VARIE 28/11/2013, 28 novembre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - PENSIONI E REDDITO MINIMO
DAL CORRIERE DELLA SERA DI STAMATTINA
PENSIONI, COSA CAMBIA CINQUE PUNTI PER CAPIRE ? Torna l’adeguamento al costo della vita per le pensioni superiori a 1.486 euro lordi al mese (3 volte il minimo), ma in forma limitata e comunque non oltre i 2.972 euro lordi. Ma torna anche il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro che solo lo scorso giugno la Corte costituzionale aveva cancellato. Questa volta sarà del 6-12% sugli importi superiori a 6.936 euro lordi al mese (90.168 euro all’anno). Sono le principali novità in materia previdenziale contenute nel disegno di legge di Stabilità, come modificato dal maxi emendamento del governo approvato al Senato. Ora passa tutto all’esame della Camera. Enrico Marro
1. Il decreto Salva Italia del governo Monti rafforzò il contributo di solidarietà già introdotto dall’esecutivo Berlusconi, stabilendo, dal 2012, un prelievo del 5% sugli importi di pensione compresi fra 90mila e 150 mila euro lordi, che saliva al 10% sulla fascia 150-200mila e al 15% sulla parte eccedente i 200 mila euro lordi. Tale contributo è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta lo scorso giugno, perché discriminatorio in quanto applicato a una sola categoria di contribuenti, i pensionati, e non anche ad altri cittadini con lo stesso reddito. È ancora in vigore, invece, il contributo di solidarietà fissato da Monti per i pensionati dei fondi speciali: Trasporti, Elettrici, Telefonici, Volo, ex Inpdai. Il prelievo oscilla tra lo 0,3% e l’1% della pensione in base agli anni di contribuzione versati prima del 1996. Sono escluse dal contributo le pensioni fino a 5 volte il minimo.
2. ROMA — La legge Finanziaria 1995 ha disposto che il primo gennaio di ogni anno le pensioni vengano adeguate in base alla variazione del costo della vita accertata dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica. L’adeguamento è fissato con un decreto del ministero dell’Economia alla fine di ogni anno per l’anno successivo. Per il 2014 l’aumento dovrebbe aggirarsi intorno all’1,5%, stima di aumento dei prezzi nel 2013 fatta dall’Istat e dal governo nella nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza). Fin dall’inizio l’adeguamento non è stato riconosciuto al 100% per le pensioni di importo elevato, con soglie che sono cambiate di anno in anno. La stretta più forte fu decisa con il decreto Salva Italia del governo Monti, che stabilì sia per il 2012 sia per il 2013 la perequazione al 100% solo alle pensioni di importo fino a tre volte il minimo (1.441,59 euro lordi al mese, nel 2012), abolendola sulle pensioni di importo superiore.
3. Il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro viene riproposto nel maxiemendamento del governo per finanziare un sussidio a favore dei più poveri, motivazione che dovrebbe consentire, secondo il governo, di superare eventuali nuovi giudizi di costituzionalità. Il contributo è fissato nel 6% per la parte di pensione compresa fra 14 e 20 volte il minimo (90.168 — 128.811 euro lordi annui), che sale al 12% sugli importi fra 20 e 30 volte il minimo (128.811 — 193.217 euro lordi annui) e al 18% sulle quote oltre 30 volte. In tutto, le pensioni colpite dal nuovo contributo di solidarietà sono, secondo i dati Inps, 29.554. Si tratta di assegni superiori a 6.936 euro lordi al mese. Di questi, 6.805 sono maggiori di 9.908 euro lordi al mese (20 volte il minimo) e appena 1.344 superano i 14.863 euro lordi al mese (30 volte il minimo).
4. La legge di Stabilità 2014, come modificata dal maxiemendamento del governo, dispone per il triennio 2014-2016 di una perequazione limitata anche sulle pensioni di importo fra 3 e 6 volte il minimo, negandola per quelle superiori a sei volte. L’adeguamento al costo della vita sarà quindi del 100% per i trattamenti fino a tre volte il minimo (1.486,29 euro lordi al mese). Per quelle fra 3 e 4 volte il minimo (1.486,29 — 1.981,72 euro) la rivalutazione sarà del 90% «con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi». Sempre sull’intero importo, l’aumento sarà del 75% per le pensioni fra 4 e 5 volte il minimo (1.981,72 — 2.477,15 euro lordi) e del 50% su quelle fra 5 e 6 volte il minimo (2.477,15 — 2.972,58 euro lordi) mentre sulla parte eccedente 6 volte non ci sarà alcun aumento.
