Roselina Salemi, La Stampa 27/11/2013, 27 novembre 2013
LORETTA GOGGI – LA MIA TERZA VITA DOPO MILLE CARRIERE E IL GRANDE AMORE
Quella volta che per scrollarsi di dosso la fama di ragazza della porta accanto, spiazzò tutti posando per «Playboy». Quella volta che Cesare Zavattini commentò: «Sei uguale a Shirley McLaine». Quella volta che Silvio Berlusconi le fece notare: «Sa che siamo nati lo stesso giorno nel segno della Bilancia?». Quella volta che pretese il cognome nel titolo del programma («Hello Goggi!»), una vittoria, perché «non ce lo nascondiamo, era un mondo molto maschilista».
Con sincerità rara, specie tra gli artisti, che adorano riscrivere se stessi, Loretta Goggi non nasconde niente di sé nel libro appena pubblicato («Io nascerò», Piemme) autobiografia, bilancio, dichiarazione di fede e anche un pezzo della nostra storia, dalla tv degli sceneggiati a quella dei quiz, dai fasti di Sanremo alla tetra modernità dei talent.
«Sono nata e morta mille volte, sono caduta e mi sono rialzata. Ultimamente mi sto preparando a una nuova nascita, a un nuovo incontro con me stessa, forse il più importante. Dire “sono arrivata” - nell’arte, nell’amicizia e nell’amore - non è per nulla interessante. Interessante è rinascere ogni mattina».
Adesso ha appena cominciato la terza vita, tra tv («Tale e Quale Show»), cinema («Pazze di me») e teatro, dopo aver deciso, come altre volte, di smettere, e poi di tornare. «Quando ho perso mio marito Gianni Brezza - stavamo insieme da 32 anni, e adesso sono 35, litigo ancora con la sua foto - tutto si è spento, sono sprofondata nella disperazione. Mi sono detta: cosa sono dopo di lui? Chi sono? Poi però mi sono ripresa e mi sono sfidata ancora una volta. Recito in teatro, dove non c’è quest’ossessione per la giovinezza, non ti applaudono per quello che sei fisicamente. Io, poi, non mi sono mai sentita bella, al massimo ero un tipo. Bello era lui, Gianni, corteggiatissimo (anche in mia presenza) amore della mia vita, compagno, amico».
Curioso, in questa donna che guarda avanti, come il passato sia ancora presente. La sua canzone più famosa, «Maledetta primavera» (seconda a Sanremo nel 1981, un milione di dischi) è un evergreen, e «La freccia nera» («Avevo 16 anni, sarà stato l’unico provino andato bene, non sono brava ai provini») uno sceneggiato cult.
Nel raccontarsi, sentendosi fortunata, «perché ho avuto tutto, tranne i figli, una carriera, una famiglia che mi ha amato e sostenuto, e un uomo straordinario accanto», colpisce il suo elogio della normalità («È nella normalità, nella semplicità che ho trovato la bellezza. Non c’è nulla di più prezioso») la veloce metamorfosi, appena uscita di scena, quando si trasforma da one-woman-show a persona qualunque «in pigiama e ciabatte davanti alla tele, semplice spettatrice».
Non si sorprende se la ricordano ognuno per una cosa diversa: per le imitazioni («Sono servite a vincere la timidezza, a togliermi la corazza»), per i quiz, per le sigle, per i musical come «Hello Dolly!». Era quel che voleva, in fondo, non ripetersi mai. Confessa di essere sempre andata dove la portava il cuore, eppure crede nel destino: «È come se tutte le persone che ho incontrato fossero legate da un filo invisibile, una rete che è la trama della nostra esistenza».
Pensa che l’amicizia sia importante, ma non quella su Facebook: «Una follia! Che abbiamo in comune io, Loretta, e gli sconosciuti che mi chiedono consigli o vogliono far parte della mia vita?». Si dichiara «innamorata» di Papa Francesco. Le piace che lui dica alle suore: «Dovete essere madri e non zitelle», che porti il cappuccino alla guardia svizzera. Non ha gran simpatia per i talent show: «Creano l’illusione che una carriera artistica si possa costruire in poco tempo».
Non sopporta l’idea dello spettacolo come genio e sregolatezza. «Conta più perseverare nella fatica, coltivare la curiosità. Io sono sempre apparsa un po’ perbenista però dentro sono una matta, “fatta” senza bisogno di droghe». Ora ha un amico del cuore, un FidAmFra (Fidanzato-Amico-Fratello) e le qualifiche sono in ordine di importanza, perciò se litigano la sigla diventa «FraFidAm» e ride, mentre spiega che la saggezza è godersi «anche gli errori, a patto di averli commessi in buona fede, di averci messo il cuore».