Enzo Biagi, Il Fatto Quotidiano 28/11/2013, 28 novembre 2013
TINA ANSELMI – “IO, PARTIGIANA TRA I PIDUISTI”
Signora Anselmi, come è maturata la sua decisione di combattere la dittatura di Mussolini?
L’aver scoperto nel mio Paese e in quelli vicini cos’era la dittatura e che cosa il fascismo e il nazismo volevano portare nella nostra società. Un giorno a scuola mi obbligarono ad andare a vedere dei ragazzi che erano stati presi come ostaggi ed erano stati impiccati. Avevo 16 anni e ho incontrato la morte barbara e disumana, lì ho capito che non potevo rimanere indifferente perché nessuno di noi era più padrone della propria vita, dovevamo fare qualcosa per cambiare in meglio le cose, così, con alcuni compagni, decidemmo che fatti simili non dovevano più accadere.
I ragazzi di oggi sanno cosa vuol dire regime?
Credo poco. Molte volte mi sento dire dai ragazzi, dopo che abbiamo fatto insieme una conversazione o un dibattito dove si è parlato della mia esperienza di staffetta: “Perché queste cose non ce le avete dette prima, perché non ci avete fatto scoprire che se non prendevate in mano il Paese voi giovani, allora diciottenni, ventenni, non vi sarebbe stato un futuro per noi?”. Allora gli italiani commisero l’errore di non ribellarsi subito al dittatore, oggi di pensare che il ventennio non possa mai più tornare.
La prima donna ministro
Signora Anselmi lei è stata la prima donna ministro, ha cominciato al lavoro e poi è passata alla sanità. Quando ha iniziato a fare politica pensava di avere tanto successo?
No, assolutamente. Ho cominciato quando c’era da rischiare facendo la partigiana, poi via via si sono aperte altre occasioni e altre possibilità.
Sono i partiti che non favoriscono l’entrata delle donne in politica o sono le donne che non si danno abbastanza da fare?
C’è una certa difficoltà a convincere le donne a entrare attivamente nella politica, questa difficoltà è dovuta anche alla durezza della selezione, alla durezza dell’impegno politico, alle difficoltà che le donne trovano nei meccanismi interni dei partiti, non tanto per potersi candidare, ma soprattutto per poter riuscire a essere elette. Questo è il vero problema. C’è anche una certa resistenza nelle stesse donne a dare la preferenza a un’altra donna, anche se poi, parlando in termini generali, la donna riconosce che ce ne vorrebbero di più in politica perché la politica possa essere fatta in modo migliore. Le donne, dottor Biagi, visto che abbiamo parlato di Resistenza, di guerra partigiana, sono state fondamentali, non lo dice solo la storia, lo dicono i militari che sono vissuti al loro fianco.
È vero che i peggiori nemici si hanno nel proprio partito?
Credo di sì.
La commissione sulla Loggia P2
Lei ha presieduto la commissione sulla Loggia P2, che è al centro di polemiche durissime. Montanelli ha scritto: “In mano alla signora Anselmi resta solo il cicaleccio di portineria”. Vuol dirmi un po’ di questi pettegolezzi?
Non credo che quello che abbiamo fatto si possa ridurre a pettegolezzo: è l’esperienza più dura della mia vita politica.
Pensa che gli aderenti alla P2 volessero abbattere lo Stato, modificarlo secondo i loro modelli o fare degli affari e proteggere le loro carriere?
Probabilmente alcuni hanno aderito alla P2 per essere garantiti nella loro carriera, qualcuno per fare affari, ma la Loggia di Gelli non è una combriccola di malaffare, perché è presente nei servizi segreti e negli organi di informazione.
Può riassumere quelli che sono i risultati del-l’inchiesta sulla P2.
Sì, certo, anche perché il Parlamento quando ne discuteremo, giudicherà anche sulla base della documentazione che abbiamo allegato alle dichiarazioni. Mi auguro che condivida il giudizio che la Commissione, a larghissima maggioranza, ha dato. La P2 è un pericolo per le istituzioni democratiche avendo occupato dall’interno centri di potere essenziali della vita del nostro Paese, al fine di deviare, di condizionare la vita politica del nostro Paese. Quando un Paese non vive nella trasparenza delle istituzioni è un Paese che rischia la condanna di non essere democratico e di avere il cittadino senza potere. Diceva John Kennedy: “Fin quando un solo cittadino si sentirà inutile quel Paese non avrà democrazia”. Bisogna che la democrazia mobiliti tutti, donne e uomini. La mia valutazione, che è stata quella della Commissione, è che c’è del torbido da togliere, ci sono delle ombre che vanno eliminate. La P2 è è evidentemente che gli obiettivi erano politici. Questo fa della P2 non solo uno scandalo, ma un fenomeno che deve essere guardato con più attenzione e responsabilità.