5. Le norme sulle pensioni sono tra quelle che potrebbero cambiare durante l’esame della legge di Stabilità che ora, dopo l’approvazione del Senato, passa alla Camera. Il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, auspica per esempio un miglioramento dell’indicizzazione al costo della vita, come chiedono anche i sindacati. Il contributo di solidarietà è invece un argomento che divide. Le associazioni dei manager e dei professionisti parlano di norma incostituzionale, anche nella nuova versione. Un economista e parlamentare vicino a Matteo Renzi come Yoram Gutgeld propone un prelievo del 10% sulle pensioni maggiori di 3.500 euro lordi al mese che frutterebbe 3,3 miliardi l’anno, ma altri economisti come Tito Boeri e Tommaso Nannicini hanno calcolato che, anche con un prelievo progressivo (2-15%), al massimo si potrebbe ottenere un miliardo. Le pensioni sopra 3.367 euro lordi al mese sono infatti solo 397.128 su un totale di 23,4 milioni.
EDITORIALE DEL CORRIERE DELLA SERA
I
nutile. Ogni volta che c’è da intervenire sui conti pubblici la (triste) fantasia del legislatore arriva sempre allo stesso punto: toccare le pensioni. Tema delicato, poiché solo grazie alle riforme previdenziali che si sono succedute i conti pubblici sono stati tamponati. Il sistema previdenziale italiano riesce così a essere non solo tra i più solidi in Europa, ma a rappresentare per certi versi un esempio anche per Paesi solitamente considerati più avanzati, come Francia e Germania. Eppure, gira e rigira, quando bisogna risparmiare è lì che s’interviene. Con parole nobili, ma con risultati non proprio equi. Prendiamo il contributo di solidarietà sulle pensioni oltre i 90 mila euro lordi l’anno e che potrà variare dal 6% al 18%. La norma, negli annunci, è stata legata al finanziamento, parziale, dell’introduzione del reddito minimo. Come dire: si dà la sensazione che si stia togliendo ai redditi più alti per dare ai più poveri. Soprattutto ai giovani con difficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro.
Ed è qui l’inganno: legare due cose, che legate non sono. Certo che la priorità è garantire un futuro (anche previdenziale) ai più giovani. Un legislatore che non lo facesse, sarebbe irresponsabile, ma non è tagliando le pensioni che si ottiene questo risultato. L’oro, si sa, è un metallo nobile. E in fase di crisi viene molto facile accostare al metallo giallo qualunque reddito sia superiore a quello che noi stessi stiamo percependo. Così a furia di intervenire (o di annunciare interventi) sulle pensioni cosiddette d’oro, si è introdotta nel Paese la sensazione che l’unica strada possibile sia quella di agire sempre su questo fronte. Con soglie, però, spesso davvero basse. È così accaduto, ad esempio, che anche i pensionati con più di 1.441 euro lordi mensili si siano visti congelare il loro assegno per due anni (decreto Salva Italia). E dal 2014 per altri tre anni l’indicizzazione sarà piena solo per gli assegni fino a 1.486 euro lordi. Mentre nel 2014 chi ha una rendita superiore a 2.972 euro, sempre lordi, se la vedrà congelata. Una misura iniqua quella del blocco della scala mobile, perché il taglio di un anno ha effetti moltiplicativi che si ripercuotono per anni. Purtroppo, a giudicare dai venti parlamentari, l’adeguamento è a rischio d’estinzione. Nei giorni scorsi il supercommissario alla spending review , Carlo Cottarelli, ha fatto sapere che se la prenderà (anche) con le pensioni d’oro e con le pensioni d’argento (sarebbe interessante una legge che ne definisse il confine).
Ma è possibile che questo sia l’unico fronte dal quale è possibile risparmiare? Conviene fare un po’ d’ordine. Le pensioni d’oro, o meglio considerate tali, appartengono per la stragrande maggioranza ad ex lavoratori dipendenti. A contribuenti che non solo hanno versato regolarmente i contributi, ma anche le imposte sui redditi. Non tutti meritano quel trattamento, ma la maggior parte se l’è costruito con i versamenti previdenziali suoi e dell’azienda. E ora la mazzata: oltre i 75.000 euro di reddito lordi già l’aliquota Irpef è del 43%. Quindi chi ha una pensione oltre i 90.000 euro lordi e fino a 128.000 euro lordi pagherà nel 2014 un’aliquota complessiva del 49% a cui vanno aggiunte le addizionali locali. In pratica si sfonderà il fatidico muro del 50%. E per chi guadagna più di 193.000 euro, reddito non disprezzabile è vero, la pressione tributaria salirà al 61%. Forse è troppo. Certo, i privilegi vanno aboliti, gli sprechi ridotti, le tutele per le fasce deboli aumentate, ma non è colpendo i pensionati, anche con redditi più elevati, che tutto questo sarà possibile. I sacrifici si possono chiedere, ma le finalità devono essere chiare e condivisibili.
