Paolo Colonnello, La Stampa 27/11/2013, 27 novembre 2013
SUL CASO RUBY SPUNTA L’OMBRA DI UN ALTRO GIUDIZIO IMMEDIATO E BERLUSCONI TEME L’ARRESTO
Il procuratore Edmondo Bruti Liberati giura che nessun tintinnar di manette è previsto per Silvio Berlusconi. Almeno non a Milano, sebbene proprio qui, dalla settimana prossima, comincerà un nuovo calvario giudiziario per il Cavaliere che finirà sul registro degli indagati con l’accusa di corruzione in atti giudiziari non appena verranno depositate le motivazioni della sentenza Ruby 2, previste il 2 dicembre. Ma la determinazione del procuratore milanese potrebbe non servire a tranquillizzare le ansie di Berlusconi, convinto che la perdita delle immunità parlamentari dovute alla decadenza che oggi il Senato dovrebbe ratificare, lo esporranno a una caccia all’uomo giudiziaria. Un rischio relativamente concreto, dato che al momento sono almeno tre i palazzi di giustizia in Italia in cui è aperto un fascicolo a carico di Berlusconi: da Bari a Napoli, passando per Milano (e Roma, dove è aperta un’indagine per rivelazione di segreti d’ufficio che vede coinvolti i vertici del mondadoriano Panorama per la fuga di Valter Lavitola). Due soltanto però sono le vicende che davvero impensieriscono il leader di Forza Italia. Vediamo.
Qui Milano
Dal punto di vista delle prove e della quasi certezza di un rinvio a giudizio, il capoluogo lombardo è al momento il più attrezzato. È vero che nessuna misura di custodia cautelare verrebbe emessa, ma è altrettanto vero che i pm potrebbero decidere di chiedere un nuovo processo immediato sulla semplice base degli atti trasmessi dalle due sezioni del tribunale che si sono occupate del caso Ruby e che hanno indicato con chiarezza come «l’imputato abbia inquinato pesantemente le prove», pagando i testimoni e conducendo indagini illegali su Ruby. Questo tipo di procedura, possibile quando la prova raccolta ha un’evidenza «storica», in assenza di «legittimi impedimenti» potrebbe portare a una nuova condanna di Berlusconi molto velocemente, con una pena da un minimo di 3 a un massimo di 8 anni. Il problema è che, essendo ormai un pregiudicato e già condannato in primo grado a 7 anni di reclusione nell’ambito della stessa vicenda, il Cavaliere non usufruirebbe di nessuno sconto. La nuova condanna porterebbe il cumulo delle pene a salire oltre i 10 anni e a quel punto l’arresto potrebbe diventare una concreta possibilità appena una delle due sentenze diventasse definitiva in Cassazione, ovvero entro il 2014. La stessa inchiesta, che vedrebbe indagate una trentina di persone, tra cui anche gli avvocati Ghedini e Longo per favoreggiamento, dovrebbe essere divisa in tre parti: quella relativa ai falsi testimoni con citazione diretta a giudizio davanti al giudice monocratico, senza cioè udienze preliminari; quella relativa alle «olgettine» retribuite mensilmente, con un altro processo immediato; quella sui due avvocati con un processo ordinario.
Qui Napoli
Allo stato sembra essere l’inchiesta che più fa paura a Berlusconi, anche se ieri sera il procuratore Colangelo ha smentito che l’imputato e detenuto Valter Lavitola, ex direttore dell’Avanti e faccendiere con entrature centroamericane, si sia deciso a collaborare con i pm Woodcock e Piscitelli in una nuova indagine per corruzione internazionale su affari Impregilo a Panama. A Napoli comunque Berlusconi è stato rinviato a giudizio per corruzione dell’ex senatore De Gregorio «comprato» con tre milioni di euro (di cui due in nero) per far cadere il governo Prodi. Il processo inizierà nel febbraio 2014. Lavitola però starebbe delineando una nuova vicenda corruttiva per gli affari di Impregilo a Panama nell’ambito di un’indagine in cui sono emerse intercettazioni telefoniche dello stesso Berlusconi. Indimenticabili le fotografie del faccendiere al seguito dell’ex Premier nella repubblica centroamericana. D’altronde Lavitola aveva anche ottimi rapporti con un altro personaggio che anima gli incubi giudiziari del Cavaliere: «Giampi» Tarantini.
Qui Bari
«Gianpi», che attualmente è imputato per sfruttamento della prostituzione, era l’uomo che procurava ragazze, come la escort Patrizia D’Addario, all’harem di Palazzo Grazioli a Roma. Ma, secondo le accuse, Berlusconi lo avrebbe spinto a testimoniare il falso (un vizietto, se si pensa all’inchiesta di Milano e al processo Mills) affinché mentisse su questa circostanza. L’indagine è chiusa e si attende un rinvio a giudizio. Anche qui, nessuna manetta in vista. Ma condanne possibili sì. E alla fine il conto per il Cavaliere potrebbe essere salatissimo.