuga. Il suo corpo è stato trovato nell’unica parte del soppalco dove c’erano i "loculi" che non è crollata: aveva un braccio fuori dalla finestra, tra le sbarre dell’inferriata. Gli altri cadaveri sono stati recuperati tra le macerie del soppalco crollato.

L’allarme. E’ stato un ex carabiniere a darlo. "Stavo passando con la mia auto - racconta Leonardo Tuci dell’Associazione nazionale carabinieri in congedo - quando ho visto una colonna di fumo provenire dal capannone. Mi sono avvicinato e ho visto che c’erano alcuni cinesi che mi venivano incontro piangendo e urlando. Sono corso verso il capannone e ho visto un cinese che con un estintore in mano per cercare di spengere l’incendio. Allora - prosegue il racconto ho preso anche io un estintore per aiutarlo. Era stremato, anche per il freddo, e continuavo a sentire le urla dei cinesi".

Le ricerche. Sono proseguite per tutto il giorno. I vigili del fuoco hanno effettuato un lavoro di spegnimento e messa in sicurezza "con la massima cautela - spiega il comandante dei vigili del fuoco di Prato Vincenzo Bennardo - soprattutto nella parte in cui c’è stato il crollo del tetto. Ci facciamo spazio spazio con piccole macchine movimento terra".

Il dormitorio. Era costituito da "loculi" sopraelevati, tutti in fila lungo una parete del capannone. I cinque morti finora recuperati si trovavano all’interno del capannone e quasi sicuramente nei loculi, costruiti in cartongesso ma anche in semplice cartone per dividere i diversi ambienti. La struttura sopraelevata, raggiungibile probabilmente con una scala, era realizzata nella porzione di capannone occupato dall’azienda: il capannone andato a fuoco ospitava infatti anche altre ditte. Non è escluso che per riscaldare il dormitorio ci fosse una stufa elettrica, anche tenuto conto delle temperature basse di questi giorni, o che possa essere stata un sigaretta spenta male ad innescare il rogo, anche se sulle cause ancora nessuno si pronuncia. Non sarebbero state trovate bombole di gas gpl. La ditta era specializzata nel pronto moda: la lavorazione non avveniva quindi con macchine tessili la utilizzava tessuti sintetici e cellophane per confezionare gli abiti, tutti materiali che hanno facilitato il propagarsi delle fiamme.

Le reazioni. "Il mio pensiero è per la tragedia di Prato. Grave la violazione della dignità umana dei lavoratori". Così il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge, interviene su twitter. Le fa eco l’Adoc, associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori. "Dopo l’esplosione chiediamo allo Stato di porre fine a queste sventure e di ripristinare i diritti dei cittadini cinesi in Italia, che spesso vivono e lavorano in condizioni limite, vicini alla schiavitù". "Questo incendio è un episodio gravissimo, una tragedia che non può e non deve ripetersi. Esprimo tutto il mio dolore per i lavoratori di quest’azienda costretti, per necessità, a vivere e lavorare nell’illegalità e alle loro famiglie" afferma la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli (Pd). "E’ necessario - rileva - intervenire subito monitorando le situazioni di illegalità, di sfruttamento e agendo sull’assenza di controlli: i cittadini cinesi che vivono in Italia spesso si ritrovano in condizioni lavorative e di vita che ricordano la schiavitù, con negazione dei loro diritti fondamentali. E’ ora di dire basta. E’ necessario muoversi subito contro lavoro nero e sfruttamento chiudendo immediatamente queste aziende per tutelare i lavoratori e le loro famiglie. Bisogna agire con una modalità e una tempistica degne di un paese civile e democratico". "Ho richiesto, in accordo con il presidente Roberto Speranza, un’informativa urgente del governo sulla tragedia avvenuta oggi a Prato". Lo annuncia Antonello Giacomelli. sempre del Pd. "Il tema della sicurezza del lavoro e dei diritti dei lavoratori - rileva - non deve in nessun modo essere messo in secondo piano. In particolare, la situazione del distretto di Prato deve essere verificata con il massimo di attenzione e serietà. Chiederemo immediatamente in Aula alla Camera di esaminare le nostre richieste e le nostre proposte perché tragedie come questa si ripetano". "Sono profondamente addolorata per le vittime dell’incendio a Prato - è la reazione di Deborah Bergamini di Forza Italia - I fatti di oggi ci ricordano ancora una volta, e con estrema gravità, che i manufatti prodotti dalle fabbriche cinesi presenti sul nostro territorio sono così economici perché per produrli si risparmia non solo sulla qualità ma anche sulla dignità umana dei lavoratori, che spesso vivono in condizioni da prima rivoluzione industriale. Presenterò un’interrogazione al governo per sapere quali misure urgenti intenda adottare per porre fine a queste gravi violazioni del diritto ormai così diffuse nel distretto industriale pratese". Per Matteo Salvini, vicesegretario federale della Lega Nord, si tratta della "cronaca di una morte annunciata. Perchè quegli operai dormivano in loculi di cartongesso allestiti, magari abusivamente, nello stabilimento dove lavoravano? Perchè si vuole continuare a chiudere gli occhi su quello che accade dietro ai cancelli di fabbriche e laboratori gestiti da extracomunitari?".

