Lavinia Farnese, Vanity Fair 20/11/2013, 20 novembre 2013
INTERVISTA A ROSALINDA CELENTANO
«Quella sera ero nervosa. Ci avevo messo tanto, troppo, a scegliere il vestito. E poi, perché ero ancora lì a truccarmi, a sistemarmi, per uscire a cena con Rosalinda?».
«Seduta a tavola, Simona aveva le pupille dilatate. Diceva cose, ma erano gli occhi a parlare davvero».
Questa intervista nasce due anni fa. Quando in edicola finiscono alcune foto rubate. Rosalinda Celentano, la figlia più piccola di Adriano Celentano e Claudia Mori, stringe nell’abitacolo di un’auto al buio Simona Borioni, attrice. Per chi fa i titoli, sono «baci proibiti» in una «notte di trasgressione». A noi sembrano baci perfettamente leciti, in una normalissima notte d’amore. Le cerchiamo, per capire se hanno voglia di parlarne. Rispondono che no, non è ancora tempo. Oggi quel tempo è arrivato, ed è arrivato «perché anche solo un ragazzino gay decida di non uccidersi».
La grandine fa rumore sulle persiane della casa romana dove vivono insieme. Loro due e Samuele, il figlio che Simona ha avuto dodici anni fa da un uomo «che un giorno ha deciso di non esserci più».
La storia, in realtà, inizia nel 1991. «Lei non era ventenne, io poco più grande, non ci conoscevamo», ricorda Rosalinda. «Poi ci invitano allo stesso evento di beneficenza, in montagna. Sto uscendo dal ristorante, la vedo entrare, i nostri occhi si toccano, è accompagnata dal suo fidanzato di allora (Franco Oppini, ndr) e di colpo, senza preavviso, partono i tamburi in petto. Mi chiedo: ma che cos’è?».
«Era come un richiamo», interviene Simona. «Mi sono voltata, l’ho sezionata con lo sguardo mentre si allontanava: la schiena, il passo, il collo. Mi era sconosciuta e familiare insieme. Sentivo il desiderio di avvicinarla, di avvicinarmi, ma anche la paura, perché non mi era mai successo. Sono una ragazza, è una ragazza, che mi prende?». Le presentazioni arrivano al concerto, dove Rosalinda le siede vicino. Sottovoce: «Sei bellissima». «Anche tu».
Simona: «Le intenzioni di Rosalinda sarebbero state da subito più bellicose». Rosalinda: «Mi prende in giro perché ero come una bambina che guarda una creatura delle fiabe. La contemplavo. Osavo immaginare, al massimo, di farmi piccola e addormentarmi nelle sue braccia».
La mattina della partenza non si scambiano i numeri. Il lavoro le porta in città diverse. Poi Simona ottiene una parte a Roma. La incontra per strada. «Ricordo lo spavento dei suoi occhi che ancora bucavano i miei. Rosalinda mi sconvolgeva. Però me la sono negata, nascosta, da donna che aveva sempre amato solo uomini, e che non se la spiegava».
La ospita, per una notte. Dividono il lettone. «Lei mi dà le spalle, e si è messa sul bordo del letto. Sembra dormire, ho il cuore in gola, faccio per avvicinarmi: "Simona". Lei, in silenzio, ferma la mia mano sul suo seno, la tiene lì. E così restiamo. Bloccate». «Era il mio modo per dirle: stai qua, ho capito, questa cosa la sento anche io, piano però che ho paura».
L’alba le trova immobili. Rosalinda se ne va lasciando a Simona un walkman con la colonna sonora del Tè nel deserto di Bertolucci, avvolto dentro un cappellino di lana. «Ero convinta che non l’avrei più vista». passa una decina d’anni, a cercare di dimenticarsi l’una dell’altra. Rosalinda: «Ero in casa, armeggiavo con una videocassetta su Pier Paolo Pasolini. Il nastro salta, la Tv va su Verissimo, in studio c’è Simona, sta raccontando che ha avuto un bambino. Mi prende un colpo. Dove vado, cosa faccio, è diventata mamma, è finita».
Passa un’altra decina d’anni. Il 2 maggio 2010, Simona entra al Tree Bar di Corso Francia. «Tornavo da un set, ho raggiunto lì i miei amici a cena. L’ho vista ma ho fatto finta di non vederla, Rosalinda: fumava e rideva mangiando con un’amica».
Rosalinda: «Io avevo solo notato una donna elegante in fondo alla sala. La mia amica parlava, ma a un tratto l’audio si era spento... Avevo riconosciuto Simona. A stento sono corsa da lei. L’abbraccio, le domando dei suoi due figli - nel ricordo li avevo moltiplicati -, le prendo la mano. Siamo tese, emozionate, le gambe non si fermano. Non ci importa della gente. Finisce che restiamo in macchina fino all’alba, senza dirci una parola, solo il respiro a marcare il silenzio».
