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 2013  novembre 28 Giovedì calendario

CHI TRATTAVA SUI SOLDI IN REGIONE ORA UCCIDE IN SENATO IL CAVALIERE


[Franco Fiorito]

«Chi era con me in Consiglio regionale, trattava insieme a me e ad altri l’assegnazione dei fondi ai gruppi consiliari e non è stato ricandidato dal Pd dopo lo scandalo, oggi li vedo in tv mentre votano per la decadenza di Silvio Berlusconi». Franco Fiorito, passato alle cronache come «Batman» e l’emblema delle ruberie in Regione Lazio, non nega lo sdegno per l’omicidio politico del Cav. Fiorito, dopo la gogna mediatica e il carcere, si confessa e difende Silvio. Fa nomi e cognomi. «Bruno Astorre, che è stato presidente e vicepresidente alla Pisana e che oggi ha un suo uomo alla presidenza, siede a Palazzo Madama. E con lui Francesco Scalia. Claudio Moscardelli addirittura è nella giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari», dice l’ex consigliere regionale Pdl mentre segue il voto sulla decadenza.
Cosa prova nel vedere il Cav uscire dal Parlamento?
«Tristezza a palate. È una forma di depravazione politica, non è una bella pagina per la storia della Nazione. È vergognoso che un leader politico venga fatto fuori per via giudiziaria, con la procedura ad personam del voto palese».
Che rapporto aveva con Berlusconi?
«Nel privato mi ha sempre trattato bene. Dopo la vicenda dei soldi in Regione un po’ meno. Ma non provo rancore. Così come non mi stupisce affatto che la Polverini ora passi per una sua fedelissima e sia stata candidata alla Camera nonostante abbia sempre preso le distanze dal Pdl. Si è garantita prima di dimettersi, c’era un accordo. Avrà avuto argomenti convincenti».
Si sente un capro espiatorio?
«Solo io sono stato indagato. Nonostante abbia spiegato come funzionassero i soldi ai gruppi e qual era il sistema di assegnazione. E le spese pazze non le ho fatte io, ma altri. C’è stato uno scatto d’ira generale, ma sono state dette cose non vere. La Regione funzionano così, finanziano la politica. Ora è illegale, prima no. Ma oggi la dotazione di personale ai gruppi politici del Lazio e alle commissioni è raddoppiata, i soldi vengono accreditati sui conti dei gruppi come prima».
Ha citato a Polverini, che però non sapeva dell’aumento dei fondi.
«Tutti sapevano. Ma le pare possibile spostare così tanti soldi senza che il governatore e l’assessore al Bilancio sapessero nulla? La trattativa sull’aumento dei contributi l’ha fatta lei».
Almeno adesso, dopo la sua esperienza, è favorevole all’abolizione del finanziamento pubblico?
«Sono favorevole, così come al ritorno delle preferenze, perché io mi sono sempre confrontato con l’elettorato. Così fanno politica solo i ricchi? A livello teorico sì, ma oggi i rimborsi elettorali e i fondi vengono versati ai partiti e ai gruppi e gestiti da gruppi di potere. Ma non vengono redistribuiti, sul territorio non ricade un euro».
È vero che sta scrivendo un libro?
«Sì, uscirà a inizio 2014. È un libro verità, di Fiorito ci sarà poco, ma spiegherò come vengono gestiti i soldi e la cosa pubblica. Sarà il primo racconto dall’interno. Racconterò delle macchine di lusso dei consiglieri: tanti ex continuavano ad avere l’auto pagata coi soldi del gruppo. E io dovetti pagare meccanico e rottamazioni».
Le dico un nome e mi risponde con un aggettivo. Silvio Berlusconi.
«Coraggioso».
Giorgio Napolitano.
«Senile».
Enrico Letta.
«Milaus dei Simpson, una pecora con gli artigli».
Matteo Renzi.
«Vuoto pneumatico».
Ignazio Marino.
«Il monumento vivente all’incapacità di Alemanno».
Gianni Alemanno.
«Avido».
Nicola Zingaretti.
«Furbacchione».
Renata Polverini.
«Arrivista».
Angelino Alfano.
«Incapace di successo».
Francesco Storace.
«Imbarazzante e badogliano. Nel libro spiegherò perché e dirò la verità sui fondi».
Antonio Tajani.
«Ferentinese».
Il suo grande accusato Francesco Battistoni.
«Un pupazzo».
L’ex coordinatore regionale Vincenzo Piso.
«Sibarita».
Gianni Sammarco.
«Consequenziale: fa quel che fanno gli altri».
Mario Abbruzzese.
«Non mi viene... proprio non mi viene... Diciamo gelatinoso».
Beatrice Lorenzin.
«Inesistente».
Rifarà politica?
«Ci sono tanti modi di farla. La farò col libro, voglio diffondere la verità. Se intende candidarmi, no, nonostante me l’abbiano chiesto tanti partiti per le europee».
È stato a Regina Coeli. Com’è la galera?
«Peggio di come l’ha descritta Il Tempo in una recente bellissima inchiesta. Dal punto di vista fisico è umiliante. Ho passato la prima settimana a pulire: le condizioni igieniche sono pessime. Ma non è un posto buio e negativo: le persone che ci lavorano sono eccezionali e andrebbero aiutate. Per il resto è una tortura. Ti devi portare l’acqua e la carta igienica. Ero in isolamento mediatico: passavo 23 ore e 45’ in tre metri quadrati e avevo 15’ d’aria. Non vedevo il sole».
Come passava il tempo?
«Avevo la tv, ma non la guardavo: parlava sempre di me e in modo distorto. Provavo impotenza. Leggevo. La Bibbia , le Confessioni di Sant’Agostino, Proust, La solitudine del satiro di Flaiano».
Qualcuno l’ha cercata?
«In tanti, molti parlamentari sono venuti a trovarmi. Altri mi hanno chiamato dopo. Non faccio nomi per non metterli in difficoltà. Voglio ricordare solo il mio collega in Regione Antonio Cicchetti».
Sente ancora qualche detenuto?
«Ho legato con molti. Ad alcuni ancora dentro scrivo, con chi è uscito mi sento al telefono».
Daniele Di Mario