Giovanni Pons, la Repubblica 24/11/2013, 24 novembre 2013
“DALL’ISVAP TROPPI FAVORI PER I LIGRESTI E UNIPOL” I DUBBI DEI PM SULLE AUTHORITY
Secondo alcuni osservatori il caso Ligresti-Fonsai rischia di far emergere un problema istituzionale, di indipendenza delle Authority di vigilanza in Italia. A leggere le carte depositate dell’inchiesta milanese per le accuse di corruzione e calunnia all’ex presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini l’ipotesi non sembra così campata in aria. Secondo il pm Luigi Orsi, infatti, Giannini e il vice direttore generale Flavia Mazzarella hanno tenuto una condotta di «favore» verso Unipol nel processo autorizzativo all’acquisto di Fonsai attraverso «una gestione accentrata della pratica che non è in linea con la prassi dell’Isvap». Affermazioni pesanti — cui ovviamente gli accusati opporranno le loro difese — ma a cui il magistrato arriva dopo aver interrogato una serie di dirigenti interni all’Isvap (oggi Ivass, sotto le dirette dipendenze di Bankitalia). I quali hanno messo a verbale diversi eventi e circostanze che dimostrano come i vertici dell’Isvap utilizzassero due pesi e due misure nel processo di vigilanza sulle compagnie.
Secondo Antonio De Pascalis, un dirigente che entrò in Isvap nel 1990 per concorso pubblico e che in poco tempo diventò il braccio destro dell’ex presidente Gianni Manghetti, la situazione interna all’Isvap diventa difficile dal 2002, quando Giannini viene nominato alla presidenza dal ministro di allora, Antonio Marzano. La prima cosa che Giannini fa è quella di chiamare con sé la Mazzarella dalla segreteria generale del Tesoro, e Paolo Rubini, che era stato ad di una controllata di Ina-Assitalia. «Quando Giannini arriva alla presidenza dell’Istituto mostra chiaramente di voler invertire l’atteggiamento non favorevole che fino a quel momento avevamo tenuto nei confronti del gruppo Ligresti», ricorda De Pascalis.
La Sai, infatti, non era vista di buon occhio dall’Isvap perché, spiega il dirigente «il gruppo Ligresti aveva mischiato l’ambito assicurativo con quello immobiliare mettendo a rischio la garanzia patrimoniale della società assicurativa ». Per questa ragione l’Isvap aveva obbligato Sai a depositare alla vigilanza copia dei verbali del cda, l’unica in Italia. Forse anche per questi motivi Manghetti inizialmente non autorizza la Sai a fondersi con Fondiaria dopo averne acquistato un pacchetto azionario significativo. Ma con Giannini il vento cambia. «Quando Ligresti chiede l’autorizzazione a seguire il procedimento è il collega Morvillo — ricorda ancora De Pascalis — che firma il parere favorevole senza chiedere alcuna valutazione patrimoniale su Fondiaria, né si occupa di verificare gli investimenti di questa società. Con una procedura velocissima il collega si limita a un’analisi giuridico-formale».
Così inizia l’epopea di Fonsai che però, stando sempre alle dichiarazioni dei dirigenti interni, non è l’unica compagnia a beneficiare di un occhio di riguardo. «Quando è entrata in vigore la nuova organizzazione — mette a verbale De Pascalis — ho potuto notare che la Vigilanza 2 seguiva le società “amiche” del presidente Giannini (ad esempio Fondiaria, Mediolanum, Carige, Poste Vita) mentre in Vigilanza 1 si trovavano le società “non amiche”, su tutte Generali, che Giannini detestava perché aveva lanciato un’Opa ostile su Ina-Assitalia». Ogni volta che qualche “protetta” incappava in qualche operazione delicata, la soluzione era di far avocare il procedimento dal vice direttore Mazzarella. Quando per esempio Carige nel 2003 presentò bilanci censurabili nel bel mezzo di un aumento di capitale, Giannini chiamò De Pascalis e gli disse: «Cosa dico al ministro Scajola?», uomo politico interessato alla vicenda. Il risultato fu che il fascicolo finì nelle mani di Mazzarella, seguendo un modo di procedere che sembra sia stato utilizzato anche nel più recente caso Unipol-Fonsai, quando i vertici sono entrati in rotta di collisione, su diversi punti, con i funzionari Giovanni Cucinotta e Ignazio Berguglia che erano incaricati di seguire l’operazione.
Anche in questo caso Mazzarella avoca a sé il procedimento — «fatto non di per sé contra legem ma certamente contrario ad una prassi senza eccezioni conosciute », scrive Orsi — con l’aggravante che per condurre in porto la fusione tra le due compagnie Mazzarella sembra coordinarsi anche con le altre autorità che vigilano sull’operazione, come la Consob e l’Antitrust. Un modus operandi che emerge abbastanza chiaramente dalle intercettazioni telefoniche disposte dagli inquirenti. Quando Angelo Apponi, dirigente Consob, dice a Mazzarella: «Noi vorremmo in settimana chiudere anche la parte nostra e magari ci leggiamo, vorremmo scambiare tre o quattro chiacchiere su quelle che possono essere le varianti possibili, quindi magari da qui a mercoledì ci vediamo», per poi chiudere il procedimento tra giovedì e venerdì, «non prima di aver parlato con te». E Mazzarella dal canto suo risponde: «Giovedì venerdì benissimo. E noi pure abbiamo il procedimento tra mercoledì e giovedì scade», aggiungendo, per quanto riguarda la terza autorità, «l’Antitrust chiuderà pure lei tra il 19 e il 20», si dà l’idea di un coordinamento delle tre Autorità di vigilanza verso un obbiettivo ben preciso.