Lanfranco Vaccari, SportWeek 23/11/2013, 23 novembre 2013
FOOTBALL, TROPPI RISCHI! IO NON GIOCO PIÙ
Nel 2010 la Pop Warner, la maggiore organizzazione di football per bambini fra i 4 e i 15 anni, aveva stabilito il record storico di iscritti: 248.899. L’anno scorso erano scesi a 225.287, il 9,5% in meno. È la prima volta che si registra un calo nella partecipazione da quando si tengono statistiche, più di vent’anni fa. Le ragioni sono molte, ma «la principale è la preoccupazione per le commozioni cerebrali», ha detto Julian Bailes, il responsabile medico dell’associazione, a Outside the Lines, il programma investigativo di Espn. «Per un genitore che sente parlare dell’encefalopatia traumatica cronica, non essere cauti sarebbe da pazzi», ha aggiunto Tony Strickland, professore associato di neurologia alla Ucla e membro della commissione medica della Pop Warner. È l’onda lunga della Cte, diventata un’emergenza sanitaria per lo sport più popolare d’America. Il primo caso accertato di quella patologia neurodegenerativa è del 2005, quando venne studiato il cervello di Terry Long, ex linebacker dei Pittsburgh Steelers, suicidatosi bevendo dell’antigelo (la Cte può essere diagnosticata con un esame istologico solo post mortem). Solo nel 2010, però, la Nfl ha ammesso che esiste una connessione fra traumi cerebrali e “problemi a lungo termine”. Dopo Long, almeno altri 10 ex giocatori si sono tolti la vita. Pochi mesi fa la Lega ha chiuso una causa intentata da più di 4.500 giocatori e dalle loro famiglie, pagando 765 milioni di dollari: l’accusa era aver nascosto per anni i pericoli di ripetuti colpi alla testa. L’esplosione del fenomeno nella Nfl ha provocato una maggiore attenzione a livello giovanile. Due mesi fa, i ricercatori delle università di Virginia Tech e Wake Forest hanno stabilito che un bambino di 7 anni riceve colpi alla testa di magnitudo (in forza g) comparabile a quella dei professionisti. Ogni anno, più di 25.000 ragazzi fra gli 8 e i 19 anni vengono portati all’ospedale dopo un allenamento o una partita e gli viene diagnosticata una commozione cerebrale. Secondo un rapporto della National Academy of Sciences, presentato il mese scorso, i ragazzi delle high school (dove i giocatori sono 1,1 milioni) hanno quasi il doppio di possibilità di subire una commozione cerebrale rispetto a quelli delle università: 11,2 traumi cranici ogni 10mila allenamenti e partite contro 6,3. L’episodio più disturbante è accaduto l’anno scorso in Massachusetts, quando durante una partita della divisione Peewee (9-11 anni) in 5 sono finiti al pronto soccorso. Il rischio è che il football finisca come la boxe. Prima del Superbowl 2013, il presidente Obama ha dichiarato che «avessi un figlio maschio, ci penserei bene prima di lasciarlo giocare a football». Bart Scott, ex linebacker dei New York Jets noto per lo stile violento del suo gioco, ha proibito al figlio Bart jr., 8 anni, di iscriversi alla Pop Warner. E Terry Bradshaw, leggendario qb degli Steelers, è convinto che la faccenda sia tanto grave da far precipitare, tempo 10 anni, la popolarità del football.