Alessandro Capponi, Corriere della Sera 24/11/2013, 24 novembre 2013
I TIMORI DI MARINO «SE ROMA FALLISCE TRASCINA GIÙ IL PAESE»
ROMA — Roma capitale del baratro economico: se affonda, sostiene Ignazio Marino, rischia di trascinare con sé il Paese.
Il sindaco lo spiega senza troppi giri di parole: «In questi giorni tutto il mio tempo è stato dedicato all’interlocuzione con il governo nazionale e alla preoccupazione che esiste di un fallimento di Roma, che evidentemente determinerebbe un abbassamento del rating del Paese». Il Bilancio di previsione 2013 da votare adesso, alla fine dell’anno, con sette giorni di tempo per evitare l’intervento del prefetto — la scadenza è fissata al 30 novembre — con un «buco» di 816 milioni di euro, e con le opposizioni che minacciano «centomila» tra emendamenti e ordini del giorno per paralizzare la discussione in aula. E così Marino decide di non nasconde i pensieri cupi, suoi e del governo: e conferma i contatti avuti nei giorni scorsi con numerosi esponenti dell’esecutivo — dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, a quelli frequenti con il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni — tesi a scongiurare l’ipotesi default che, evidentemente, non penalizzerebbe solamente la Capitale.
Ma il Campidoglio, certamente, non può contare sulle larghe intese: sono giorni tesissimi, le opposizioni accusano, l’ex sindaco Gianni Alemanno parla di una «maggioranza non degna di governare». E Marino, eletto da qualche mese, accusa chi — come l’ingegner Alfio Marchini, imprenditore già candidato al Campidoglio — nei giorni scorsi si era detto «non spaventato» dall’ipotesi default perché «meglio affrontare subito il problema»: «Chi invoca il default — attacca il sindaco — si assume una responsabilità gigantesca». La replica di Marchini è su Facebook: «Si continua con la politica degli struzzi illudendo i romani che l’anno prossimo andrà meglio e che ripartiranno investimenti e servizi, dimenticando però di dire come si ripianerà un buco che nel 2014 sarà di circa un miliardo di euro?». E Marino, su Twitter: «Riporteremo Roma sulla strada giusta». Le polemiche, semplicemente, non si contano.
Così ieri il sindaco ha chiesto e ottenuto che l’esame del Bilancio cominciasse il prima possibile, oggi: «Dobbiamo dare un segnale di responsabilità, in una fase di emergenza la politica lavora sempre, anche di domenica». Ma il calendario stilato dal presidente dell’aula Giulio Cesare, Mirko Coratti del Pd — discussione ogni giorno dalle 10 del mattino alle dieci della sera, con prevedibili sedute in notturna, «a oltranza» — ha scatenato le accuse del Nuovo centrodestra: «Una violenza perpetrata ai danni delle opposizioni, non era mai successo nella storia di Roma». La replica di Coratti: «La città è amministrata da undici mesi in assenza di programmazione finanziaria, non perdere neanche un minuto è solamente un atto di responsabilità verso i cittadini». Il M5S promette: «Non manderemo Roma in default». La situazione della Capitale, comunque, non è semplice: le società controllate producono un «buco» annuale di oltre un miliardo. E tra queste l’Atac, l’azienda dei trasporti che ieri ha firmato un accordo con i sindacati ma che è alle prese con la protesta degli autisti. «Se non accoglieranno le nostre richieste — dicono — la settimana prima di Natale paralizzeremo Roma forse anche come hanno fatto a Genova». Roma capitale, sì, del baratro.