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 2013  novembre 25 Lunedì calendario

MAYA SANSA RIVELA: HO CONOSCIUTO MIO PADRE A 15 ANNI


DAL NOSTRO INVIATO TORINO — Maya Sansa è tra i protagonisti di Molière in bicicletta, la commedia francese di Philippe Le Guay sul mestiere dell’attore. Ospite al Festival di Torino, Maya ha in Marco Bellocchio una sorta di «padre spirituale» e La meglio gioventù resta finora il film della sua vita. Dice che le parti drammatiche le lasciano una scia di leggerezza. Ha 38 anni, una figlia di tre mesi e mezzo. Ha conosciuto suo padre, iraniano, a 15 anni: ma non aveva mai spiegato perché. Un’esperienza che rivela molto della sua natura d’attrice: «Quando i miei genitori si sono incontrati erano giovanissimi: era il 1975, c’era un atteggiamento da figli dei fiori. La decisione di tenermi fu di mia madre. Se non te la senti non ti preoccupare, disse a mio padre, sperando che si sarebbe fatto vivo. Lui rimandava ogni decisione. L’incontro è avvenuto in modo simpatico, tramite amici comuni. Mi ha chiesto se volevamo vederci solo noi due, ho preferito di no, così ero più libera di osservarlo. Studiavo le somiglianze, come muoveva le mani… Al primo contatto, al telefono, dopo lunghi silenzi, mi chiese della scuola, mi disse che era architetto, come a voler mettere i primi mattoni. Non ero risentita, sono cresciuta tra mia nonna e mia madre, un’artigiana che dipinge su vetro e lavora gioielli. Dice che sono una piccola aliena, troppo iraniana». In Molière in bicicletta , lei è il terzo incomodo tra due attori (Fabrice Luchini e Lambert Wilson) che tra mille non detti, trappole e propositi di vendetta cercano di mettere in scena Il Misantropo . C’è più di un riferimento al mestiere dell’attore: il narcisismo. «Passiamo ore davanti allo specchio a truccarci, abbiamo lo sguardo degli altri su di noi, ma meno si è narcisi più si è generosi con i personaggi da interpretare. In Italia c’è troppo ego, non conta il corpo, è una recitazione tutta verbale. Per questo andai a studiare a Londra. Ma sono critiche che faccio con amore, adoro l’Italia e lavoro in Italia». Lei ha fatto tre film con Bellocchio…«È l’unico regista che mi ha dato l’opportunità di trasformarmi. Ho una forma di invidia per le superproduzioni che ti rivoltano come un calzino. Se da noi impongo un lavoro sull’accento è un miracolo. Bellocchio ti mette alla prova, quando lo convinci è di un’apertura sconvolgente».