PRECEDENTI REPUBBLICA.IT
ROMA - E’ di sette morti e tre ustionati gravi - tutti di nazionalità cinese - il bilancio provvisorio dell’incendio scoppiato stamani in una fabbrica tessile a Prato, nell’area del Macrolotto. Gli ustionati sono una giovane donna, che versa in condizioni meno gravi, e due adulti che invece si trovano in rianimazione. Una tragedia che in Italia ha precedenti simili, a partire dal rogo che nel 2007 uccise sette operai della ThyssenKrupp.

LO SPECIALE

Il rogo alla ThyssenKrupp. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, poco dopo l’una di notte, sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino, sette operai vennero investiti da una fuoriuscita di olio bollente, che prese fuoco. I colleghi chiamarono i vigili del fuoco, all’1.15 arrivarono le ambulanze del 118, i feriti furono trasferiti in ospedale. Alle 4 del mattino morì il primo operaio, si chiamava Antonio Schiavone. Nei giorni che seguirono, dal 7 al 30 dicembre 2007, morirono altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente: si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino. Degli operai coinvolti nell’incidente, ci fu un unico superstite e testimone oculare, Antonio Boccuzzi. Lavorava alla Thyssen da 13 anni, era un sindacalista della Uilm, il suo ruolo fu centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda. La Corte d’Assise di Torino ha condannato a 16 anni e mezzo di reclusione l’amministratore delegato della ThyssenKrupp, Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario. A sei anni dall’incendio alla Thyssenkrupp di Torino le famiglie dei sette operai morti quella notte aspettano la decisione della Cassazione su quelli che considerano i responsabili del loro inferno personale.
Stragi sul lavoro, i precedenti. Dal rogo della ThyssenKrupp alla fabbrica dei fuochi di Pescara

Il rogo della ThyssenKrupp

Pescara, esplode fabbrica di fuochi d’artificio. Un boato terrificante, creato da almeno 10 tonnellate di polvere pirica che uccise tre persone della famiglia Di Giacomo, il titolare Mauro, 45 anni, e il fratello Federico, 39, più l’altro parente Roberto, 50 anni. Su mezza provincia pescarese un immenso e impressionante fungo ’atomico’ biancastro si alzò in cielo. Ambulanze, vigili, soccorsi e vigili del fuoco, sirene e elicotteri si avviarono verso Villa Cipressi, frazione agricola di Città S.Angelo, strada provinciale 49, verso la collina in fiamme. Con loro anche Alessio, il figlio 22enne di Mauro. Sul posto volle raggiungere l’area. Fu investito dalla seconda esplosione. Il presidente della Repubblica Giogio Napolitano inviò un messaggio di cordoglio.

La fabbrica Rindi. Un operaio morto e due suoi compagni di lavoro in prognosi riservata al reparto grandi ustionati dell’ospedale San Martino di Genova. Fu questo il bilancio di un incendio scoppiato il 27 luglio 1992 nella fabbrica di collanti industriali "Rindi" a Signa, in provincia di Firenze, che trattava anche materiali altamente esplosivi. La vittima si chiamava Daniele Falconi, aveva 25 anni.

