Angelo De Mattia, MilanoFinanza 27/11/2013, 27 novembre 2013
TRA QUOTE BANKITALIA E ANTICIPO IRES IL RISULTATO PER GLI ISTITUTI È UN PAREGGIO
Mai come in questo momento le banche italiane si sono trovate al centro di provvedimenti e di iniziative in corso di adozione all’interno e a livello comunitario che inducono alcuni osservatori alla somma algebrica del «dare e dell’«avere». A fronte degli «acconti» del 127-128% su Ires e Irap che la legge intende porre a carico degli istituti per due anni, questi reclamano la pronta approvazione del decreto che dovrà rivalutare le quote del capitale della Banca d’Italia da loro possedute. Dopo la convocazione a Francoforte dei 15 istituti italiani che saranno sottoposti alla valutazione approfondita della Bce e poi agli stress test dell’Eba, l’Abi ha accentuato l’esigenza di una rapida approvazione del predetto decreto in modo che le banche possano nell’anno apportare il maggior valore ai rispettivi patrimoni che saranno considerati nella valutazione. Sul versante dei miglioramenti va tenuto conto del termine meno lungo per la deduzione fiscale delle perdite che sta per essere riconosciuto formalmente alle banche (5 anni a fronte dei vigenti 18), ma non vanno trascurati, al contrario, l’impatto dell’aumento del bollo sugli strumenti finanziari, ancorché non direttamente a carico degli istituti, e l’anticipazione dell’imposta sull’amministrazione del risparmio. Se proprio si dovesse aderire a un computo costi-benefici, si potrebbe dire che un certo equilibrio sussiste. Ma poi, come al solito, il diavolo sta nei dettagli. La Bce ha fatto sapere che nella sua valutazione darà ponderazione zero ai titoli pubblici nel bilancio delle banche e ciò è positivo ovviamente anche per gli istituti italiani che hanno circa 400 miliardi di titoli della specie di proprietà. Ma si prevede che negli stress test Eba i titoli del debito sovrano subiranno una qualche penalizzazione. Ciò non può non suscitare commenti ironici per il fatto che una valutazione completa possa venire smentita da test nell’incuranza di ciò che è accaduto in passato, sempre ad opera dell’Eba, con le direttive per la valutazione dei titoli in questione con il metodo del mark to market. Allora non va superata solo la differenza dei criteri delle appostazioni nei bilanci, della classificazione dei crediti deteriorati e così via esistente nei diversi ordinamenti bancari e nelle metodologie e prassi di Vigilanza. Anche in questo caso non si può non arrivare a un’uniformità, disattendendo le pressioni tedesche perché l’Eba adotti la penalizzazione, se non si vuole creare una situazione simile a quella che già vissuta con i test che, anziché essere utili a prevenire momenti di crisi, questi momenti determinano.
Quanto poi alla vexata quaestio delle quote, le cronache avanzano dubbi che la Bce emani il parere al riguardo prima del 2 dicembre. È una previsione realistica. In via di principio non sarebbe da escludere un’approvazione, a partire da oggi, dello schema del decreto che poi potrebbe essere armonizzato al sopravveniente parere, nel presupposto che sia poco verosimile che finora non vi siano stati contatti con la Bce sui contenuti del provvedimento e non si sia ricevuto un consenso di massima. Certo, poi questo consenso si deve tradurre in un testo formale che viene preventivamente inviato ai membri del consiglio direttivo per l’espressa condivisione; ma non è prevedibile uno scostamento così rilevante da mettere in discussione sostanziale il decreto adottato. Tutto ciò appare opportuno se si vuole aderire alle sollecitazioni di parte bancaria che rilevano la necessità, per i bilanci degli istituti e per le valutazioni Bce, di potere esporre la plusvalenza che viene riconosciuta entro il 2013: di qui la richiesta di completare l’iter non solo legislativo, ma anche quello statutario, che presuppone la convocazione dell’assemblea straordinaria della Banca d’Italia entro il 31 dicembre. È un’istanza che ha un fondamento, ma non si possono sottacere le difficoltà nell’accelerare i tempi della conversione dei decreti. Piuttosto, alla base delle sollecitazioni starà anche l’intento di conseguire una contestualità del do ut des tra l’accettazione degli acconti straordinari, in punto di diritto agevolmente contestabili dalle banche, e la rivalutazione delle quote. Ma occorre fare molta attenzione nei parallelismi che potrebbero distorcere il significato della manovra che poggia sulla legittimità del riconoscimento per le banche del maggior valore delle quote, anche se sarebbe normale, dopo numerosi rinvii, che la rivalutazione in questione fosse decisa e perfezionata senza ulteriori procrastinazioni. Del resto perché il Tesoro aveva già portato questo argomento all’ultimo Consiglio dei ministri per poi ritirarlo con la motivazione della mancanza del parere della Bce? È credibile questo andirivieni? Tutto milita perché una decisione anche con riserva sia assunta. Poi si porrà il problema delle politiche delle banche e del ruolo che esse debbono svolgere nella selezione del merito di credito in questa fase, secondo le stesse indicazioni della Banca d’Italia.