Giovanni Caprara, Corriere della Sera 26/11/2013, 26 novembre 2013
NUTRIENTI, ECOLOGICI «È L’ORA DI INFRANGERE IL TABÙ DEGLI INSETTI»
Sembra proprio che anche l’Occidente debba presto ampliare il panorama alimentare includendo nella dieta qualcosa che, al solo pensiero, oggi ci fa rabbrividire: gli insetti. Sono stati tra i primi abitanti della Terra e ora rappresentano il più grande raggruppamento animale che si conosca sul nostro pianeta. Ne esiste addirittura un milione di specie. Quindi è una risorsa sterminata a cui attingere. Se noi, parlandone, arricciamo il naso, in realtà ci sono già due miliardi di persone in Africa, Asia e America Latina che si alimentano di cavallette, bruchi, formiche e simili.
Negli Stati Uniti e in Europa si possono trovare alcuni ristoranti come l’Oyamel di Washington, il Guelaguetza di Los Angeles che servono taco con cavallette, bachi da seta in salsa di soia, zucchero e pepe, oppure cavallette con contorno di cipolle, peperoncini e pomodori. Ma sono rarità più legate ad una moda da ecologisti elitari. «Eppure conviene abituarsi perché dal 2020 non avremo molte alternative» ha dichiarato in un’intervista a Wired Marcel Dicke dell’Università olandese di Wageningen, il principale ateneo impegnato in Europa nell’entomofagia, cioè nel consumo di insetti.
La popolazione mondiale ha già superato i sette miliardi di abitanti e nel 2050 arriveremo a nove miliardi. «Questo pone il problema di come garantire a tutti un equilibrato apporto alimentare – afferma Roberto Valvassori, ordinario di zoologia all’Università dell’Insubria -. Quindi è necessario ricercare fonti alimentari sostenibili per non compromettere la biodiversità e le risorse territoriali idriche e forestali». E la risposta è legata proprio agli insetti. Per sollecitare e sostenere un impegno da parte delle nazioni in generale, e di quelle occidentali in particolare, nel maggio scorso la FAO ha diffuso un rapporto dal titolo eloquente: «Insetti commestibili: prospettive future per la sicurezza alimentare e il nutrimento animale» affermando che una dieta a base di insetti contiene gli stessi valori proteici della carne. Il documento diffuso capillarmente precisa che almeno 1900 specie di questi animaletti sono già considerati commestibili ma si rende pure conto che in Occidente esiste prima di tutto un pregiudizio culturale da abbattere. Come è accaduto anche in passato con nuovi cibi. Quando, ad esempio, il pomodoro venne introdotto nel nostro mondo era visto come una pianta ornamentale e solo più tardi arrivò nel piatto. «Gli insetti sarebbero preziosi – come nota il rapporto – in un cambiamento salutare del nostro menù per combattere l’obesità (stranamente poco diffusa in Africa dove appunto il ricorso agli insetti è praticato).
Ma l’agenzia delle Nazioni Unite va oltre e guarda anche al riorientamento degli allevamenti. Gli insetti sono ovunque, si riproducono rapidamente, crescono altrettanto velocemente ed hanno un basso tasso di impatto ambientale. Per produrre un chilogrammo di insetti bastano due chili di vegetali mentre per un chilogrammo di carne bovina ne occorrono dieci. In aggiunta c’è l’aggravante dei gas serra emessi in rilevante quantità per mantenere gli allevamenti.
Intanto fioriscono le iniziative per diffondere la nuova visione alimentare, anche in Italia. Nel giugno scorso l’azienda sanitaria di Lonigo in provincia di Vicenza ha organizzato un interessante convegno dedicato proprio al tema analizzato sotto gli aspetti sanitari, culturali e di controllo dei nuovi cibi. Qualche settimana dopo l’Università dell’Insubria affrontava l’argomento nell’incontro «Entomofagia, il futuro ha sei zampe» e successivamente a Londra, città sempre sensibile alle visioni più avanzate, si è tenuto addirittura il Pestival 2013 rivolto soprattutto all’arte del cibarsi con gli insetti. Presto non ci sarà alternativa rendendoci conto che la prospettiva non è poi così terribile (anche se non facile). Più che le papille gustative dobbiamo però convincere i nostri neuroni, le nostre abitudini, il nostro modo di sentire.