Alessandra Gozzini, La Gazzetta dello Sport 27/11/2013, 27 novembre 2013
LUCI: «IL CALCIO CONTRO LA MALATTIA DI MIO FIGLIO»
Andrea è il capitano, Lisa il caposquadra. Segnatevi questo numero, non è una statistica di gioco, è molto di più, è un codice di vita:
IT21O0324020879651100214974. Un incrocio di lettere e cifre da cui passa tutta la speranza: chi volesse aiutare la ricerca sulla Fop, ha già trovato scritte le coordinate bancarie dell’unica Onlus presente oggi in Italia. Sul sito dell’associazione (www.fopitalia.it) ci sono altri riferimenti. Questo invece è quello che sta dietro i dati di un Iban. Marco ha sei anni, è la fotocopia del papà, Andrea Luci, fascia al braccio sulla maglia numero dieci del Livorno. Lisa è la mamma cocciuta, che prendevano per paranoica e che «purtroppo ha sentito darsi ragione quando avrebbe tanto voluto aver torto». Lisa è mamma coraggio perché lotta per Marco e per tutti gli altri malati di Fop. Lisa ha il coraggio di esporsi, quando Marco è a scuola ed Edoardo, birbante di due anni, all’asilo. I termosifoni amaranto riscaldano l’ambiente di casa, il resto tocca a chi ha voglia di ascoltare.
Nemico Parte Andrea: «Marco sta bene, continua la sua vita normale come tutti gli altri bimbi, anche se ha capito che qualcosa non va. E’ stata mia moglie, da internet, a scoprire la malattia, i dottori non ci hanno aiutato. A Genova, all’ospedale Gaslini, ci hanno confermato la diagnosi. Almeno ora sappiamo contro chi dobbiamo combattere per nostro figlio». L’avversario è la Fop, la fibrodisplasia ossificante progressiva, nemico che debilita gravemente il tessuto connettivo. Lisa: «Alla visita di martedì scorso ero arrivata preparata. Grazie a internet e all’istinto della mamma, che non sbaglia mai. Marco era nato con gli alluci valghi, ma ci dicevano che era tutto normale. Ponevo il dubbio, insistevo, ma ero soltanto la mamma paranoica. Fino a una settimana fa, quando per la prima volta ho sentito darmi ragione quando avrei tanto voluto aver torto. Ora mi spaventa non sapere che cosa succederà domani, ora la cura è il cortisone che protegge ma non fa miracoli. Dobbiamo trovare un farmaco che blocchi l’avanzare della malattia. Un figlio non deve soffrire, non deve chiedere perché non può più saltare sul divano».
Nuove iniziative Il nemico colpisce trenta persone in Italia, un bambino su due milioni, e ora ha scelto di affrontare la famiglia di chi lotta per mestiere. Il pallone spostato su un altro campo, ecco quello che può fare, Andrea: «Nelle prime ore il pensiero di smettere c’è stato. Poi ho capito che il calcio è una fortuna, posso garantire a Marco cure costose. Devo anzi dare ancora di più per provare a raccogliere il massimo possibile. E poi posso offrire la mia visibilità, far sapere a tutti. C’è una Onlus che in dieci anni di vita ha avuto poca risonanza: servono i fondi per la ricerca che va avanti in Inghilterra e in Olanda ma più di tutti in America e che speriamo possa portare alla salvezza, o alla guarigione. I tanti soldi del calcio possono salvare tante vite». A Livorno in tanti hanno avuto il cuore ricco: «Ringrazio i tifosi per il loro calore sincero, si sono stretti a noi. Contro la Juventus abbiamo raccolto diecimila euro, ora non dobbiamo fermarci. Il sei gennaio a Firenze c’è il derby con la Fiorentina, potremmo pensare a una seconda raccolta, o a invitare alla partita le persone malate, a tante altre nuove iniziative. Voglio dare speranza a Marco, a tutti». Vogliamo.