Carlo Pelanda, Libero 24/11/2013, 24 novembre 2013
COSA FARE PER TAGLIARE LA SPESA
Se il governo non taglia le tasse il miglior scenario possibile sarà quello della stagnazione, cioè di una crescita insufficiente per evitare la deindustrializzazione. Per ridurre le tasse deve necessariamente sforbiciare la spesa pubblica in misura equivalente per mantenere il bilancio pubblico vicino al pareggio di entrate e uscite. Sarebbe più razionale tagliare poco la spesa e molto le tasse, allo scopo di non aggiungere un fattore deflazionistico alla congiuntura debole. Ma le regole europee impediscono di finanziare in deficit temporaneo la detassazione stimolativa. Questa limitazione costringe l’Italia a correlare totalmente il taglio di spesa e quello delle tasse.
Per essere più chiari, va detto che il mercato finanziario (che compra il nostro debito) vedrebbe bene un deficit, per dire, al 6% per tre anni ed una detassazione di circa 50 miliardi perché questa alzerebbe la probabilità di una crescita prolungata dell’economia vicina al 3% e ciò renderebbe più affidabile il nostro debito in quanto verrebbe ridotto alzando il «denominatore», cioè il Pil. Ma la Commissione non ce lo lascerebbe fare perché la regola è che ogni dannato singolo anno il bilancio pubblico deve essere vicino al pareggio. O si cambia questa regola mortifera, magari accettando un controllo europeo (bollino blu) sul periodo di deficit stimolativo, oppure non resta altro che tagliare sincronicamente spesa e tasse, ma rischiando l’infattibilità per ampiezza dei dissensi degli interessi colpiti. Il governo sembra aver scelto la seconda strada, evidentemente non volendo/ potendo sfidare le regole europee, cosa non sorprendente vista la poca forza negoziale di Roma. Ciò che è sorprendente è l’entità del taglio di spesa pubblica ora allo studio da parte del commissario dedicato, Cottarelli: 30 miliardi, cioè 2 punti di Pil, in due anni. Tale cifra è in linea con quella di 60-80 miliardi in 3/5 anni che da anni raccomando perché la ritengo salvifica e possibile senza intaccare la socialità dello Stato, considerando che lo spreco e la spesa inutile sono calcolabili nell’inter - vallo tra gli 80 ed i 90 miliardi, alcuni stimano fino a 120, una parte cospicua residente nelle amministrazioni locali. Ho fatto un balzo quando ho letto tale intenzione del governo e la ho vista confermata dalla determinazione con cui è stata costruita l’organizzazione che dovrebbe individuare i tagli: gruppi di lavoro in ogni ministero, di fatto un commissariamento da parte di quello dell’economia nei confronti degli altri, cioè meno possibilità per i burocrati di nascondere i dati ai tecnici del Tesoro.
Il punto delicato, infatti, è che i politici che occupano i ministeri sono maneggiati da una burocrazia permanente che ha il vero comando della funzione, in complicità con la burocrazia di tutti gli altri ministeri e apparati interessata a mostrare l’impossibilità di tagliare quella o altra spesa in quanto vi costruisce sopra un proprio potere gestionale. Mi sembra la prima volta che accada e ciò mi fa sperare che questa volta l’azione di taglio possa essere vera. Inoltre 30 miliardi in due anni, se trasformati in detassazione sincronicamente, sarebbero una stimolazione robusta alla crescita: (a) più soldi ai dipendenti, tolti dal prelievo fiscale in busta paga, trasformabili in consumi interni; (b) meno tasse sulle imprese e quindi più margine lordo per queste, utile per ripagare i debiti alla banche oppure per diventare più attraenti per nuovi investimenti. In generale, uno Stato che detassa sostanzialmente tanto e in poco tempo diventerebbe una notizia mondiale, il marchio Italia di nuovo verso le stelle. Mi sembra troppo bello. Temo infatti che il taglio della spesa non comporti quello delle tasse e il ricavato venga messo a disposizione del Fiscal Compact che impone, dal 2015 in poi, una riduzione del debito (2 trilioni) di 1/20 all’anno fino a raggiungere il 60% del Pil. Temo che la politica non abbia la forza di dotare di consenso il taglio. Ma non possiamo nascondere la sensazione che questa volta il governo faccia sul serio né la conseguente speranza che correli tagli di spesa e detassazione. Cosa fare: non credere e vaffare comunque tutto ciò che puzza di governo oppure dare fiducia e premere per la soluzione caricandola del consenso del popolo produttivo, a ondata? Ho deciso di dare fiducia e così consiglio: «ondiamo».