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 2013  novembre 27 Mercoledì calendario

«ALTRO CHE ZELIG, SONO LA MASCHERA DEL DUCE»

Un passo avanti, ben oltre il ca­baret. Perché Paolo Cevoli, con Il sosia di Lui, non si limita a fa­re la macchietta del Duce ma cerca di divertire con l’intelligenza che appar­tiene al teatro, facendo riflettere gli spet­tatori su se stessi e sull’Italia che fu. «È un monologo comico-storico che fa parte di un ciclo iniziato un paio di an­ni fa con La penultima cena , dove im­personavo un cuoco del banchetto più importante della storia dell’umanità, un filone che proseguirà con altri spet­tacoli » precisa l’attore, da oggi a sabato sul palcoscenico del Teatro Manzoni di Milano per la rassegna Ridere alla Gran­de.
Da Palmiro a Benito, si cambia scena politica?
Sì, ma non il contesto, che rimane la mia terra, la Romagna. Però non faccio satira politica ma solo commedia. Cer­co di spiegare, cioè, che significa esse­re buoni e cattivi, chi sono i tiranni e chi gli oppressi.
Lo spieghi anche a noi.
Non è che tiro la linea, come si faceva una volta a scuola... perché il bene e il male c’è dentro ognuno di noi. Punto in­vece sul fatto che la cosa più importan­te per un uomo è la libertà e che di fron­te a una scelta della vita, anche la più piccola, bisogna essere se stessi. Non c’è nulla di etico, insomma, nella libertà, perché è una questione esistenziale....
Quale storia racconta in questo spet­tacolo nel quale lei gioca con una so­miglianza, fisica e di favella, con Mussolini?
Sono Pio Vivadio detto Nullo, un mec­canico di Riccione anarchico, ribelle e donnaiolo che, assomigliando molto a Mussolini, viene scambiato per lui di­ventandone casualmente la controfi­gura. Una situazione che mi dà anche modo di descrivere vizi e virtù dell’Ita­lia degli ani ’30 e di dar seguito a qual­che... pataccata.
Ma ha proprio detto addio per sempre al personaggio dell’assessore Cangini che lo ha reso famoso sul palco di Ze­lig?
L’ultima volta che l’ho interpretato è sta­to quattro anni fa. Allora aveva un sen­so, era una maschera che faceva ridere, in quel contesto, anche per la presenza di Claudio Bisio. Mi ha dato visibilità, ha suscitato l’affetto del pubblico, ma a­desso ho voluto voltare pagina. Percor­ro un’altra strada, meno angusta di un piccolo comune della Romagna: voglio raccontare la storia degli uomini illustri attraverso i suoi servi.
Ha già pensato ad altri personaggi?
Certo! Per il prossimo anno sto scri­vendo la ’vita di Michelangelo’ rac­contata dal suo garzone di bottega. Poi arriveranno l’autista di Einstein e il mozzo di Magellano. Sentirete che sto­rie....
Qual è il suo modello di comicità?
La maschera della commedia all’italia­na, un’evoluzione dei burattini... Un personaggio ’geolocalizzato’ con trat­ti ben definiti in grado di stare dentro u­na storia con una sua personalità, co­me lo sono stati, nei nostri tempi, Mas­simo Troisi e Alberto Sordi.