Avete riscontrato difficoltà?
La Commissione ha incontrato grandi difficoltà. Mi auguro che attorno al nostro lavoro tacciano le polemiche e vi sia una mobilitazione per andare oltre alla nostra indagine, che proprio a causa delle polemiche e delle resistenze politiche, non è riuscita, secondo il mio modesto parere, a chiarire tutto. Ci sono stati dei silenzi che non dovevamo subire.
Secondo lei chi erano le figure dominanti in quella associazione?
Le figure dominanti sono quelle che hanno composto il gruppo di comando: Gelli, Ortolani e altri personaggi, che rappresentano alcuni di quei silenzi di cui ho detto prima, la loro versione sulla vicenda non l’abbiamo potuta raccogliere, ma come la relazione ha detto, dietro a questi uomini c’erano certamente altre persone che si sono servite di loro.
Chi è Licio Gelli?
Un avventuriero che è riuscito ad accumulare una grande ricchezza, potere, amicizie molto solidali. Un abile direttore generale, soprattutto in tema di pubbliche relazioni, non gli darei altre responsabilità.
Perché si è sentita la necessità di rendere pubblici gli elenchi di tutti i massoni delle logge coperte?
Questa è stata una decisione presa all’unanimità dalla Commissione. Lo si è fatto, prevedendo la pubblicazione alla fine dei lavori, per due motivi: il primo perché non venisse mescolato questo secondo elenco con quello con i nominativi degli appartenenti alla P2; il secondo perché l’articolo 18 della Costituzione vieta la formazione di società segrete. La Commissione ha ritenuto doveroso segnalare la loro esistenza al Parlamento per rispetto della Costituzione. Lei sa che due mesi fa c’è stata una sentenza delle sezioni riunite della Corte di Cassazione che ha dichiarato illegittima l’appartenenza a logge segrete richiamandosi proprio all’articolo 18 e non solo alla legge di scioglimento della P2?
Quello che io trovo strano, nella vicenda P2, è che siano stati coinvolti dei politici del suo partito, questo vale anche per i comunisti e i socialisti, per i loro principi, per le affermazioni di fede in particolare per i democristiani, perché stare nella massoneria e contemporaneamente dall’altra parte lo ritengo una grande contraddizione.
Infatti, c’è un articolo dello statuto della Dc che dichiara inconciliabile l’appartenenza al partito con l’appartenenza alla massoneria.
Comunque si è usato un trattamento diverso per i politici coinvolti rispetto agli altri.
Bisognerebbe chiederlo ai responsabili dei singoli partiti. Per quanto riguarda la nostra Commissione, noi abbiamo usato un trattamento per certi aspetti più severo nei confronti dei politici, perché sono stati sentiti in seduta pubblica, per il loro ruolo prima di tutto devono rispondere al Paese.
Cosa pensa della fuga di Licio Gelli?
È la dimostrazione del potere che ha la P2, nonostante che qualcuno abbia tentato di minimizzarlo. Gelli e la P2 sono ancora forti, godono di troppe solidarietà, troppe complicità e la fuga dimostra che c’è chi ha interesse che Gelli non parli. La fuga gli ha permesso di sottrarsi alla Commissione oltre all’autorità giudiziaria.
Aldo Moro, Enrico Berlinguer e il partito
Il politico per lei esemplare è Aldo Moro e di Berlinguer, ha detto, conserva il ricordo di un largo sorriso. Vedeva qualcosa in comune tra questi due personaggi?
Qualcosa in comune certamente: la severità e la serietà con cui svolgevano i loro compiti, la passione per il loro Paese.
Persone che hanno cercato sempre di legare il loro partito alla storia delle masse popolari del nostro paese cercando di dare a esse un potere effettivo nelle istituzioni democratiche.
Le critiche la feriscono? Lei si è trovata al centro di tante discussioni in questo ultimo periodo.
Mi feriscono quando le critiche sono chiaramente faziose e non motivate, quando invece sono motivate, naturalmente ci rifletto perché sono convinta che nella critica può esserci un elemento di verità.
Oggi bisogna ancora resistere?
Bisogna sempre resistere, non bisogna mai dimenticare che la libertà è una conquista di ogni giorno. Senza la libertà non può esserci democrazia, e quando accade significa che i cittadini non si assumono la responsabilità. La grandezza della Resistenza è stata nel fatto che essa ha reso ognuno responsabile e questo ha portato alla libertà.