Beppe Rinaldi, Libero 26/11/2013, 26 novembre 2013
LO STRANO CASO DELLA CAMORRA ISCRITTA AL PD
C’è chi fu arrestato poco prima di compiere un attentato e chi è risultato essere l’armiere di un clan irriducibile. Chi ha legato il suo nome alla appropriazione selvaggia di ettari di terre pubbliche, con relativa speculazione fondiaria, e chi con vessazioni, minacce e sfruttamenti vari è passato dalla camorra agraria a quella industriale; c’è chi ha costruito una fortuna partendo con le piccole truffe e chi continua a gestirla attraverso una progenie non migliore. Sono solo alcuni esempi perché, seppur in percentuali ridottissime, sembra esserci di tutto negli elenchi dei militanti Pd salernitano, sia tra i tesserati, sia tra quanti invasero i seggi per la «grande festa della democrazia » delle Primarie che dovevano smacchiare il giaguaro nel 2012. La cosa si presenta ora come una sconvolgente novità ma è faccenda non infrequente in Campania, come nel resto del Sud, se si considerano composizione sociale e geografia del potere. I casi di Castellammare di Stabia, Napoli città e altri centri dell’hinterland lo testimoniano da un bel po’. Sta di fatto che oggi le cose si sonocomplicate e solo il tenore dello scontro congressuale spiega l’enfasi data ad una «vecchia» storia: lo stesso Libero ne scrisse il 28 ottobre 2012 citando il caso dei 36 iscritti al partito di Salerno dal curriculum sospetto. Si osservavano, in città, figure legate ai Panella- D’Agostino mentre ad Eboli, altro feudo Pd, spiccavano i nomi di famiglie storiche della mala, come Maiale, Alfano, Procida e Fabiano. Ieri Repubblica ha parlato dei Marigliano e altre figure minori. Un cognome può non voler dire nulla, ma tutti insieme in un partito e tutti «amici» a vario titolo delle amministrazioni (vedi il caso citato della Piana del Sele) qualche problema serio lo pone.
Al tempo la procura si affacciò ma poi non se ne seppe nulla e, cambiate forse alcune condizioni interne agli uffici, la cosa è riesplosa. Di diverso rispetto a prima c’è solo il destinatario dei consensi delle truppe cammellate per primarie e congressi, senza contare stranieri ed extracomunitari: ieri era Bersani oggi è Renzi, chi faceva ricorsi allora li fa per il motivo contrario ora. È il bello del Pd, che dice di essere una cosa e in fondo ne è un’altra, a Salerno come altrove. Adesso si è messa di traverso la Dda con un pm, Vincenzo Montemurro, che da qualche tempo spreme politica e pubblica amministrazione indagando non solo sulle tessere Pd ma anche sul congresso provinciale dell’ex Pdl, dove pure si sospettano infiltrazioni mafiose.
Quanto ai Democrats, la procura chiede di capire come mai, all’esito di una perquisizione ad un imprenditore di Nocera Inferiore, vi fossero centinaia di tessere in bianco firmate da Bersani. Per farne che? In cambio di cosa? Sempre che sia possibile legare ciò ad una fattispecie penale, è quel che cerca di capire il magistrato che lavora ancora su un fascicolo a modello 45, cioè senza indagati. Ieri ha ascoltato Simone Valiante, deputato e coordinatore locale della mozione Cuperlo. «Ci siamo confrontati - ha detto - ma non posso dire nulla perché c’è un’inchiesta. Le anomalie le ho rappresentate già nel mio ricorso politico alla commissione di garanzia nazionale». Quella che, con Epifani, ha congelato il risultato della convenzione salernitana che aveva visto trionfare Renzi con percentuali da capogiro: domenica, infatti, al raduno nazionale Pd in preparazione dell’8 dicembre, c’erano tutti a Roma tranne la delegazione di Salerno. Però c’era quella di Vibo Valentia, in Calabria, colpita dagli stessi guai ma a parti rovesciate, lì Renzi ha perduto.
Domani in città arriverà Gianni Cuperlo in persona, il competitor da cui tutto è partito. La scorsa settimana la Dda ha sentito anche il coordinatore nazionale della sua mozione, Patrizio Mecacci. Libero ha provato a contattare il segretario provinciale Nicola Landolfi, uomo di fiducia di De Luca notoriamente avulso da certe logiche «infette», ma non è stato possibile ottenere una dichiarazione.