Franco Vanni, la Repubblica 26/11/2013, 26 novembre 2013
CARNE E LATTE DI LABORATORIO COSÌ MANGEREMO NEL 2050
CARNE coltivata in laboratorio a partire da singole cellule, senza più bisogno di allevare animali. Latte 2.0, ricavato da sostanze vegetali ma con le stesse proprietà nutritive di quello di vacca. E super verdure arricchite con vitamina B12 e Omega 3. «Questo sarà il cibo del futuro», dice Michele Morgante, professore di Genetica dell’università di Udine.
«ARRIVARE al 2050 con l’attuale sistema di produzione e consumo alimentare è impensabile. La carne ha costi inaccettabili, da un punto di vista economico e ambientale », spiega Michele Morgante che, oltre a insegnare Genetica all’università di Udine, è responsabile della settimana sul futuro della scienza al Future Forum, sempre a Udine da domenica a venerdì prossimo.
La prospettiva di un mondo in cui gli umani non mangino latticini e carne di origine animale, sogno del padre del veganesimo Donald Watson negli anni Quaranta, torna attuale. «Nessuna ideologia — dice Morgante — la rinuncia all’allevamento è un fatto di sopravvivenza». Secondo Unep, agenzia Onu per l’ambiente, entro il 2050 la popolazione umana aumenterà di 2,7 miliardi, con incremento della domanda di alimenti del 50 per cento. La produzione sarà del 25 per cento al di sotto della domanda e i prezzi del cibo aumenteranno del 40 per cento. Secondo gli studi del ricercatore austriaco Martin Schlatzer e di Unep, a distruggere l’equilibrio è l’allevamento. Oggi sono 27 miliardi gli animali allevati e ogni anno ne vengono macellati 66 miliardi. «L’uomo alleva i propri concorrenti alimentari in una condizione di scarsità di risorse », conclude Schlatzer.
Lo scorso agosto a Londra è stato prodotto il primo hamburger a partire dalle cellule staminali di una vacca, grazie alla produzione in vitro di 20mila fibre muscolari. È costato 290mila euro, fra ricerca e produzione, e all’assaggio è stato giudicato «non gustoso» da esperti gourmet. «Per farne uno buono a basso prezzo ci vorranno 20 anni», prevede Mark Post, il ricercatore di Maastricht padre dell’hamburger di sintesi. Almeno fino ad allora, la previsione è che l’allevamento aumenterà: Fao stima che fra il 1980 e il 2007 la produzione di carne è più che raddoppiata, da 136,7 a 285,7 milioni di tonnellate l’anno. Per ogni chilo di carne si consumano fra i 3.8 e gli 11 chili di mangime. «La carne sintetica richiede il 99 per cento di territorio e il 96 per cento di acqua in meno», sostiene Post. Il problema è che in pochi sarebbero pronti a mangiarla. Già nel 2005 la Commissione Europea ha sondato l’accettazione della carne in vitro fra i cittadini del continente. Risultato: il 54 per cento non la mangerebbe, il 12 per cento solo in condizioni di necessità. «Un limite della carne sintetica è che si riescono a produrre tessuti, non organi — spiega Morgante — In pratica, non si può clonare una bistecca, solo la trita. Prepariamoci al proliferare di polpette e polpettoni, piatti della nonna che sulle nostre tavole si vedono sempre più raramente».
Più semplice appare l’affermazione dei “sostituti” di uova e latte. «Se non ci sono alternative alle uova intere, ne esistono per albume e tuorlo in polvere, usati per produrre pasta e maionese». Le alternative all’uovo di gallina in genere contengono derivati di alghe, proteine o grassi vegetali. Per quanto riguarda il latte, è facile immaginare l’ulteriore sviluppo di bevande a base di soia, riso e avena. E a livello planetario si andrebbe verso una dieta a prevalente base vegetale. La American dietetic association (Ads) ha certificato che la dieta vegana potrebbe essere «un’alternativa da considerare» alla dieta mista, con la diminuzione delle malattie causate da batteri, colesterolo e acidi grassi. A patto che si attuino processi di fortificazione dei vegetali commestibili, con tecniche di fertilizzazione e miglioramento genetico delle varietà coltivate. L’obiettivo è integrare vitamine B12 e D, minerali, acidi grassi quali gli omega-3 (in particolare DHA e EPA) ed aminoacidi quali la metionina.