Mattia Feltri, La Stampa 26/11/2013, 26 novembre 2013
SILVIO E VLADIMIR IL PATTO DI SANGUECON IL CUORE DI CERVO
«Caro Silvio». «Caro Volodia». Si piacquero subito, e un poco aiutò un goccetto di vodka Russkij Standart . Fu giusto spendere parole preziose come stima, amicizia. Era il 2002. Berlusconi, in visita a Mosca, apprezzò di essere scorrazzato su una Limousine Zil lunga sei metri e mezzo. Anche i sentimenti sono commensurabili. «Com’è piacevole avere a che fare con un uomo d’affari», disse Vladimir Putin, che già ne aveva le tasche piene della grisaglia esistenziale. «Non vi dico Putin, era aux anges», al settimo cielo, disse Berlusconi. Gli aveva apparecchiato un incontro con George W. Bush a Pratica di Mare per l’accordo Nato-Russia. Volodia gli aveva portato i saluti di Katia e Masha, le figlie che l’estate prima erano state ospiti in Sardegna, e avevano scambiato cordialità con Barbara ed Eleonora. Silvio e Volodia presero a vedersi ogni due o tre mesi. Stavano a cena, parlavano di approvvigionamenti energetici, relazioni internazionali, poi chiamavano Bush o Gerhard Schröder e facevano qualche battuta salace. Si sono rivisti ieri sera a Palazzo Grazioli, sul tardi, dopo che Putin era stato al Quirinale. Menù rigidamente tricolore, anche se fra i due non ci sono formalità: «Ho già mangiato dal presidente, Silvio...».
Certo, ci sono stati tempi migliori. Silvio ricevette Volodia a Villa Certosa nel 2003, e per l’occasione piantò un po’ di cactus nuovi: «Ne ho quattrocento specie». Arrivò Andrea Bocelli che cantò Tu ca’ nun chiagne, e poi tutti in coro intonarono Oci Ciorne. Avevano mangiato e bevuto. Antipasto di mare, tortelloni di ricotta, lasagne alle verdure, maialino alla brace, trionfo di dolci sardi. Putin era arrivato in Sardegna col Moskva, un incrociatore lanciamissili, con lo Smetlivy, un cacciatorpediniere, e con la Bubnov, una nave appoggio. Però tutta questa sfarzosa sicurezza svanì all’arrivo in conferenza stampa dei due su un Caddy, la macchinetta dei golfisti guidata da Silvio. Se ne andarono a fare il bagno al largo. Fecero due passi a Porto Cervo, dove il nostro regalò al russo piatti policromi e gioielli d’oro. Si guardarono Milan-Porto, per la Supercoppa. Si diedero molte pacche sulle spalle davanti a spettacoli pirotecnici.
Beh, da buoni amici i due divennero camerati, nell’accezione laica e virile del termine. Silvio raggiunse la dacia di Novo Orgayovo e portò a Volodia un fucile Beretta con sopra incisa la dedica (basta lirismi: «da Silvio a Valdimir»). Andarono a Mosca ad assistere a bordo ring a un torneo internazionale di lotta insieme con Jean-Claude Van Damme. A un giornalista americano, Silvio mostrò un livido sostenendo di esserselo procurato in un acceso incontro di hockey su ghiaccio insieme con Putin. Dovette però rinunciare a una gara di slalom parallelo sulle nevi di Krasnaia Poliana, su cui si esibirono in favore di telecamera Volodia e Dmitrij Medvedev. Seguirono tornei di judo, foto dei due col colbacco nell’inverno di Zavidovo, oppure a pesca a Valdai, dove i due trovarono il tempo di collaudare un aereo antincendio. Cenavano da uomini, con storione in gelatina, insalata di urogallo, tagliolini in brodo di funghi, brasati misti. Berlusconi, quando era il suo turno, buttava lì un Tony Renis, o uno spettacolo del Bagaglino. Ma se andava in Russia, poteva esserci un Rigoletto ma anche uno spettacolo di cosacchi. E una sera, Volodia diede la prova d’amore. Erano in dacia. Neve ovunque. «Andiamo Silvio, solo io e te». Niente scorta né bracci destri. Avvertirono un’ombra. Volodia fece fuoco. Aveva abbattuto un cervo sul colpo. Prese il coltello, gli estrasse il cuore ancora caldo e lo porse all’ospite come gesto supremo. Silvio stramazzò.
Figuriamoci se a un uomo di questa stoffa veniva in mente di mandare all’amico un letto. Il lettone di Putin, a palazzo Grazioli, si chiama così soltanto perché Putin ci ha dormito. Però i due sono anche sentimentali. Berlusconi in conferenza dice che sui diritti civili o sulla Cecenia o su Yukos il suo amico Putin è diffamato dai comunisti, «proprio come me». Altro che stima e amicizia. «Putin è un dono del signore». «Silvio è uno dei più grandi politici europei del dopoguerra». «Vladimir è il numero uno». «Silvio è uno degli ultimi moicani della politica». «Vladimir è come un fratello». «Sono tutti invidiosi di Silvio: se fosse gay non lo toccherebbe nessuno». E qui il lirismo s’annacquò, ma il lirismo non è mica vodka.