Eugenio Occorsio, Affari & Finanza 25/11/2013, 25 novembre 2013
I CINESI NELLA ROMA ECCO IL PROGETTO FIORENTINO-PALLOTTA PER CHIUDERE L’AFFARE
Tanto magica sul campo quanto volatile in Borsa. Dopo mesi di calma piatta, il titolo As Roma si è impennato bruscamente dall’inizio del campionato quando la squadra ha stupito tutti con una raffica di vittorie: da 0,5 è passato a 1,7 euro. Senonché all’inizio di novembre è ridisceso a meno di 1 euro. Ma nell’ultima settimana, nuovo balzo fino a 1,4: stavolta a infervorare gli investitori è l’annuncio della prossima vendita di una significativa quota al miliardario cinese Chen Feng, proprietario del gruppo Hna che possiede alberghi, linee aeree e partecipazioni in mezzo mondo. Nella sola giornata di giovedì l’azione giallorossa ha guadagnato l’11%, e un altro 1,5 il giorno dopo. Nel complesso, venerdì scorso il titolo segnava un +179% dall’inizio dell’anno e +112% dall’inizio del campionato. Il merito va diviso fra vari fatti concomitanti. La squadra di Rudi Garcia e Francesco Totti gioca la parte principale in un settore che risponde all’emotività più di tutto. Ma un ruolo spetta all’emendamento pro-stadi che faticosamente il governo sta portando avanti, e un altro alla gestione “americano-bancaria”: nell’ultimo bilancio (30 giugno 2012-30 giugno 2013) i ricavi sono saliti a 125 milioni dai 116 dell’esercizio precedente: 21 da gare, 5 da merchandising, 66 da diritti televisivi e d’immagine, 8 da pubblicità, 12 da altre fonti. I costi sono scesi da 141,7 a 138,4 milioni
grazie al ridimensionamento della voce stipendi per i calciatori da 103 a 94 milioni. A proposito del parco giocatori, spicca nel bilancio un dato: già nell’esercizio 2012-13 la “gestione operativa netta” (cioè le plusvalenze da vendite) era di 11 milioni, ma questa cifra si è impennata a 39 milioni nella prima relazione trimestrale dell’esercizio in corso che copre il periodo luglio-settembre e quindi il calcio mercato. Significa che sono state evitate le follie da mercato che hanno messo in ginocchio tante altre squadre, e che a fine anno potrebbero ridursi le perdite (ancora 40 milioni al 30 giugno scorso). A questo punto diventa più semplice per l’Unicredit vendere la sua quota residua nella Roma. La banca si ritrovò nel 2010, al disfacimento dell’impero Sensi, proprietaria al 100% non solo della squadra ma di tutte le proprietà del gruppo fondato dal costruttore romano: dai depositi petroliferi di Civitavecchia ai beni immobiliari. Un pacchetto da 400 milioni: tanti erano i debiti dei Sensi. L’Unicredit anziché far fallire il gruppo come pure era plausibile, convertì i crediti (ereditati dalla Capitalia di Cesare Geronzi, generosa finanziatrice del costruttore e della “sua” Roma) in quote sociali. E poi cominciò il meticoloso smantellamento delle partecipazioni: molte proprietà sono state vendute (ora c’è un accordo per le più pregiate, i terreni di Torrevecchia in possesso di licenze edilizie), per l’oil terminal l’Unicredit è in short list con un gruppo internazionale. E per la Roma siamo alla fase 2: dopo aver venduto nell’estate 2011 al gruppo Usa guidato da James Pallotta la maggioranza (con un incasso di circa 90 milioni di euro), sono alla stretta finale le trattative per cedere l’ulteriore quota ai cinesi che riempiono le cronache. «Visto che capolavoro di globalizzazione? Il marchio Roma si vende ovunque, città e squadra», dice Pippo Marra, editore dell’Adnkronos, anima verace della società di cui è da 21 anni consigliere d’amministrazione. Un lavoro paziente e tenace cominciato quando fu perfezionato con il coordinamento della Rotschild l’ingresso dei soci americani (oltre a Pallotta sono in cordata i finanzieri Michael Ruane, Thomas Di Benedetto e Richard D’Amore). Fu creata ad hoc l’holding Neep Roma che rilevò il 78% della società quotata in Italia (il resto è flottante). Agli americani andò il 69% della Neep in cambio di parte delle quote di Unicredit, che tenne il 31%. La presidenza della squadra fu assunta prima da Di Benedetto e poi da Pallotta, quella della holding da Paolo Fiorentino, numero tre di piazza Cordusio e regista della complessa ristrutturazione. Fiorentino ora sta coordinando in una serie di incontri riservati a New York la cessione del 24-25% a Feng: l’obiettivo è tenere una quota di circa il 5%, soglia entro la quale all’Unicredit spetta una serie di diritti (che quindi conserverà) come il veto su operazioni straordinarie, che comunque sono controllate da un comitato esecutivo di cui sono membri sia Fiorentino che Pallotta. Quanto incasserà Unicredit? Negli ambienti della banca si invita a considerare una cifra inferiore a 100 milioni e ad escludere che da tutta la vicenda Roma esca una plusvalenza, anche se l’andamento del titolo lascia un po’ di speranze. In ogni caso, è andata meglio di un write-off dell’intero pacchetto all’inizio come sarebbe avvenuto in altre circostanze: forse qui è entrata in qualche misura in gioco (è proprio il caso di usare questo termine) quella emotività che rende il business del calcio diverso da qualunque altro.