Gli operai ustionati della ’Lafumet’ di Villastellone. Alle due del pomeriggio circa del 26 marzo 2012 alcuni operai nordafricani che rientravano al lavoro dalla loro pausa per la preghiera, furono travolti da un’esplosione proveniente dai capannoni della fabbrica in cui lavoravano, la ’Lafumet’ di Villastellone, comune alle porte di Torino, ditta che si occupava di smaltimento di rifuti speciali e che contava 90 dipendenti, in gran parte stranieri. Subito dopo ci furono altre deflagrazioni, assordanti e violente. La fiammata investì in pieno cinque operai maghrebini. Trasportati prontamente nel reparto Grandi ustionati del Cto torinese, i cinque nordafricani riportarono bruciature su gran parte dei corpi, facce, mani e braccia. "Qui rischiamo di bruciare vivi per mille euro al mese", disse Mohamed Asadi, uno fra i primi operai a soccorrere i suoi colleghi feriti. "Lavorare lì dentro è molto pericoloso – aggiunse Francisco Vazquez – da mesi chiediamo un aspiratore per un reparto. L’azienda non ci ha mai risposto".

La fabbrica a San Mauro a Signa. Il 15 aprile 2012 un incendio scoppiò nel pomeriggio in una fabbrica di bagni galvanici, a San Mauro a Signa.

L’incendio di Scandicci. Il 29 giugno 2012 un incendio semidistrusse una ex fabbrica di vernici a Scandicci (Firenze). Il rogo divampò intorno alle 8 di mattina. La colonna di fumo restò visibile da diversi chilometri di distanza.

La fabbrica di Afragola. I vigili del fuoco lavorarono un’intera notte per domare gli incendi divampati il 21 agosto 2012 in una fabbrica di Afragola e nella periferia orientale di Napoli.

Rogo alla Polimero di Sant’Apollinare. Il 17 luglio 2013 una colonna di fumo nero in cielo visibile a distanza di chilometri si sviluppò per uno spaventoso incendio scoppiato verso alle 13.30 in una fabbrica alla Polimero srl, con sede a Sant’Apollinare, frazione di Rovigo. L’azienda si occupava del riciclo di polietilene ad alta ed a bassa densità oltre che del polietilene lineare (settore film ed estrusione). Con i suoi impianti era in grado di convertire materiale plastico di scarto, in granulo di polietilene rigenerato da riutilizzare come materia prima per la produzione di nuovi manufatti e prodotti. La polizia municipale invitò (attraverso gli altoparlanti collocati sulle pattuglie) i residenti di Sant’Apollinare a chiudere il gas e la luce e ad allontanarsi dalle abitazioni, nel raggio di un chilometro dall’incendio. A Rovigo nel frattempo fu evacuata la piscina di viale Porta Po. All’interno dello stabilimento che ha preso fuoco c’era del politilene in granuli. L’Arpav escluse il pericolo di diossina.

CORRIERE.IT
È salito a cinque morti accertati, due presunti e due ustionati gravi il bilancio dell’incendio in una fabbrica gestita da cinesi a di Prato. In mattinata fonti dell’azienda sanitaria locale avevano già parlato di tre morti ma successivamente la notizia era stata smentita.

«RESTI UMANI» - Ora addirittura il bilancio si fa ancora più pesante e altre persone potrebbero ancora mancare all’appello. I vigili del fuoco hanno infatti trovato altri resti umani, secondo il sindaco della cittadina toscana Roberto Cenni, che ha precisato che non è ancora possibile, per la condizione dei resti, indicare il numero delle eventuali nuove vittime. I vigili hanno, però, precisato attraverso il comandante Vincenzo Bennardo : «Pensiamo ad altre due persone oltre a quelle che abbiamo già trovato: quattro già all’obitorio ed una già localizzata».

I MORTI - I corpi di quattro delle vittime sono stati trovati solo in tarda mattinata dopo che i vigili del fuoco sono riusciti ad entrare all’interno della fabbrica nella zona in cui si trovavano i dormitori che sono crollati. Uno deve ancora essere recuperato. La prima vittima a essere trovata è stata un uomo che era a piedi nudi, forse in pigiama, e che aveva tentato di mettersi in salvo fuori dal capannone. Sono tutti maschi, anche se è stato difficoltoso identificare le salme, in pessime condizioni a causa delle bruciature. Più difficile sarà valutare i due corpi rimanenti.

5 morti e due persone gravi nel rogo di una fabbrica cinese
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L’ALLARME VERSO LE 7 - L’allarme è stato dato verso le sette di domenica da un passante che ha visto una colonna di fumo dal capannone. I vigili del fuoco sono intervenuti immediatamente. Un soccorritore, un carabiniere in congedo , ha raccontato di aver visto il fumo e di essere intervenuto con un estintore, aiutando un altro cinese che stava già lavorando per spegnere le fiamme: «Era stremato, anche per il freddo, e continuavo a sentire le urla dei cinesi».

