Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 27 Mercoledì calendario

MR. ESSELUNGA LASCIA TRA I VELENI MA È UNA PENSIONE A MET


Bernardo Caprotti a 88 anni va in pensione. O almeno così dice, perché, nella realtà, resterà presidente della holding da cui dipende Esselunga, la creatura cui ha dato vita una sessantina d’anni fa. Un colosso da sei miliardi di fatturato che adesso occupa circa ventimila persone in 140 punti vendita cui aggiungere diversi centri commerciali. Lo ha annunciato lo stesso Caprotti con una lettera nella quale si paragona a Federico II di Prussia: «Io sono il primo servitore dello Stato» ricordando i 62 anni passati alla guida delle aziende di famiglia: prima la Manifattura Caprotti, poi Esselunga. L’uscita, se così si può chiamare, sarà operativa a partire dal 23 dicembre. Da quella data lascerà deleghe, poteri e compensi. «Così mi sentirò più leggero». Non sarà più formalmente, un dipendente di Esselunga. Resterà, però, il capo unico e riconosciuto. Sarà solo una maniera per prendersi un po’ più di tempo «e fare quello che mi è sempre piaciuto ». Vale a dire «andare per negozi e cantieri». Ma soprattutto «Vedere e parlare con la nostra gente». Non essere più oberato «da montagne di carte e di pratiche che mi imprigionano e mi impediscono».
È un passo indietro (ma potremmo definirlo laterale) che avviene tra i veleni. In una lettera pubblicata sul Corriere della Sera di ieri accusa la figlia Violetta di aver ordito una congiura insieme ad una centralinista, ad un’assistente e a un giornalista (uno dei professionisti che si è occupato in passato dell’ufficio stampa) che negli anni con le sue maldicenze «ha impestato tutte le redazioni dei giornali d’Italia».
Una faida familiare che forse non avrà i toni e la lirica della saga raccontata da Thomas Mann, ma nella quale non mancano certo il risentimento, il rancore e l’immensa ricchezza. Uno dei protagonisti è il figlio Giuseppe, 52 anni, licenziato senza tanti complimenti nel 2004. Una rottura talmente violenta che adesso Giuseppe ha costruito un sito internet nel quale racconta la sua storia e rivendica i propri meriti, soprattutto nel campo del marketing. A cominciare dalle campagne di Armando Testa che giocavano sull’assonanza fra i prodotti e i nomi di personaggi famosi. Mette sotto accusa il dispotismo del padre che nel 2004 lo ha licenziao senza tanti complimenti. «In azienda ognuno andava su binari che non si incontravano: lui nell’immobiliare e nello sviluppo, io nella parte commerciale e operativa. E quando alcune volte ci siamo incontrati l’abbiamo fatto male, non abbiamo mai trovato i modi e gli approcci giusti». Ora aggiunge Giuseppe Caprotti «non domando di “tornare in Esselunga”. Vorrei solo recuperare onore e dignità, nonché un po’ di pace familiare».
Ma è soprattutto per quello che considera il «tradimento» della figlia Violetta, 51 anni, che il vecchio Bernardo soffre: «In quest’orrendo frangente -scrive nella lettera al Corriere- quella figlia purtroppo ha creduto di più in un vecchio arnese che nel suo papà». Un grande affetto tradito perché, secondo Giuseppe, la sorella era sempre stata la preferita dal padre: «Nel 2000 mi disse che quella in gamba fra i due fratelli era lei». La differenza si vede anche nel valore dei regali: a Giuseppe 2,82 milioni. A Violetta, invece, 7,5 milioni più la proprietà della villa di famiglia con un grande terreno intorno. Addirittura l’opportunità «miliardaria di ricevere 84 immobili dal reddito ingente e mettersi al sicuro».
Nessun accenno a Marina, 34 anni, la figlia avuta dal secondo matrimonio che, al momento, resta estranea alle faide degli altri due. Non a caso, insieme al padre, è l’unica a fare ancora parte del consiglio d’amministrazione.
Al Corriere il vecchio Caprotti annuncia di aver fatto testamento. Una busta conservata presso lo studio del notaio Carlo Marchetti. Il patrimonio è stato suddiviso: «Poi si arrangeranno».
Però non vuole i figli alla guida del gruppo. Almeno fino a quando sarà lui in vita. Le deleghe operative sono state trasferite a Carlo Salza, amministratore delegato dal 2008 dopo essere entrato in azienda nel 2000. Salza, insieme a Germana Chiodi, la segretaria- assistente e allo stesso Caprotti, fa parte del «gruppo di ferro» che Violetta voleva far fuori. Ma il blocco ha retto l’offensiva e Germana Chiodi, al momento della pensione, dopo quarantue anni di lavoro, è stata gratificata con una buonuscita di dieci milioni. A sborsarli personalmente il vecchio patron tirandoli fuori dal suo patrimonio personale. Non ha messo il premio a carico dell’azienda con un gesto certamente non comune. Soprattutto in tempi in cui si sente di liquidazioni miliardarie elargite anche a manager che hanno fortemente danneggiato le aziende. Personaggio molto complesso il vecchio Caprotti. Grandissimo imprenditore, ma anche un uomo molto duro. Durissimo. Fin quasi al limite della spietatezza come denunciano i figli. Non a caso la loro lite è finita in Tribunale. Giuseppe e Violetta sostenevano che il padre avesse dapprima girato loro le azioni di Esselunga salvo poi riprendersele. Secondo il fondatore, in realtà, quel trasferimento non era mai avvenuto se non formalmente. Infatti è riuscito a riprendersi il controllo. Lo trasferirà con il testamento. E certamente sarà molto dispiaciuto di non essere presente all’apertura della busta.