Federico Rampini, la Repubblica 27/11/2013, 27 novembre 2013
SCHIAFFO USA ALLA CINA, I B-52 SULLE ISOLE CONTESE
B-52 è una sigla che evoca la guerra fredda, o peggio ancora quella caldissima del Vietnam, dove le “fortezze volanti” prodotte dalla Boeing bombardavano a tappeto, spesso con l’uso del defoliante chimico Napalm. Perciò ieri un brivido di tensione ha fatto rapidamente il giro del pianeta, di fronte alla notizia del sorvolo di due B-52 americani su zone che la Cina considera “sovrane”. Per il governo di Pechino il sorvolo di ieri è potenzialmente una violazione dello spazio aereo nazionale. Per Washington no. Di certo il sorvolo di due mega-bombardieri nei cieli delle isole Diaoyu (questo il nome nella toponomastica cinese) oppure Senkaku (versione giapponese) è un nuovo passo nell’escalation di tensione geostrategica che da settimane ha per teatro il mare della Cina orientale. Una tensione che cresce ininterrottamente ormai da un anno.
Al centro di questa controversia che oppone le due potenze dell’Estremo Oriente, c’è una posta in gioco economica. Gli isolotti in quanto tali non hanno attrattive ma le acque circostanti sono ricche di giacimenti sottomarini di petrolio e gas naturale. Cina e Giappone hanno economie di trasformazione e non sono autosufficienti per il fabbisogno energetico. Importano petrolio e gas dalla Russia e dal Medio Oriente. Poter sfruttare una nuova fonte domestica è importante. Le isole in questione fanno parte di una serie di arcipelaghi contesi, sui quali la Cina si sta mettendo in rotta di collisione con diversi vicini, compresi (per altri arcipelaghi) il Vietnam e le Filippine. La tensione con il Giappone è la più grave, per le dimensioni delle due nazioni, la loro stazza economica (sono rispettivamente la seconda e terza economia del pianeta), la loro forza militare, e ovviamente anche il loro posizionamento nel sistema di alleanze internazionali. Inoltre Pechino e Tokyo hanno due leader relativamente nuovi, Xi Jinping e Shinzo Abe, che non esitano a solleticare le corde del nazionalismo, rivangando ostilità che risalgono alle tragedie belliche degli anni Trenta e Quaranta. E qui entra in gioco l’America, che ha conservato un ruolo storico di “gendarme del Pacifico” dalla fine della seconda guerra mondiale.
Il penultimo gesto nell’escalation della tensione lo aveva fatto Pechino, nel weekend scorso, annunciando che gli arcipelaghi contesi verranno inclusi nella “zona di identificazione” da parte dell’aviazione militare di Pechino. E’ un passaggio in più oltre alla proclamazione che quelle isole ricadono sotto la sovranità cinese: ora vi si aggiunge una loro esplicita inclusione nel perimetro di pattugliamento da parte delle forze armate cinesi. Con la richiesta conseguente che qualsiasi aereo straniero comunichi in anticipo alla Cina l’eventuale intenzione di sorvolo. Il governo Abe ha respinto le pretese cinesi e ha promesso di difendere il «proprio spazio aereo». Dapprima Washington ha fatto sapere di «non riconoscere» l’inclusione delle isole nello spazio di sorveglianza aerea della Cina. Poi il segretario alla Difesa Chuck Hagel ha annunciato che il gesto unilaterale di Pechino «non cambierà il modo in cui gli Stati Uniti conducono le proprie operazioni militari nella zona», aggiungendo che Washington rispetterà il trattato con cui si obbliga a difendere il Giappone.
Alle parole sono seguiti i fatti: i due bombardieri B-52, decollati dalla base americana nell’isola di Guam (Oceano Pacifico), hanno svolto regolare missione in quello che per la Cina è un pezzo dei suoi cieli. Unico accorgimento distensivo: il Pentagono ha fatto sapere che i B-52 non volavano con un carico di bombe. Finora nessun aereo cinese è decollato, a differenza di quel che accadde nel 2001 quando un aereo-spia americano venne abbattuto.