Senza contare il gioco pericoloso di mettere le generazioni l’una contro l’altra. E così anche quel welfare familiare che ha fatto da vera stampella anticrisi, rischia di incrinarsi. A quel punto non ci saranno riforme che tengano.
Massimo Fracaro
Nicola Saldutti
REDDITO MINIMO - VALENTINA CONTE SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
ROMA
— «Reddito minimo di inserimento sperimentale», lo definisce martedì il viceministro dell’Economia Fassina. «No, è un Sostegno per l’inclusione sociale», in acronimo Sia, lo corregge ieri il ministro del Lavoro Giovannini. Nelle stesse ore in cui Sel, spulciando il testo licenziato dal Senato della legge di Stabilità, accusa il governo di «pubblicità ingannevole inaccettabile» perché «non c’è alcun reddito minimo garantito, ma solamente una misera estensione della Social card». Chi ha ragione in questo caos? Un po’ tutti, in effetti.
IL PRELIEVO
Lo spiega Giovannini: «Un reddito minimo è solo un trasferimento monetario, mentre il Sia è anche un impegno da parte del beneficiario a cercare un lavoro, a mandare i figli minori a scuola e alle visite mediche». In pratica il governo, grazie a un prelievo più
esteso e pesante sulle pensioni d’oro (superiori a 90 mila euro lordi annui), è riuscito in extremis a stanziare 120 milioni nel triennio per rifinanziare un programma già esistente e sperimentale, il Sia appunto. Ed estendere così il contrasto alla povertà anche alle regioni
del Nord.
LA PLATEA
«Questo ci consentirà di allargare la platea a 400 mila poveri nel 2014, ovvero 160-170 mila in più del previsto», assicura Maria Cecilia
Guerra, viceministro del Lavoro, la vera “regista” del Sia. «Le risorse di cui disporremo il prossimo anno, grazie all’emendamento alla legge di Stabilità, saliranno a 500 milioni. E questa è un’ottima notizia. Perché il Sia è un programma strutturato ma ancora sperimentale, perché sin qui non sostenuto da finanziamenti permanenti». Ma a chi vanno questi soldi? «Alle famiglie povere con minori in cui uno
degli adulti ha perso il lavoro negli ultimi tre anni. Abbiamo scelto questo target perché i dati ci dicono che i nuclei più esposti alla povertà sono proprio quelli con figli piccoli, non necessariamente numerosi. Negli ultimi anni è quasi raddoppiata l’incidenza della povertà anche su chi ha solo due figli».
IL SOSTEGNO
Non si tratta dunque di reddito
minimo garantito, tecnicamente un sussidio a chi è povero, pari alla differenza fra il reddito effettivamente percepito e un livello minimo stabilito per legge. Ma appunto di “sostegno per l’inclusione attiva”. «Una presa in carico vera e propria della famiglia, selezionata dai Comuni, in seguito a bandi, che poi verificano ogni sei mesi se i bimbi sono andati a scuola e dal medico, se il papà o la mamma hanno frequentato i corsi di formazione o fatto domanda di impiego, e così via», spiega ancora Guerra. Lo strumento di erogazione materiale dei denari è effettivamente la vecchia Social card, ribattezzata Carta acquisti. «È pratica, non crea stigma e poi è legata a sconti e questo alza di fatto le risorse del 5-10%».
LO STANZIAMENTO
Nel programma Sia, precisa il ministro Giovannini, confluiranno dunque i 170 milioni già stanziati per il Sud (dalla prossima primavera),
i 50 messi per sperimentare il piano in dodici grandi città (da gennaio), e una parte dei 250 milioni per la Carta acquisti. «In totale, a disposizione ci sono 500 milioni nel 2014. Azzerare completamente la povertà costerebbe 6-7 miliardi. Un miliardo e mezzo per portare tutti i poveri al 50% della soglia di povertà. Ma l’obiettivo è usare anche i fondi europei». Una «svolta epocale» per la Guerra. «La povertà è un’emergenza. Dobbiamo attrezzarci per affrontarla».