Francesco Salvatore; Maria Elena Vincenzi, la Repubblica 27/11/2013, 27 novembre 2013
LA PRIMA VOLTA PIANSI, MA PROSTITUIRSI NON È GRAVE
«Tendo a dimenticare ’ste cose. Perché altrimenti non vivrei proprio con me stessa. Io mi sdoppio, divento un’altra persona, non pensoa niente. Ritorno me stessa dal momento in cui entro in casa». Sono le 11.50 del 28 novembre, Emanuela (il nome è di fantasia), la più piccola delle due baby-squillo dei Parioli, si siede davanti al pme a una psicologa. Quella mattina Manu è stata svegliata alle sei dai carabinieri del nucleo investigativo di Roma. Lei ancora non sa che la sua mamma ed altre quattro persone, tra cui anche il suo amico e protettore "Mimmi", sono finite in manette con l’accusa di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile. Però Manu pensa «di essere qui perché sono stata colta nel fatto di quello che facevo, cioè che mi prostituivo a scopo economico».
"IO VOGLIO TROPPO"
Inizia così Emanuela, 15 anni appena compiuti, a raccontare la sua storia. Che a sentirla sembra quella di una donna di vita, non fosse che la sua vita ancora deve cominciare.
E: «È partito tutto dalla mia migliore amica, Serena (nome di fantasia)... Un giorno mi disse: "ma non pensi che sia più bello non chiedere più niente a nessuno e avere una nostra indipendenza? Troviamoci un lavoretto". Pensavamo baby-sitter, dog-sitter, queste cose così. Lei si è messa a vedere e ha letto un annuncio che diceva "volete lavorare subitoe guadagnare tanti soldi in poco tempo?" e ha cliccato. Ha chiamato questa persona e me lo ha detto. "Ma che stai scherzando?, ma che fai? ma ti pare... ma chi incontri?"».
P. M.: «Che mese era?».
E: «Giugno. Io ho iniziato dopo.
Perché lei poi mi fa: "Guarda io così sto bene". Io le ho detto: "Scusa ma non ti crolla il mondo addosso quando fai queste cose?". Lei mi dice: "Questo è il prezzo che devi pagare, secondo me per avere quello che vuoi". Noi vogliamo tanto».
P. M.: «Dicci».
E: «Io personalmente e anche penso tutti gli adolescenti, soprattutto me e Serena, noi vogliamo troppo. Ma io lo dico, cioè io lo so che voglio troppo. Voglio la macchinetta, voglio quello, voglio quell’altro. Voglio tanti vestiti e mia madre non può».
"LA PRIMA VOLTA HO PIANTO"
Serena ormai lo fa da qualche mese. Emanuela ha problemi di soldi, è tentata.
E: «Verso maggio, ho detto a Serena: "Senti, ma magari se provo a farla anche io questa cosa?". Lei: "Io non voglio responsabilità". E la prima volta niente... sono andata, ho provato. Scandalizzata mi sono messa a piangere».
P. M.: «Eravate insieme?».
E: «Sì perché io c’avevo paura.
Cioè, insomma, non ero abituata.
Niente, inizialmente ci pagava e poi cominciammo a fa’ un po’ così, lei cominciava con i preliminari e poi io vedevo un po’ come andava fatto l’incontro e piano piano ho imparato pure io. Poi è arrivato Mirko (Ieni, arrestato, ndr) e lui ci ha fatto lavorare bene, i soldi non ci mancavano».
P. M.: «Poi a un certo punto hai iniziato a fare da sola?».
E: «Mirko ce lo ha proposto, però io inizialmente dicevo: "No, no, c’ho paura, non sono pronta. E poi una sera c’era questo cliente che doveva essere di Serena ma lei non poteva e ci sono andata io. È stata la prima volta che ho fatto l’appuntamento da sola»
P. M.: «E come ti sei trovata?».
E: «Bene, era un ragazzo, era come se la cosa fosse stata naturale».
P. M.: «Quindi da lì hai iniziato a lavorare?».
E: «Da lì ho detto: "Ah, è facile"».
"COMPRAVO TUTTO QUELLO CHE VOLEVO"
Dall’arrivo di Mirko, gli appuntamenti si fanno sempre più fitti. I soldi sono tanti.
E: «Io le cose che ci facevo coi soldi erano taxi, vestiti, shopping, sigarette, borse. Compravo tutto quello che volevo. Era questo il mio scopo. Aiutavo mamma che per me è importante che lei stia bene. Ma lei non c’entra assolutamente niente, non sapeva, posso giurare su qualsiasi cosa. A volte chiedeva ma io inventavo, inventavo. Glielo volevo dire ma non ce l’ho fatta».
P. M.: «Perché?».
E: «Era diventato un peso per me».
P. M.: «Non volevi farlo più?».
E: «No, io non è che non voglio farlo. Io certe volte dico: "Ma che cazzarola sto facendo?". E certe altre dico: "Questa cosa mi serve". Cioè tutto quello che voglio è una possibilità economica miae questo secondo me è l’unico modo».
P. M .: «Ma tu come ti sentivi?» E: «Può sembrare strano questo che sto per dire, ma sembra una cosa tanto grave ma alla fine non lo è secondo me. Cioè non è facile. Hai la testa tutta da un’altra parte, devi pensare a tremila cose, poi quando arrivi là sei imbarazzata, pensi: "Che cosa sto facendo?". E alla fine pensi che lo fai per soldi... ».
"E ORA CHE SUCCEDE?"
Emanuela ancora non sa che è finita in una cosa davvero più grande di lei che è poco più che una bambina. E forse è un bene.
P. M.: «Ora come pensi di uscirne da questa storia?».
E: «Così... tanto non sa niente nessuno. Ritorno alla vita normale, senza soldi. Non so. Non so nemmeno se ce la faccio a non rifarlo. Noi solamente da un anno e mezzo stiamo un po’ così, prima a me non mancava niente. Se mi serviva qualcosa c’erano mamma e nonna. Però da quando sono cominciati ’sti problemi a me è caduto tutto addosso. Se ti abitui viziata fin da piccola alla fine ti rimane. È difficile adesso per me pensare che devo andare in giro con i mezzi pubblici».
P. M.: «Avrai qualcosa da parte...
». E: «No, spendevo tutto perché pensavo "tanto domani li rifaccio"».
P. M.: «Ma un lavoretto onesto?».
E: «Io mo’ non so manco come uscire il sabato. Io non mi posso togliere pure quel poco di divertimento che c’ho. Cioè alla fine la mia vita gira intorno a ’sta cosa e al sabato. Non più manco tanto allo studio e ’sta cosa mi dispiace perché a me ’sti anni non me li ridarà mai più nessuno. Posso fare io una domanda adesso?»
P. M.: «Sì».
E: «Che succede ora?». Due lacrime le rigano il volto, il suo volto acqua e sapone di bambina.