Fulmini 30/11/2013, 30 novembre 2013
FERGUSON
«Rudi Garcia è stata una mia decisione. Abbiamo voluto fare qualcosa di diverso e unico, pensando di impostare un progetto con un allenatore che deve rimanere a Roma almeno dieci anni, sul modello Alex Ferguson al Manchester United» (il presidente della Roma James Pallotta).
EMERGENZA «Preferirei cominciare a lavorare dal ritiro, è ovvio, con giocatori scelti da me. Però devo dire che queste esperienze mi hanno aiutato, facendomi crescere, ho capito come gestire l’emergenza quando non c’è molto tempo da perdere. L’anno scorso ho lasciato una squadra con un’idea di calcio ben definita, e questo mi rende orgoglioso» (l’allenatore del Chievo Eugenio Corini).
OTTIMISMO «Cantù rappresenta il ritorno di una società dove tutto funziona perfettamente e posso preoccuparmi di fare solo l’allenatore. Ma nella quale ho cercato di portare l’ottimismo e l’approccio positivo in tutte le situazioni che ho imparato fin’ora. La grande atmosfera che si respira è la chiave di questo inizio positivo» (Pino Sacripanti).
NONNO «Il team stava diventando troppo affollato per i miei gusti. Che cosa farò adesso? Innanzi tutto come regalo di Natale arriverà il quarto nipotino. Ma non sono ancora pronto per fare il nonno a tempo pieno. E non è vero che sia stanco di girare per il mondo» (Ross Brawn che ha deciso di lasciare la Mercedes).
MAI «Non ho mai pensato di smettere. Mai. Mollerò solo quando mi accorgerò di non essere più competitiva. Non mi va di lottare per la trentesima posizione. In quel caso farei un passo indietro» (la sciatrice Nadia Fanchini, 2 medaglie Mondiali e 9 podi in Coppa del Mondo nonostante i molti infortuni in carriera).
APICE «Riconosco a Valentino Rossi un grande talento. Rifarei tutto nella mia carriera, forse mi è mancato vincere in 500, sicuramente Rossi ha vinto di più, ma io sono stato fortunato a lasciare all’apice, da numero uno, per lui non è facile ora» (Max Biaggi, che ha ripercorso la sua carriera nel libro Oltre, appena pubblicato da Rizzoli).
PAZIENZA «Mi avrei avvertito che avrei dovuto avere pazienza. Più che l’atletismo mi colpisce la durezza dei contatti, i colpi che ci sono in area. La linea da tre più lontana finisce per favorirmi perché dà più spazio. In alcune occasioni ero liberissimo, ma ho sbagliato. In Italia quei tiri non li fallivo. Migliorerò» (Gigi Datome, alla sua prima stagione in Nba, a Detroit).