Ferdinando Cotugno, Vanity Fair 27/11/2013, 27 novembre 2013
E’ INIZIATA L’ERA DEL MEDICANE
Quanta pioggia è caduta?
Nella zona di Orgosolo, si è arrivati a 450 millimetri in 12 ore: quanta ne cade in sei mesi nella regione. Nello stesso arco di tempo, durante il tifone Haiyan nelle Filippine ne sono caduti 720 mm, e il picco dell’uragano Sandy a New York fu 480 mm.
Di che fenomeno si è trattato?
«Di un mini ciclone tropicale. Tecnicamente, un medicane», spiega Filippo Giorgi, membro italiano nel Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Ipcc): la parola è la fusione tra Mediterraneo e uragano (hurricane), «un concetto con cui dovremo familiarizzare in futuro».
C’entra il riscaldamento globale?
C’entra, sia col vento che con la pioggia. «Un ciclone è come un motore», spiega James Kossin (sempre Ipcc). «Se il mare è più caldo, sprigiona più energia che poi si riversa nell’atmosfera, aumentando la velocità del vento». Inoltre, una temperatura più alta significa più vapore acqueo nell’aria, quindi il ciclone arriva al momento di rottura più saturo di acqua.
Eventi simili saranno più frequenti?
«I modelli dicono che non aumenterà la loro frequenza, ma la loro intensità», spiega Simon Anderson, responsabile per i cambiamenti climatici dell’International Institute for Environment and Development. La proiezione attuale è di 183 eventi per secolo nel Mediterraneo, circa due all’anno.
Ci sono aree più esposte?
La zona più ciclogenetica, dove è più probabile che nascano cicloni, è il golfo di Genova. Una ricerca del Mit lancia l’allarme anche per la Sicilia. E poi ci sono i tornado, che si generano a terra e non in mare: per quelli si dovrà stare attenti soprattutto in Friuli.
E i periodi dell’anno più a rischio?
Il momento peggiore è l’autunno, quando la temperatura del mare è ancora piuttosto calda, e va ad alimentare con il vapore acqueo i flussi di aria fredda del Nord. Con il riscaldamento globale aumentano i rischi per l’inverno. Per i tornado, invece, attenzione alla primavera.
Quanto inciderà il global warming sul Mediterraneo?
Qui cominciano le cattive notizie. «È una delle regioni più sensibili al surriscaldamento», avverte Anderson. Secondo Giorgi, «quale che sia l’aumento di temperatura nel mondo, in quest’area sarà il 30-40% in più». Se saranno 4 gradi (lo scenario peggiore), da noi si arriverà a 5,5.
In pratica, che cosa vorrà dire per noi?
Ecco la seconda cattiva notizia, su cui gli esperti sono d’accordo. Anderson: «Cicloni autunnali e desertificazione sono due facce della stessa medaglia». Quindi, piogge estreme in autunno, aridità in estate. Giorgi: «Eventi come l’estate 2003, con 70 mila morti, tra qualche decennio saranno la norma nel Sud Europa».
Questo cambiamento è irreparabile?
No. Giorgi, che su questa battaglia ha vinto il Nobel per la Pace con Al Gore, avverte: «Non siamo ancora al punto di non ritorno, ma per stare sotto la soglia di pericolo, un aumento di due gradi, bisogna tagliare le emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050». Il problema è che la tendenza generale, come emerso anche dagli scarsi risultati del vertice Onu sul clima appena concluso a Varsavia, non sembra più prevenire, ma adattarsi e mitigare.