Giuliano Amato, L’Unità 25/11/2013, 25 novembre 2013
RODOLFO BOLLINI, IL MEGLIO DELLA FUNZIONE PARLAMENTARE
IN OCCASIONE DEI 90 ANNI DI RODOLFO BOLLINI non voglio che manchi la manifestazione della mia stima, che è vera e propria ammirazione, per un uomo che ha rappresentato per tutti noi e in particolare per me il meglio della funzione parlamentare, un meglio di cui forse si sono perse oggi le condizioni.
Attraverso la sua lunga esperienza di senatore, cinque legislature nel corso delle quali si venne specializzando nella difficile e complessa materia della contabilità e del bilancio, Bollini ne divenne uno dei maggiori esperti. Era componente rispettatissimo della commissione Bilancio quando io divenni per la prima volta ministro del Tesoro nel 1987. I funzionari del Ministero mi avvertirono: «Quando si presenterà alla commissione Bilancio del Senato si prepari bene ministro, perché lì troverà il senatore Bollini, che di sicuro le porrà le questioni più penetranti e piu pertinenti».
Entrai in quella commissione e guardai subito verso di lui con la stessa trepidazione con cui mi ero presentato agli esami più difficili in Università. E constatai presto che ce n’erano tutte le ragioni. Il senatore Bollini navigava fra le norme e i grandi e piccoli numeri proposti dal governo con una padronanza allora ben superiore alla mia e con una disarmante capacità di scoperchiarne le debolezze e le incongruenze. Riuscii ciò nondimeno a cavarmela e da allora, grazie anche all’intelligenza e alla sapienza del presidente della commissione, che era Nino Andreatta, si stabilì anzi un ponte fra me, lo stesso Andreatta, Bollini e quindi l’intera commissione, che ci consentì di anticipare nei fatti alcune delle nuove regole che avrebbe poco dopo introdotto la nuova legge di contabilità, a cui tanto lavorò alla Camera Giorgio Macciotta.
Bollini lasciò agli inizi degli anni Novanta e lasciò da vice-presidente della commissione Bilancio. Il Parlamento perse allora una delle colonne su cui si era retta la sua funzione di controllo, una colonna grazie alla quale il controllo riusciva a trasformarsi al di fuori di ogni intento co-gestivo in concorso al miglioramento dell’azione di governo. Ed è proprio in questo il meglio della funzione parlamentare, dalla quale ero partito.
Nel ricordo di tutto ciò, non ci si può non chiedere se non dovrebbe trarne lezione la politica del nostro tempo, nella quale sembra trionfare l’aspettativa che l’informazione (magari acquisita esclusivamente «in rete» e chissà da quali fonti) possa tener luogo della formazione, della stessa formazione sul campo, e tener testa ai poteri burocratici forti, dei quali invece si sa solo lamentare, magari con parole infuocate, l’inesorabile impenetrabilità.
Non erano impenetrabili, quei poteri, per Bollini. E non lo erano perché la sua competenza e la sua lunga presenza in Parlamento erano non titoli di demerito, non ragioni per sbarazzarsene, ma un patrimonio che il suo partito seppe e volle mettere a disposizione delle sue politiche e del paese.
Lo so, sono vecchio anch’io ed è facile considerarmi nulla più che un laudator temporis acti. Ma ci pensino i più giovani. E si uniscano a noi non solo negli auguri, ma nell’omaggio che merita Rodolfo Bollini.