Daniele Autieri; Carlo Bonini, la Repubblica 24/11/2013, 24 novembre 2013
NASCOSTI A SAN MARINO I CONTI SEGRETI DELL’ATAC
SAN MARINO
UNA parte cruciale dei segreti di Atac, l’azienda del trasporto pubblico di Roma, è stata custodita a San Marino. Ed è da qui che è possibile tirare il filo che porta alle provviste “nere” garantite dall’amministrazione bipartisan della più dissestata delle aziende di trasporto pubblico d’Europa.
TRA l’aprile del 2007 e l’estate del 2010, due dei manager chiave dell’Azienda, Gioacchino Gabbuti e Antonio Cassano, scelti dalla giunta Veltroni e caricati a bordo da quella Alemanno, hanno depositato contanti e costituito partecipazioni societarie occulte attraverso una finanziaria della Rocca del Titano.
Ecco perché.
UNA LISTA, DUE NOMI
Nel giugno del 2010, la Procura di Roma che indaga sul crac della San Marino Investment (Smi) del conte Enrico Maria Pasquini, ottiene dalle autorità sanmarinesi una rogatoria che elenca i correntisti della controllata Smi bank. Sono 1.170 nomi. Una variopinta umanità di evasori fiscali, che vengono pubblicati con la semplice anagrafica dal quotidiano “il Giornale”. Alla lettera “G” è «Gabbuti Gioacchino, di nazionalità italiana, nato a Roma il 12/10/1952». Alla C, figura «Cassano Antonio, nazionalità italiana, nato a Barletta il 18/11/1958».
In quel momento, Gabbuti, manager legato a doppio filo a Gianni Letta, è ad di Atac patrimonio, dove lo ha voluto Alemanno dopo la sua esperienza di ad di Atac con Veltroni. Antonio Cassano è invece direttore generale. Ebbene, in Campidoglio non si muove foglia, se non un’interrogazione del consigliere Athos De Luca cui Alemanno non risponderà mai. Finisce dunque lì. Di quei due conti nessuno sa più nulla. Neppure in Procura, dove la faccenda finisce su un binario morto. Del resto, Gabbuti si guarda bene dal dover spiegare ciò che non gli viene chiesto. Mentre Cassano sostiene in quei giorni di non essere lui quello della lista. Perché — dice — «È vero che mi chiamo Antonio Cassano, è vero che sono a nato a Barletta proprio il 18 novembre, ma non del ’58, bensì del ’68».
CONTANTI E SOCI OCCULTI
Accade però che la magistratura di San Marino, già in quel 2010, abbia trasmesso alle autorità italiane informazioni cruciali su quei due conti. E che ora fonti inquirenti sanmarinesi spieghino di cosa si tratti. Si scopre infatti che, alla Smi bank di San Marino, Gioacchino Gabbuti ha trasferito oltre un milione e mezzo di euro e ha costruito uno schermo fiduciario per coprire la sua partecipazione nelle società “Edilgroup”, “Navigando”, “Pragmata”, “G. A.” e “Orizzonti”. Non è tutto. Purtroppo per Antonio Cassano, gli inquirenti del Titano accertano che è proprio lui “l’omonimo” di San Marino. Nell’aprile del 2007, infatti, non solo ha depositato contanti per oltre 100mila euro, ma, contestualmente a Gabbuti, che lo ha voluto in Atac nel 2005, portandolo con sé da Bari, Cassano risulta partecipare allo stesso schema fiduciario che deve dissimulare la sua partecipazione occulta in almeno tre delle società di cui è azionista altrettanto occulto proprio il suo mentore Gabbuti: la “Pragmata”, la “Edilgoup” e la “G. A.”.
A cosa servono queste partecipazioni societarie occulte?
LE “CARCIOFATE”
Una prima risposta la si può rintracciare in una circostanza documentale accertata da Repubblica. Nel 2007, la Pragmata — di cui Gabbuti e Cassano sono appunto soci occulti — viene retribuita da Atac, di cui Gabbuti e Cassano sono dirigenti “palesi”, per una consulenza che valuti il lavoro dei manager dell’azienda. Roba da codice penale. Se solo qualcuno se ne accorgesse, o avesse voglia di farlo. Di più: «Pragmata — riferisce una qualificata fonte interna di Atac — almeno fino al 2010 viene scelta per consulenze di varia natura, per l’organizzazione di convegni ed eventi».
A chi rispondono Gabbuti e Cassano? Con chi dividono le loro fortune? È un fatto che i due in Atac sono stati e continuano ad essere pagati tanto oro quanto pesano. Gabbuti, nel 2012, dichiara infatti al Fisco quasi 700mila euro ricevuti dall’azienda e dalle sue controllate. Cassano, invece, “solo” 300mila, e per andarsene chiede ad Atac un milione. Certo, la moglie di Gabbuti è stata consigliere per le politiche comunitarie di Roberto Maroni quando era ministro dell’Interno. Certo, in Atac, si favoleggia di feste indimenticabili nella villa a picco sul mare ad Ansedonia acquistata dal manager e del “gran bel mondo” che nel tempo l’ha frequentata. “Le carciofate”, chiamava quelle feste Gabbuti.
Ma è sufficiente? Ancora una fonte dirigenziale qualificata di Atac ricorda: «Quando Gabbuti arrivò, convocò alcuni di noi della dirigenza nel suo ufficio. Si accese il toscano e guardandoci dritto negli occhi disse: “Voglio sapere qui dentro chi ha l’incarico di portare i soldi all’estero”». Perché Gabbuti voleva saperlo? A chi doveva darne conto?
I BISIGNANI BOYS
Gabbuti e Cassano sono ancora in Atac. L’unico straccio fatto volare sin qui dal nuovo ad Danilo Broggi è stato quello di Roberto Sem, dirigente licenziato mercoledì scorso, colpevole forse di essere diventato non solo uno dei testimoni chiave della Procura nell’indagine sui biglietti clonati, ma anche di essere il custode di tutti i documenti riservati di quella faccenda. Mentre a rivedere le stelle è toccato a Pietro Spirito (direttore centrale operazioni), Vincenzo Saccà (direttore della comunicazione), Roberto Cinquegrani (direttore commerciale), Antonio Abbate (direttore affari legali) e Giuseppe Alfonso Cassino (direttore della divisione superficie), i manager voluti in Atac nel 2011 da Maurizio Basile, l’allora ad di Atac ed ex capo di gabinetto di Alemanno intercettato nell’inchiesta P4 mentre prendeva ordini al telefono da Luigi Bisignani.