Enrica Brocardo, Vanity Fair 27/11/2013, 27 novembre 2013
TI STAVO CERCANDO
Qualche piantino ogni tanto?
«Alla grande».
Luciano Ligabue arriva e se ne va con quella sua espressione da ispettore Callaghan, e il look che resta da frontiera – jeans e T-shirt con il collo slabbrato (apposta) – anche se oggi gli stivali li ha lasciati a casa e indossa un paio di sneakers.
Nel mezzo parla di emozioni, dall’indignazione all’amore, del padre che è morto nel 2001 e della madre che ha 75 anni e fa da nonna sprint ai due nipoti: Lenny, 15 anni, che Ligabue ha avuto dalla prima moglie, e Linda, 9, nata dall’unione con Barbara Pozzo, la sua compagna per 11 anni, diventata sua moglie lo scorso 7 settembre con un matrimonio celebrato a Correggio in segreto e annunciato a cose fatte su Facebook.
Emozioni di cui canta (senza nomi e cognomi, ovvio) anche nel suo nuovo album Mondovisione, che è uscito il 26 novembre e che diventerà un tour. E di cui mi parla come un timido che ha deciso di aprirsi: siccome raccontarti ti fa fatica, tanto vale farlo fino in fondo.
«Non vorrei tornarci su sempre», dice, «un timido nasconde le proprie emozioni. Evidentemente io, dopo anni di “militanza”, devo aver acquisito una faccia che copre quello che provo dentro. E mi sa che, a 53 anni, non la cambio più».
Un disco per raccontare la sua visione del mondo.
«Intanto, mi piaceva giocare sul fatto che se un tempo vedere un programma in Eurovisione Tv era un evento eccezionale, oggi collegati col mondo lo siamo in ogni momento. E poi mi sono reso conto che nel disco mi racconto sotto ogni aspetto con canzoni che vanno dall’indignazione sociale, come Il sale della terra, all’idea – che ho ripetuto più volte in modo diverso negli anni – che sono i sogni a dare forma alla realtà, fino al privato, con una
dichiarazione definitiva d’amore come Tu sei lei, e con sensazioni e immagini mie e della mia famiglia: fotografie che, come dice il titolo della canzone, Per sempre, vivranno in eterno nella mia mente».
Qual è la prima fotografia mentale che ha di se stesso?
«Io che fatico a venire al mondo. È un’immagine che, in realtà, mi è stata raccontata dai miei genitori. Sono stato partorito in casa e l’ostetrica non si era resa conto che il cordone ombelicale mi si era legato intorno alla fronte. Per cui sono venuto fuori cianotico. E anche mia madre, poveretta, mi raccontò che aveva gli occhi iniettati di sangue per lo sforzo».
La nascita dei suoi due figli è stata più semplice?
«Lenny era prematuro, hanno dovuto fare il cesareo e io non ho potuto assistere. Per Linda, invece, c’ero. È stata un’esperienza tosta perché non è facile trovarsi di fronte al dolore di un’altra persona senza poter fare niente se non stringerle la mano. Dà fastidio il senso di impotenza».
Prima ha parlato di una dichiarazione d’amore definitiva per sua moglie. È davvero possibile dire: «Ti amerò per sempre»?
«È ovvio che di definitivo nella vita non c’è nulla. Però dire a una persona “tu sei lei” ci si avvicina molto. Significa: tu sei la persona che dovevo incontrare, che stavo cercando, con la quale voglio condividere il resto della vita. E, infatti, ti sposo».
Il matrimonio è stato celebrato lo scorso 7 settembre. Una data che immagino non sia stata scelta a caso, visto che lo considera il suo numero «portafortuna».
«Sette sette-mbre. In effetti, quando siamo andati a scegliere la data e ho visto che quel giorno era libero ho detto a Barbara: “Se per te va bene”. È stato tutto molto veloce: tra il momento in cui abbiamo deciso di sposarci e il matrimonio è passato circa un mese e mezzo».
Com’è che lo avete deciso dopo 11 anni insieme?
«Siccome sono divorziato, e siccome sono di quelli che vivono come un fallimento non aver mantenuto quell’impegno, mi ero ripromesso di non farlo più. Nella vita, però, capita di cambiare idea. A un certo punto mi è venuta voglia, e sono contento di averlo fatto».
Cambia qualcosa?
«Sì».
Dopo tutto quel tempo?
«È come se ci fosse un’energia nuova. Sembra stupido a dirlo, ma siamo riusciti ad avere una cerimonia come volevamo, molto informale, con un gruppo ristretto di amici e parenti, ed è come se quella bella giornata avesse riverberato un effetto positivo sul nostro rapporto. È una sensazione che proviamo entrambi».
Mentre il suo primo matrimonio, che doveva essere segreto, si era trasformato in una sorta di festa di paese.
«Per volere della mia ex moglie eravamo andati in comune solo con i testimoni e i rispettivi genitori. Un venerdì alle 5 del pomeriggio. Peccato che qualcuno avesse visto le pubblicazioni e i miei amici, per vendetta, lo annunciarono in radio: all’uscita dal municipio ci fecero trovare la banda che suonava e i petardi».
Stavo osservando le sue mani. Ha parecchi anelli, qual è la fede?
«Questa (mi mostra la vera di platino piatta che porta all’anulare sinistro: luccica più degli altri anelli)».
E il viaggio di nozze lo avete fatto?
«Sì, ma prima del matrimonio, ad agosto: New York, Miami e Bahamas. Dopo non sarebbe stato possibile, per via dei figli che devono andare a scuola».
