Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 25/11/2013, 25 novembre 2013
ROGATORIE MEDIASET, CASO EUROPEO
L’Irlanda è stata messa sotto accusa da Eurojust, l’agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria permanente, perché da sette anni non dà risposta a una richiesta di rogatoria italiana su due società di Frank Agrama, il produttore americano condannato con Silvio Berlusconi nel processo per frode fiscale sui diritti tv Mediaset.
Un Paese dell’Unione Europea messo sotto accusa dagli altri 26 perché da sette anni non dà risposta a una rogatoria chiesta dai magistrati di un’altra nazione: non era mai successo da quando dal 2002 esiste Eurojust, l’agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria permanente. E invece succede ora, e il record ha come causa proprio una richiesta di rogatoria italiana in due processi a Silvio Berlusconi.
Con una decisione presa a larga maggioranza, infatti, il «Collegio» di Eurojust, cioè il direttorio formato da un rappresentante di ciascuno dei 27 Paesi e presieduto dall’inglese Aled Williams, ha formalmente avviato la procedura, mai prima attivata, per l’emissione di un «parere non vincolante» (così si chiama secondo gli accordi rivisti nel 2008-2009) sui reiterati ritardi contestati all’Irlanda nell’esecuzione della rogatoria chiesta addirittura nel 2006 dal pm milanese Fabio De Pasquale sulle società irlandesi «Olympus Trading Ltd» e «Olympus Trading Ireland Ltd» di Frank Agrama: cioè del produttore americano nel frattempo definitivamente condannato con Silvio Berlusconi nel processo per frode fiscale sui diritti tv Mediaset, e coimputato in Tribunale di Fedele Confalonieri e Piersilvio Berlusconi nel processo Mediatrade per successive annate fiscali, per le quali l’ex premier è stato invece prosciolto in udienza preliminare.
A determinare l’iniziativa senza precedenti del «Collegio» di Eurojust, che ha nominato un relatore della Finlandia per la stesura della proposta di parere che sarà messa ai voti già entro metà dicembre, è stata la progressione delle proteste del pm milanese Fabio De Pasquale, ricostruibile in un inedito carteggio depositato da poco agli atti del processo Mediatrade, dove si discute anche del percorsi di 142 milioni di dollari versati in 6 anni da società del gruppo Mediaset a fronte di acquisti di diritti tv.
Il pm De Pasquale chiede la rogatoria all’Irlanda il 17 luglio 2006, poi accoglie l’invito irlandese a richiederla con altre formalità l’11 gennaio 2008 e a non partecipare direttamente al procedimento incidentale di fronte all’Alta corte innescato dall’opposizione della difesa di Agrama. Ma ancora dopo altri due anni nulla accade. Anzi il 19 marzo 2010 il pm apprende che Dublino, senza dirlo a Milano, ha rivelato proprio ad Agrama alcune comunicazioni confidenziali tra la Procura milanese e la Central Authority irlandese concernenti le strategie legali per rendere più efficaci le acquisizioni di prove e gli argomenti con i quali rispondere alle opposizioni dei legali di Agrama alla rogatoria: e così il 6 luglio 2010 il pm torna a scrivere per definire «inaccettabile» l’accaduto e «deplorare che a distanza di 4 anni non sia ancora pervenuta risposta» alla rogatoria del 2006.
Il 14 ottobre 2011 l’Irlanda comunica che il giudice ha deciso mezza questione, ma che per l’altra metà serviranno alcune settimane. Passano settimane, mesi, persino due anni: ufficialmente l’Irlanda dice che la sua magistratura ha dato il via libera alla eseguibilità della rogatoria, ma che i legali di Agrama hanno fatto un estremo ricorso alla Corte suprema, la quale, oberata dall’arretrato, non è prevedibile quando potrà decidere.
La mancata indicazione persino di una data per la decisione è la goccia che fa traboccare il vaso, e il 31 luglio 2012 il pm De Pasquale avverte che «un ulteriore protrarsi del pluriennale procedimento finirebbe per dare luogo, nella sostanza, a un rifiuto di assistenza». E porta la questione, segnalandola al rappresentante italiano Francesco Lo Voi, al tavolo di Eurojust. Che ora ha avviato una iniziativa che potrebbe per la prima volta stigmatizzare un Paese dell’Unione Europea per l’eccessiva durata di un suo procedimento incidentale in contrasto con gli standard europei in materia di assistenza giudiziaria.