Simona ha quasi 40 anni e i suoi ingombri in testa. La fine difficile di una relazione con un uomo violento, l’analisi per uscirne, le fiction per arrivare a fine mese e un figlio da crescere bene. Una volta - solo una volta, giura - ha ceduto all’avance di uno che poteva farla lavorare di più, «ma mi sono rivestita dopo pochi minuti, ho capito che non faceva per me». Mai - mai, giura - ha ricevuto «richieste, neanche velate, di favori sessuali in cambio di un "provala per questo ruolo"».
Eppure si è ritrovata coinvolta, nel 2007, nello scandalo intercettazioni, raccomandata dal presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, all’allora presidente di Rai Fiction Saccà, e anche quella gogna pubblica ha lasciato il segno. Solo una volta tornata a casa sente di poterglielo scrivere: «Ti dormo accanto». Risposta: «Io ti dormo dentro». Si danno appuntamento a cena la sera dopo.
«Da Angelina a Testaccio il cameriere deve tornare tre volte a chiederci se abbiamo scelto dal menu. Simona è più brava di me: riempie i vuoti con discorsi, e fa niente se sono banali, servono a ridurre l’imbarazzo. Lei ordina scamorza alla piastra: resterà lì, si farà gomma. Io mangio una foglia di spinaci e sono piena. Su quella terrazza siamo tornate bambine. Sperdute, troppo impacciate per una carezza». «C’era quel tormento che non mi lasciava: perché, per uscire con Rosalinda, mi ero curata come se avessi avuto un appuntamento con un maschio? Perché conservavo ancora, nel comodino, il suo cappello di lana?».
Quella notte, Rosalinda si ferma da Simona. Non andrà più via. Una settimana diventa un mese. Un anno, tre. «Parlarne con un figlio è più facile che con una madre», racconta Simona. «Mio padre, tassista, mi ha educata all’onestà. Mia madre è di salute molto fragile. Non mi perdono di aver dato ai miei questo dispiacere. I vicini li hanno svegliati, la mattina in cui sono uscite quelle foto. Hanno detto loro che dovevo vergognarmi. Io ho provato a inventarmi una bugia, mia madre mi ha zittita: "Non voglio entrarci né sapere. Bada a proteggere Samuele"».
Con lui non sono serviti proclami. «Le butta le braccia al collo, quando va in tournée si lamenta perché gli manca e chiede quando torna. A scuola spera che non lo prendano in giro, poi però mi dice: "Mamma, se ti dovessi mai sposare, prometti che lo farai con Rosalinda"». Non è escluso che succeda. «Vorremmo farlo in Italia. Una festa con gli amici, a piedi nudi, al mare. Spediremo il primo invito a Papa Francesco».
Adriano Celentano e Claudia Mori sanno tutto da quando Simona li ha chiamati perché da sola non ce la faceva più a nascondere le bottiglie. L’alcol trasformava Rosalinda in un mostro, la faceva barcollare, cadere. «Se squillava il telefonino, avevo il terrore che mi stessero chiamando per dirmi che aveva battuto la testa contro uno spigolo fatale».
Rosalinda: «Non voglio più toccare un bicchiere. A 45 anni so che se sono nata un girino di sei mesi, e non sono ancora morta, un motivo c’è. I nostri genitori ci hanno avuti troppo presto. Ricordo l’odore della pelle di una tata, Celestina, e poco quello di mia madre, perché quando sono uscita dall’incubatrice un problema di salute l’ha costretta solo a guardarmi. La mancanza d’amore fa disastri, per questo da ragazzina leggevo Schopenhauer e mi tagliavo. Fino a Simona sono stata autodistruttiva, piena di cicatrici, compresse e vodka, sempre più vicina al di là che al di qua. Se sono rimasta in piedi, è stato per incontrarla».
«Il tradimento dell’aspettativa dei genitori », e le sue conseguenze, per lei sono arrivati molto prima che per Simona. «Oggi i miei hanno fatto un salto in avanti, soprattutto dopo che sono finita in comunità, ma a 18 anni dovetti scappare di casa. Mia madre era autoritaria, severa. Mi sorprese a baciare un’amica. Pianse, mi chiese dove avesse sbagliato, disse: piuttosto che una figlia "così" - ma usò quel termine per me orrendo che è "lesbica" - meglio una stanza vuota. Disse pure che a darmi il resto ci avrebbe pensato mio padre in villa. La punizione fu dura. Mi consegnò anche una lettera di venti pagine che partiva da Adamo ed Eva e dalla religione per decidere che ero un’anormale».
Simona dice che «Rosalinda riunisce in un solo corpo tutte le donne e gli uomini che avrei voluto avere». In un angolo del salone conserva un sassofono Selmer anni Cinquanta. Lo suonava suo nonno, e lei ballava. Ogni tanto lo fa ancora: Rosalinda, guardandola, ritorna bambina, quando dalla fenditura della porta del bagno guardava la madre che si truccava gli occhi così uguali ai suoi. «E volevo essere quel rimmel».