Daria Galateria, la Repubblica 24/11/2013, 24 novembre 2013
PICASSO, TROTSKIJ E MARILYN? SONO UN’INVENZIONE DI TOPOR
Sono in più di quattrocento, gli amici «incollati per sempre nella carta moschicida» delle memorie di Roland Topor. Esilaranti memorie fasulle, ma una vera storia parallela del Novecento: nelle Memorie di un vecchio cialtrone la sarabanda di Grandi - da Chaplin a Van Dongen, da Seurat a Marilyn Monroe, da Chagall a Gandhi: e Bacon, Bonnard, Brancusi, Brecht, solo per citarne qualcuno dalla lettera B - è convocata da Topor in un gioco irriverente e vulcanico, in cui la megalomania del protagonista, Roland, si attribuisce la paternità di mezzo Novecento culturale. Roland aiuta George Orwell a portare una signora svenuta in una stanza d’albergo, numero 1984. «Sembra una data», fa notare Roland a Orwell: «Come sarà il mondo nel 1984?». Orwell «aveva una complessione delicata. Bastava una pacca sulla schiena per metterlo al tappeto. Evitava Hemingway come la peste, perché l’americano distribuiva grosse manate sulle spalle degli amici per affermare la propria virilità barcollante, o almeno questo era quello che diceva Malraux». In Spagna, Lorca accompagna al treno Roland alle cinque; Picasso rimane colpito dalle sue Demoiselles d’Orange, quadro di grandi dimensioni. È Roland il vero autore della pruriginosa Histoire d’O, «estremo omaggio a mia madre». Quasi bambino, è stato intanto sedotto da Sarah Bernhardt; Greta Garbo («molto bella, d’accordo, ma particolare») perderà la testa per i suoi polpacci pelosi.
Le Memorie sono state scritte nel 1975, e poi riprese tre volte. Topor vi elenca tutte le avanguardie e le etichette del secolo breve: quattro volte, in quattro diverse versioni, si aggiudica la creazione dell’onnivoro cubismo. Intanto, nella vita, schiva tutte le correnti artistiche dell’epoca - arte povera, fluxus, situazionismo, arte concettuale - con le sue composizioni visionarie, i disegni che dissezionano l’uomo con ferocia infantile, truci oscenità, e inattese tenerezze: «è la mano che conduce le danze», diceva. La sua famiglia artistica aveva altre profondità, Goya, Bosch, Kubin, suggerisce il curatore di questa prima, imperdibile edizione italiana, Carlo Mazza Galanti, nella sua bellissima postfazione. E ricorda il trasognato Pinocchio, strenna Olivetti del 1972, che sedusse, burattino dai chiaroscuri interiori, Fellini - fino a coinvolgere Topor in Casanova; già Roman Polanski aveva portato al cinema il primo romanzo di Topor, L’inquilino stregato.
Da spiare in rete, il regista "fantasurrealista" Laloux, che di Topor ha animato i sognanti e feroci disegni del Pianeta selvaggio e l’incubo ecologico delle Lumache; o Henri Xhonneaux coi pupazzi del Marquis (de Sade, ovviamente). E uno dei capolavori di Topor - la sua faccia da satiro ridente, firmata dalla vasta bocca tumida e ondulata, perennemente esibita a brigare con grossi sigari - si affaccia in Nosferatu di Herzog, in Ratataplan di Michetti, nello Swann di Schlöndorff. Amico dell’Italia dai ribelli anni Settanta, Topor è stato ripreso dalla nostra tv in situazioni casalinghe in Lupo solitario di Roversi e Syusy Blady. Nelle Memorie Roland incontra Mussolini, ma loda il Belgio: «lo adoro, da Memling al Congo, da Astrid alla birra Gueuse».
Il maestro della crudeltà giocosa (i disegni I masochisti in cui si dorme sul cuscino che è una piastra di ferro da stiro: la spina è inserita; o la ricetta della Cucina cannibale che prescrive di «mescolare l’insalata con pezzi di mamma spolpata e disossata e con patate bollite a rondelle») deposita in queste Memorie un passaggio splatter: da sguattero, il minimo errore è punito con la «mano calda», tenuta cioè sulla piastra incandescente del fornello per un tempo proporzionale al reato. Ma le memorie scorrono spassose travolgendo i tempi, le scuole artistiche, i luoghi mondani: al Caffè Greco il sobrio Pirandello smoccola; si fa bisboccia sul Sunset Boulevard; alla Colombe d’Or di Saint-Paul-de-Vence Roland crea la natura morta "cotta" - fino ad allora, rappresentava selvaggina, ostriche, pesci, tutto crudo.
Topor sarà stato anche indifferente al Mercato («la gente non ama vedere attaccato al muro quello che ha nella testa», sospirava); ma l’avveduto Roland delle memorie - maestro, nel campo, Lacan - si occupa molto delle proprie quotazioni; confessare che, in un incidente di giardinaggio, è stato lui a spaccare la testa a Trotskij farà aumentare la tiratura delle Memorie? «Me lo auguro». Ma poi in profondi e sbrigativi momenti aforistici medita: «La moralee l’arte non sono la stessa cosa. Il denaro, senza il soccorso degli artisti, soccomberebbe agli assalti della morale. Sarebbe la fine della nostra società, della nostra civiltà. L’arte è godimento, come la gioia; come lei, è immorale». Il maestro dell’umor nero, in questo breve e raro capolavoro di pura comicità, ci riconcilia con il Novecento.