Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 27/11/2013, 27 novembre 2013
BAUDO, GRILLO E LA RAI ECCO COME ANDÒ
Beppe Grillo aveva ragione, quella volta. E Pippo Baudo esagerò (altri tempi…) nello smarcarsi. Basti risentire la telefonata in diretta tra il presentatore e Adriano Celentano, pochi minuti dopo la famigerata barzelletta raccontata sul viaggio dei socialisti in Cina. Celentano: «La trasmissione è bellissima. Io l’ho seguita dall’inizio, mi ha fatto ridere anche Beppe Grillo che ha detto tutte quelle cose lì». Baudo: «Ha detto alcune cose che forse non doveva dire, dalle quali noi ci dissociamo completamente». Celentano: «Sì, certo, sì... Alcune altre magari...». Baudo: «Perché i comici a volte “smarronano”, come si usa dire, e vanno fuori dal seminato. Non volevamo offendere la suscettibilità di nessuno. Chiedo scusa». Celentano: «A chi a me?». Baudo: «No al pubblico».
Venne giù il mondo, quella sera. Con proteste indignate e richieste di punizione e censura, al punto di spingere Grillo a dire: «Non supponevo di scatenare un pasticcio di queste proporzioni con una mia battuta. Mi trovo di fronte a una reazione talmente spropositata che qualsiasi mia azione, a questo punto, diventa insignificante. Ho fatto dell’ironia sui socialisti, così come in passato l’ho fatta su tutti i partiti politici. Si poteva riderne o non riderne: questo è tutto».
Bravo Beppe. Non meno permalosa e spropositata, però, è stata in questi giorni la sua risposta al presentatore che dopo averlo lanciato e imposto trent’anni fa aveva osato recentemente fargli qualche critica. Di più: detto e ripetuto che la reazione alla barzelletta fu così prepotente ed esagerata da gridar vendetta a Dio, la storia della emarginazione di Grillo dalla Rai merita una messa a punto sulle date. A sentir lui, restò fuori un’era geologica. Par di rileggere il Deuteronomio sugli anni passati dagli ebrei nel deserto: «La durata del nostro cammino, da Kades-Barnea al passaggio del torrente Zered, fu di trentotto anni, finché tutta quella generazione di uomini…»
Quello però fu il destino televisivo, semmai, di Dario Fo. Che dopo essere stato costretto dall’eccesso di censure a lasciare Canzonissima nel 1962, venne riammesso in Rai nel 1977: quindici anni di emarginazione. In tempi più vicini è stato lungo l’esilio di Daniele Luttazzi. E non brevissimo quello di altri ancora che, su fronti diversi, avevano dato fastidio ai potentati di turno.
Ma la teoria del millenario ostracismo censorio nei confronti del comico non è del tutto esatta. O almeno, prevedeva vistose eccezioni. Poco più di un anno dopo la serata della barzelletta (un anno contro i quindici di Fo) Grillo fu l’ospite d’onore alla seconda serata di Sanremo (lo spettacolo più seguito della Rai dell’epoca) del 1988 e poi ancora della serata finale del 1989 dove si lagnò del festival («uguale all’altro anno e con qualche schifezza in più»), dei telespettatori («18 milioni di rincoglioniti») e dei cantanti. Per carità, anche un anno di ingiusta emarginazione può essere interminabile. Tuttavia…