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 2013  novembre 26 Martedì calendario

IL KILLER RIFORMISTA IN CELLA OTTIENE IL MAESTRO ZEN


Che fosse un killer sui generis , gli inquirenti l’avevano intuito subito, al momento dell’arresto. Incensurato, un diploma di liceo classico in tasca, riformista di si­nistra e attivista del Pd, tanto da aver partecipato nel 2008 alle pri­marie democrat del boom, quel­le della nascita del partito e delle ossature cittadine del Pd voluto da Veltroni. Si, vero, a Castellam­mare di Stabia (Napoli), quelle primarie erano un po’ sui generis anche loro, come si vedrà poi: del Pd ma vicino alla camorra la vitti­ma, il consigliere comunale Gino Tommasino, assassinato a feb­braio del 2009, tre mesi dopo quel voto innovativo; e piddino vicino alla camorra anche il killer di Tommasino, Catello Romano, giovane perbene con famiglia le­gata ai clan. Un assassino riformi­sta, Catello, che adesso ha avuto un’ulteriore evoluzione: è il pri­mo detenuto che, alla faccia del­l’emergenza carceri e delle ri­strettezze sulle cose che si posso­no introdurre dietro le sbarre (lo sanno bene i carcerati e i loro fa­miliari), potrà ricevere in cella, a Novara, il suo maestro zen, non­chè avere il suo bravo cibo vega­no differenziato, altro che la sbobba delle patrie galere. Poten­za del buddismo, la religione cui Catello, che ha 23 anni, si è con­vertito nel corso della sua meta­morfosi da sicario a pentito (ini­zialmente collaborava con la giu­stizia, ma poi ha fatto dietro­front, fuggendo dalla località pro­tetta in cui lo Stato lo proteggeva, perché la sua famiglia non gradi­va che fosse uno spione dei segre­ti dei clan) a carcerato. Potenza del buddismo e della Cassazio­ne, che di fronte alle richieste un po’ bizzarre di quel detenuto ha bacchettato il giudice di sorve­glianza ( che genericamente ave­va comunicato di aver dato indi­cazioni per accontentarlo, nei li­miti del possibile) e ha detto che invece sì, il giovane Catello va as­solutamente assecondato, mae­stro zen personale e solo cibo ve­gano. Che non si dica che perché è in carcere gli sia stato negato il diritto di praticare il culto che pre­ferisce.
Il principio, in linea teorica, è sacrosanto. E la sentenza della Prima sezione penale della Cas­sazione - la numero 41474 dello scorso 7 ottobre - spezza sicura­mente una lancia in favore della garanzia dei diritti dei detenuti, stabilendo che simili desiderata particolari non possono essere li­quidati con leggerezza ma richie­dono invece «valida risposta», con tanto di attivazione della pro­cedura finalizzata a esaudirli. Di conseguenza nel caso specifico, sì, via libera al maestro zen richie­sto per compiere correttamente il suo percorso di meditazione; e disco verde pure al cibo differen­ziato: solo verdure, frutta cereali; e niente carne, proibiti tutti i deri­vati di origine animale.
Ma qualche nodo, irrisolto, re­sta. Per un Catello Romano che può ricevere il maestro zen e cibo ad hoc , quanti detenuti cattolici ci sono che non possono parlare con il proprio confessore (in teo­ria può essere latore di messaggi all’esterno) e devono acconten­tarsi del cappellano del carcere? E quante volte, per ragioni legate alla sicurezza, a qualche detenu­to è stata negata persino la parte­cipazione alla messa? O la visita a un familiare moribondo?
Ma per Catello il problema non si pone. Anche se resta il dato, cu­rioso, della sua metamorfosi: da killer che non ha esitato a sparare a un uomo, collega di partito, ri­schiando di colpire anche il figlio­letto che era in macchina con lui; a buddista dedito alla meditazio­ne che, per fede, oggi non tocche­rebbe nemmeno una mosca.