Fabio Martini, La Stampa 26/11/2013, 26 novembre 2013
MARINO ALL’ATTACCO DEI POTERI FORTI: “GIOCANO ALLO SFASCIO”
Quando certe cose accadono sotto gli occhi di tutti, non resta che sorriderci sopra, o almeno così prova a fare il sindaco di Roma Ignazio Marino. Dopo aver ricevuto una gomitata in testa, con tanto di bernoccolo durante una mischia tipo-rugby in Consiglio comunale, il sindaco esorcizza la manifesta vulnerabilità con una gag. Esce dal cantiere del Nuovo Centro Congressi “La Nuvola”, si tiene il caschetto in testa e chiosa: «Me lo porto in Campidoglio, è anche della misura giusta!». Domenica sera l’ assalto all’arma bianca verso la presidenza del consiglio comunale da parte di esponenti dell’opposizione di estrema destra a prima vista può sembrare uno dei tanti scrosci di esuberanza oppositoria. In giro per l’Italia molti sindaci sono sotto pressione - Doria a Genova, De Magistris a Napoli, Orlando a Palermo - ma la gomitata («involontaria», sostiene l’ex missino Dario Russin) è l’ultima manifestazione di ben altra insofferenza che sta serpeggiando verso Marino in ambienti che a Roma contano molto.
Da cinque mesi, da quando è sindaco, a dispetto di chi lo attendeva al varco del realismo, il professore non ha dismesso i panni del “marziano a Roma”. Assumendo un atteggiamento “contropelo” che ha messo di malumore i “poteri forti” della città. Anzitutto i partiti, che a Roma sono ancora fortissimi per via dei tantissimi santuari pubblici e parapubblici, in una città nella quale è ancora solida la secolare tradizione della “spintarella”, che dal potere papalino si è trasmessa a quello temporale. In cinque mesi Marino ha messo nel mirino i carrozzoni delle municipalizzate dei trasporti e dei rifiuti, reduci da decenni di clientelismo bipartisan, trovando resistenze nelle scelte meritocratiche anche tra i partiti di sinistra. L’altro “potere forte” a Roma è sempre stato l’indotto del cemento, da tempo impegnato nella realizzazione della più grande opera pubblica italiana: la linea C della metropolitana, interminabile cantiere che - nella tradizione non solo romana - è una miniera per via delle revisioni prezzi concesse da amministrazioni più o meno compiacenti. Marino ha fatto accendere i riflettori sulla lievitazioni delle spese e sono subito scattati scioperi e campagne di stampa. Le stesse reazioni che hanno accompagnato un’altra scelta di discontinuità: la nomina a comandante dei Vigili urbani di un ufficiale esterno al Corpo. Il primo prescelto, per una gaffe dello staff di Marino, non aveva i requisiti, ma il secondo, Raffaele Liporace dell’anti-crimine della Polizia, li ha e i vigili hanno dovuto smettere gli scioperi.
Nella seduta del Consiglio culminata nella gomitata e destinata a prolungarsi fino all’ultima data utile (il 30 novembre) si discuteva la manovra di bilancio necessaria per tamponare il buco prodotto dalla amministrazione Alemanno e la vera sorpresa è stata una dichiarazione di Alfio Marchini, l’imprenditore protagonista cinque mesi fa di una brillante campagna contro Marino e Alemanno e che l’altra sera ha annunciato: «Un commissariamento non può far peggio di questa giunta». E per far capire che fa sul serio ha fatto depositare centomila tra ordini del giorno ed emendamenti. Come riconosce l’ex sindaco Gianni Alemanno, «con tutti quegli emendamenti il bilancio non si approva neppure per la fine dell’anno». E allora nello staff del sindaco è scattato l’allarme rosso: nella tradizione gli emendamenti a valanga preludono ad una trattativa, al termine della quale tutte le opposizione incassano qualcosa e ritirano gli emendamenti. In Campidoglio il sospetto è che Marchini, d’intesa con una parte del mondo imprenditoriale, voglia prendersi la leadership del centrodestra, facendo cadere l’amministrazione Marino.
Dice il sindaco nel suo studio: «Roma si merita una classe dirigente responsabile: giocare, come si sta facendo, allo sfascio e tentare di portare Roma al default, denota una profonda inadeguatezza di una certa classe dirigente». Marino ce l’ha con Marchini e infatti ieri mattina, alludendo agli scheletri di alcuni grattacieli mai finiti da un consorzio che comprende Marchini, ha commentato: «Ma è Alfio Marchini quello di Amo Roma? Non on sarà lui che lascia questa visione tipo Beirut all’Eur. Sarà un omonimo sicuramente...».