Immagino siano venuti anche al matrimonio.
«Certo. So che Lenny era contento anche se magari non si vedeva perché è timido, un po’ come lo ero io alla sua età. Linda, invece, che è una piccola esibizionista, ha fatto lei il discorso: è salita su un tavolo e ha lasciato tutti a bocca aperta. E si è pure lamentata di non aver avuto abbastanza tempo per dire tutto quello che voleva».
Musica?
«Avevo preparato due playlist: una soft e una rock-dance per la festa».
Canzoni sue?
«Ci mancherebbe. Le ascolto già abbastanza».
In uno dei brani del nuovo album, Con la scusa del rock’n’roll, scrive: «Ho detto cose che potevo non dire». Che cosa intende?
«Prima di tutto quella frase può essere interpretata in due modi: ho detto cose che senza il rock non avrei avuto l’occasione di dire, oppure che sarebbe stato meglio non dicessi».
Delle due quale?
«Propendo per la prima. Nelle mie canzoni ho sempre parlato dei fatti miei, comprese questioni personalissime come la morte di mio padre. Per un timido, questo implica uno sforzo tremendo. E, se ci ha fatto caso, album dopo album, mi sono esposto sempre di più. All’inizio mi nascondevo dietro alcuni personaggi o il “noi”, fino a scrivere sempre più in prima persona».
Dei suoi genitori parla in modo molto tenero nella canzone Per sempre. Che effetto ha fatto a sua madre quando l’ha ascoltata?
«Si è commossa. Soprattutto quando ricordo il modo in cui accarezzava la testa di mio padre e gli diceva: “Vedrai che ce la faremo”. Anche perché è una fotografia che nella loro storia vanta parecchi duplicati. Mio padre era un ariete, con un carattere molto forte e una grande fiducia in se stesso: più volte lasciò lavori sicuri per avventurarsi a fare altro e più volte rimase senza impiego. Non che ce lo facesse pesare, non l’ho mai visto preoccupato. Ma mia mamma, evidentemente, lo percepiva».
Suo padre era ariete, lei è pesci. Mentre sua moglie?
«Scorpione. Siamo due segni d’acqua, secondo l’astrologia funzioniamo piuttosto bene».
Caratteristiche degli scorpioni?
«Sono passionali, hanno molto bisogno di aver ragione. Sta cercando di farsi dire com’è mia moglie?».
È vero che Barbara sta scrivendo il suo primo libro?
«Sì. Grazie al suo lavoro di fisioterapista si è resa conto di come l’anima parli attraverso il corpo, ovvero di come i problemi fisici nascano spesso da questioni legate alla psiche, e da più di un anno si occupa di un sito internet (www.somebliss.com, ndr) in cui ogni giorno pubblica una “pillola”: consigli, riflessioni sul benessere di corpo e mente. La Rizzoli l’ha contattata e le ha chiesto, appunto, di scrivere un libro su questo tema. Uscirà l’anno prossimo. È molto contenta».
Lo è anche lei? È la prima volta da quando state insieme che si espone pubblicamente.
«Certo che lo sono. Anche perché so che si tratta di cose utili. Sono servite anche a me».
Michael Caine ha detto che per un matrimonio lungo e felice servono due cose: bagni separati e qualche segreto. Per lei?
«I segreti sono necessari per chiunque. Dirsi tanto è importante, ma ti devi anche tenere uno spazio per te, non svelarti completamente. Noi abbiamo il bagno in comune, non credo faccia tutta questa differenza. Però sul lavello mi è rimasto a stento lo spazio per la schiuma da barba, e ogni tanto mi lamento. Ma non è ancora diventato un motivo di litigio».
Io, invece, penso che il trucco sia sposarsi dopo una certa età.
«Diciamo che vivere una vita intera con una persona, considerati gli stimoli, le sollecitazioni cui la società ci espone, e questa fretta che riguarda un po’ tutto, compresi i sentimenti e il sesso, ecco, diciamo che può essere difficile. Dopodiché c’è chi ci riesce. Da più di trent’anni frequento lo stesso gruppo di 25 amici. Siamo tutti più o meno coetanei, tutti sposati da giovani ma solo in due o tre abbiamo un divorzio alle spalle. E io la prima volta che mi sono sposato non ero nemmeno tanto ragazzo, avevo 30 anni».
I figli uniscono o dividono?
«Richiedono attenzione. Per forza di cose hanno un impatto sulla coppia. Che non deve essere necessariamente negativo: concentrare tutte le attenzioni solo sull’altro può essere logorante».
Perché ha smesso di tingersi i capelli? Anzi, no: perché ha iniziato?
«Mi guardavo in giro e vedevo che tutti i cantanti rock lo fanno. Tutti. Bob Dylan, Springsteen, Mick Jagger... Raccontava la figlia di Little Tony che una volta gli chiese: “Ma, papà, perché ti tingi?”. E lui: “Perché bianco fa vecchio”».
E poi?
«Mi ero rotto le balle di avere quell’impegno una volta al mese e pure di sentire i rimproveri della gente, dalla vicina di casa al postino: “Scusa, ma vai in Tv da Fazio così che sembri rosso?”. Una volta smessa la tinta, mi è venuta anche la curiosità di vedere la mia faccia con i capelli corti. L’ultima volta era stato durante il militare».
È contento?
«All’inizio mi ha dato grande libertà di movimento. Potevo passeggiare senza che nessuno mi fermasse, anche se ogni tanto qualcuno mi guardava con la faccia di uno che pensa: “Guarda, un sosia di Ligabue”».