Ernesto Galli Della Loggia, Style 28/11/2013, 28 novembre 2013
I BURINI DELLE NOTE SPESE
«Ma da chi siamo governati? Da dove viene gente simile?» Lo so, è una domanda dal sapore non solo moralistico, ma che può apparire anche un po’ qualunquista, come è sempre qualunquista ogni giudizio che la fa un po’ troppo semplice con questioni complicate.
Lo so. Ma è anche vero che di fronte a certi spettacoli si fanno irresistibilmente sentire dentro di noi la voce del senso comune e una percezione elementare delle cose che non sopportano di stare a spaccare troppo il capello in quattro. E mi pare che ciò che emerge dalle indagini in corso un po’ dovunque sul modo in cui i consiglieri di quasi tutte le regioni italiane spendono i fondi destinati in teoria all’attività politica dei «gruppi» costituisce precisamente uno di questi spettacoli. Si tratta in genere di spese che, come si sa, con la suddetta attività non c’entrano un bel nulla. Si va dall’acquisto di un pc per uso personale, magari anche di due o tre per la moglie e i figli, a quello di qualche oggettino di bigiotteria per le segretarie, alla stilografica di qualità, alla spesa per il cappuccino (magari di decine di cappuccini): ma questo è il meno. Sempre di abuso di denaro pubblico si tratta, ma sul piano della qualità e dei valori delle persone si può dire che siamo in una certa, prevedibile, media, immoralità nazionale. Le cose cambiano con la voce di spesa di gran lunga più rilevante, che è sempre una sola: cene e alberghi. È qui infatti che emerge la più autentica e specifica natura della stragrande maggioranza della classe politica che governa le regioni italiane. Le loro cene non sono mai al di sotto dei 150-200 euro a persona, innaffiate regolarmente da vini pregiati. Piatto forte, di gran lunga preferito, il pesce (spesso gradita la variante ostriche o aragosta), che «fa fino» e, come si sa, non appesantisce né danneggia la salute. Il locale prescelto, poi, va da sé, immancabilmente di prima classe: insomma pizzerie mai, neanche a parlarne. Naturalmente meglio se in un posto un po’ fuori città, elegante e riservato. Perché bisogna sapere che al suo rango il consigliere regionale ci tiene moltissimo (specie se non è lui a pagare). E dunque appena possibile il weekend è d’obbligo (non da solo, si capisce): in una città d’arte, in un riposante resort o in una bella località turistica. Anche qui, non c’è bisogno di dirlo, mai al di sotto delle quattro stelle: ma proprio come minimo.
Tutto questo per quanto riguarda le spese, diciamo così, di tutti i giorni. Cioè senza contare gli extra, dal Rolex alle vacanze esotiche, e così via a spendere.
Sono spese rivelatrici. Rivelatrici dei miti, dei sogni, delle aspirazioni segretamente coltivate dalla media delle persone che ti governano nelle regioni, e che domani, con ogni probabilità, ci governeranno in ambito nazionale. Allora vogliamo dirlo? Sono i miti e i sogni di poveracci, di gente di nessuna cultura e nessuno spirito, abituata a spasimare da una vita davanti alle pubblicità della tv e dei rotocalchi. Di poveri uomini e povere donne profondamente frustrati che come meta massima hanno quella di «vedere i leoni» in un safari, di farsi aprire l’ascensore da un boy di un grand’albergo, di sedersi a sorseggiare un drink davanti al «paesaggio da sogno» che gli è capitato di vedere nei dépliant delle agenzie turistiche. Di mangiare come immaginano che mangino «i ricchi», i «signori» (che invece sono perlopiù sempre rigorosamente a dieta). È fatta di questa miseria sociale, ormai, la classe politica italiana che preme dalle retrovie locali: ma provarne una profonda pietà sul piano culturale può esimere dalla necessità di ricacciarla indietro da dove è venuta?