Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 28/11/2013, 28 novembre 2013
CARACAS IN CRISI OFFRE LINGOTTI IN PEGNO ALLE «BANCHE YANKEE»
La passione di Hugo Chavez per l’oro si sta trasformando in una maledizione per il Venezuela. L’ex presidente, morto di cancro lo scorso marzo, aveva spinto la Banca centrale ad accumulare un’enorme quantità di riserve auree, che con un gesto clamoroso nel 2011 ordinò poi di rimpatriare dai caveaux dov’erano custoditi all’estero. Oggi il 70% delle riserve di Caracas è costituito da lingotti, che da inizio anno si sono svalutati di oltre un quinto. Una circostanza che rischia di mandare in rovina il Paese, afflitto da una grave crisi di liquidità, e che secondo documenti filtrati dapprima alla stampa locale e in seguito all’agenzia Bloomberg, avrebbe spinto il Governo a una sorta di patto col diavolo: cercare aiuto presso le grandi banche degli odiati Stati Uniti, offrendo proprio l’oro di Chavez a garanzia di linee di credito.
Secondo El Nacional, il primo a riportare la notizia, ci sarebbe già un contratto pronto per la firma con Goldman Sachs, con una durata di sette anni a partire da ottobre 2013: la banca offrirebbe 1,68 miliardi di dollari cash a fronte di un deposito iniziale di 1,45 milioni di once di oro, del valore di 1,85 miliardi, fisicamente custodito presso la Bank of England (una conferma che il rimpatrio di lingotti voluto da Chavez non è mai stato completato). Bloomberg scrive che trattative per ottenere 3 miliardi di $ di finanziamenti sono state fatte anche con Bank of America Corp, ma che per ora non è stato concluso nessuno dei due accordi.
Lo swap con Goldman in particolare avrebbe previsto un tasso di interesse agganciato al Libor equivalente a circa l’8% annuo, nonché una clausola di protezione a favore della banca, che scatterebbe in caso di ulteriore ribasso delle quotazioni aurifere: un evento che proprio gli analisti di Goldman ritengono scontato, tanto da sostenere in un recente rapporto che vendere oro equivale a uno «slam dunk», un colpo sicuro come una schiacciata sotto canestro.
Caracas non può permettersi di storcere troppo il naso. «L’operazione – spiega l’economista Josè Guerra a El Nacional – punta a dare liquidità alla Banca centrale del Venezuela in un momento in cui è al livello più basso dal 2004. Ci sono appena 1,2 miliardi di dollari liquidi in questo momento, abbastanza per 10 giorni di importazioni».
Il valore totale delle riserve del Banco central al 15 novembre è scivolato a 20,6 miliardi di dollari, contro i 29,8 miliardi di fine 2012: un crollo quasi interamente legato al deprezzamento dell’oro, di cui Caracas possiede ben 367,6 tonnellate. Sotto la guida di Chavez, tra il 1999 e il 2012, il Paese ne acquistò 75,3: un ottimo affare, fruttato secondo stime di Bloomberg una plusvalenza di 2 miliardi. Ma poi il vento è cambiato. Le quotazioni dell’oro per un crudele scherzo del destino sono andate a picco poche settimane dopo la morte di Chavez e per la prima volta da oltre un decennio chiuderanno l’anno in ribasso.