ALLOGGI-LOCULO - Nella fabbrica si sarebbero trovate almeno una decina di persone. Non è ancora chiaro se altri - oltre alle sette vittime e ai due ustionati c’è una donna, intossicata ma ritenuta non grave - siano riusciti a mettersi tutti in salvo, e anche per questo i vigili del fuoco continuano a cercare tra le macerie dei «loculi» di cartongesso crollati nell’incendio , che servivano probabilmente come alloggio per i lavoratori della ditta che produceva abiti. Si tratta di ambienti costruiti in cartongesso, di misure minime, sufficienti per un pagliericcio e poco più, separati tra loro. La struttura sopraelevata, raggiungibile probabilmente solo con una scala, era realizzata nella porzione di capannone occupato dall’azienda: l’edificio andato a fuoco ospitava infatti anche altre ditte.

LE SBARRE ALLA FINESTRA - Uno degli operai rimasti uccisi, si è appreso in serata, aveva tentato di mettersi in salvo rompendo il vetro di una finestra del capannone ma ha trovato delle sbarre di ferro a bloccare la via di fuga. Il suo corpo è stato trovato con un braccio fuori dalla finestra.

Prato, rogo nella fabbrica dei cinesi

Prato, rogo nella fabbrica dei cinesi
Prato, rogo nella fabbrica dei cinesi
Prato, rogo nella fabbrica dei cinesi
Prato, rogo nella fabbrica dei cinesi
Prato, rogo nella fabbrica dei cinesi

LE CAUSE - L’azienda andata a fuoco è nella zona del Macrolotto di Prato, una delle aree a maggiore densità di ditte orientali. Ancora non è chiaro come si siano sviluppate le fiamme. Non è escluso che per riscaldare il dormitorio ci fosse una stufa elettrica, anche tenuto conto delle temperature basse di questi giorni, o che possa essere stata un sigaretta spenta male ad innescare il rogo. Non sarebbero state trovate bombole di gas gpl. La struttura è ad un solo piano e vi si accede attraverso un cancello di una traversa di via Toscana.

VIGILI DEL FUOCO - «L’incendio al momento è sotto controllo, stiamo spegnendo gli ultimi focolai e stiamo lavorando per rimuovere le macerie per accertare che non ci siano altre persone e le operazioni andranno avanti per tutto il pomeriggio», spiega il portavoce dei vigili del fuoco, Stefano Giannelli. I vigili del fuoco stanno ancora procedendo alla rimozione delle macerie di alcuni soppalchi crollati.

KYENGE: «DIGNITA’ VIOLATA»-Sulla tragedia di Prato il ministro per l’integrazione con Cecile Kyenge interviene via Twitter: «Il mio pensiero è per la tragedia di Prato. Grave la violazione della dignità umana dei lavoratori.
01 dicembre 2013

INDAGINI
dal nostro inviato
PRATO - Tra le primissime ipotesi della Procura di Prato, sul rogo del capannone in cui sono morte cinque persone, c’è il reato di omicidio colposo plurimo, anche se al momento non ha aperto alcun fascicolo con ipotesi di reato. Il sostituto procuratore Lorenzo Gestri che stamattina si è recato sul luogo dell’incendio, sta infatti attendendo le relazioni dei vigili del fuoco. Relazioni, che dovrebbero però arrivare soltanto domattina.

IL QUADRO - La magistratura dovrà avere ben chiaro quale sia la reale natura dell’incendio, per decidere quali profili di colpa ipotizzare nei confronti di eventuali responsabili. Una cosa è certa: all’interno del capannone «vi erano palesi violazioni delle normative di sicurezza e segnali di abusi edilizi per la realizzazione di dormitori» spiega un vigile del fuoco che ha ispezionato la struttura. La magistratura potrebbe anche chiedere l’acquisizione delle immagini alcune videocamere di sorveglianza che delimitano l’area dove si trova il capannone andato a fuoco: nelle prossime ore la Squadra mobile potrebbe bussare alle porte degli altri imprenditori per verificare se quegli «occhi elettronici» abbiano o meno catturato elementi determinanti per le indagini. Fino a quando i vigili del fuoco non avranno terminato il lavoro, non sarà comunque possibile approfondire altri aspetti fondamentali di questa inchiesta: l’impianto elettrico funzionava? E in quel caso, era a norma? Qualcuno l’aveva manomesso per «migliorarne» le funzionalità? Troppo presto per saperlo. Non appena le prime risposte tecniche arriveranno sul tavolo della magistratura, anche i reati saranno ben definiti.