Romano Prodi, Il Messaggero 26/11/2013, 26 novembre 2013
LA RUSSIA PROTAGONISTA E LA PARTITA
DELL’ENERGIA –
È un Putin in piena forma quello che è arrivato in Italia. Non solo perché i rapporti tra Italia e Russia non sono mai stati intensi come oggi ma soprattutto perché il leader russo ha conquistato in poche settimane il ruolo internazionale che il suo Paese aveva perduto dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Già da tempo era infatti tramontato il controllo sugli ex Stati satelliti dell’Europa orientale, la maggiore parte dei quali ha trovato le porte aperte da parte dell’Unione Europea in quella che è stata l’ultima grande operazione di politica estera dell’Unione stessa.
Contemporaneamente era entrata in crisi la politica estera russa a livello globale, con una progressiva perdita di presenza anche nelle aree verso le quali l’influenza era stata maggiore fin dai tempi della guerra fredda, e cioè l’Africa e il Medio Oriente. La Russia sembrava essere fatalmente relegata al livello di potenza regionale di secondo grado. Con il colpo di fulmine della proposta di mediazione del caso siriano, Putin si è improvvisamente reinserito nel grande gioco internazionale e lo ha fatto evitando gli aspetti conflittuali che avevano caratterizzato molte delle sue decisioni precedenti.
È infatti rientrato attivamente al vertice della politica mondiale offrendo nello stesso tempo una via di uscita alla diplomazia americana che, da un lato, aveva posto un ultimatum a Bashar al-Assad riguardo all’uso delle armi chimiche.Ma dall’altro era riluttante ad aprire una nuova guerra, essendo gli Stati Uniti forti militarmente ma molto provati dai ripetuti conflitti nei quali l’America si era trovata coinvolta dalla guerra in Iraq in poi. Una politica di ricostruzione del ruolo russo, ma senza aggiungere ulteriori tensioni rispetto a quelle, non certo secondarie, che esistevano con gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
Una fase di collaborazione attiva che si è ripetuta nella ricerca di un accordo sull’infinito problema iraniano che, dopo decenni di attesa, ha trovato finalmente l’inizio di una soluzione non attraverso le sanzioni ma sul tavolo delle trattative. Reso fiducioso da questi successi, Putin ha iniziato un braccio di ferro con l’Unione Europea sul problema ucraino, forzando il governo di quel Paese a non firmare gli accordi che dovrebbero essere sottoscritti nei prossimi giorni a Vilnius, accordi che Putin ritiene essere in contrasto con un’unione doganale che egli sta costruendo attorno alla Russia.
Su questa decisione mi sento di dissentire non solo perché, anche se alcune clausole sono da adattare profondamente, non ritengo affatto che le proposte europee e quelle russe nei confronti dell’Ucraina siano tra di loro incompatibili nel lungo periodo. Sono invece profondamente convinto che sia interesse di tutti ( e soprattutto del popolo ucraino ) che questo glorioso Paese non sia oggetto di conflitto ma sia un ponte su cui fare correre i futuri rapporti tra Russia e Unione Europea, tanto sono profondi i legami dell’Ucraina sia con la nuova Europa che con la madre Russia.
Certo per arrivare a mettere in pratica quest’elementare verità bisogna che Russia e Ue si convincano della loro crescente complementarietà. Si tratta di una complementarità che emerge for te ed evidente da una semplice analisi della realtà. Non vi è certo bisogno di sottolineare quanto noi dipendiamo dalla Russia per le fonti di energia ma credo che in modo altrettanto profondo (o forse ancora più profondo) la Russia dipenda dall’Europa.
I progressi economici del nostro immenso vicino sono infatti indubbi ma la dipendenza dall’energia è ancora troppo elevata per un Paese che ha grandi ambizioni di trasformazioni interne e vuole giocare stabilmente un ruolo di attore internazionale. La modernizzazione delle sue imprese, in modo da utilizzare economicamente il grande patrimonio scientifico del Paese, si può ottenere soltanto con un rapporto di collaborazione con i Paesi europei, così come questo rapporto è indispensabile per portare a termine la necessaria apertura del sistema finanziario.
Un grande Paese come la Russia non può vedere condizionato il proprio futuro dai prezzi del petrolio e del gas che ora salgono e ora scendono e che potrebbero in futuro scendere anche per effetto del possibile rientro in gioco della produzione iraniana. A questo si aggiunge il problema demografico, che vede una prospettiva di forte diminuzione della popolazione russa, di fronte alla quale la modernizzazione del sistema produttivo diventa una necessità imprescindibile.
Ho già troppe volte ripetuto che Europa e Russia stanno insieme come la vodka e il caviale e che le tensioni come quelle create in questi giorni sull’Ucraina non giovano a nessuno, soprattutto se pesano sulle spalle di un popolo che ha già tanto sofferto in passato e che, non solo per le proprie tensioni interne ma anche a causa della partita internazionale che si gioca sulla sua testa, di sofferenze ne dovrà affrontare tante anche in futuro. Proprio perché si sono aperte tante speranze e proprio perché vi sono ancora tanti problemi sul tavolo, l’incontro di oggi a Trieste tra Letta e Putin è molto importante, anche se probabilmente, dopo la colazione, la grappa prenderà il posto della vodka.