Sandro Cappelletto, La Stampa 25/11/2013, 25 novembre 2013
ROMA, OPERA IN SCIOPERO SALTA L’ERNANI DI MUTI
Sciopero per tutte le recite di Ernani che da domani fino al 14 dicembre Riccardo Muti avrebbe dovuto dirigere, inaugurando la nuova stagione del Teatro dell’Opera. Lo indicono tre - Cgil, Fials-Cisal, Libersind - delle numerose sigle sindacali che rendono così vivace la vita del teatro. Cisl e Uil non aderiscono. La decisione appare gravissima perché, per la prima volta da quando ha iniziato il suo rapporto artistico con l’opera capitolina, coinvolge una produzione diretta dal maestro Muti. D’altra parte, è sempre alla vigilia degli appuntamenti più attesi che nei teatri si scatenano le offensive e il gioco delle parti si fa più duro, spregiudicato. Nel tentativo di una mediazione in extremis, capace di giungere alla revoca dello sciopero, la direzione del teatro ha convocato i sindacati per questa mattina.
Le acque - agitate da alcune settimane - sembravano essersi calmate dopo l’intervista, pubblicata ieri da Il Messaggero, nella quale il Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray confermava pubblicamente quanto aveva già anticipato nel colloquio avuto con il maestro Muti al termine della sua «lezione» su Ernani riservata agli studenti romani: nessuna volontà di commissariare il teatro, ma «l’intenzione, condivisa con il sindaco Marino e il presidente della Regione Zingaretti, di aspettare l’imminente scadenza naturale del Consiglio di Amministrazione per poi nominare un consiglio composto da personalità competenti che hanno a cuore l’Opera». Era l’annuncio della decisione di non rinnovare l’incarico all’attuale sovrintendente Catello De Martino, voluto dal precedente sindaco Alemanno, e di rinnovare l’intero consiglio, escludendo anche Bruno Vespa, attuale vicepresidente del teatro. Tra Muti e Bray - entambi pugliesi - è scattata in quell’occasione una certa immediata simpatia e il ministro avrebbe suggerito al Maestro di tenersi fuori da ogni polemica, confermandogli la sua ammirazione per «la qualità del lavoro svolto finora e apprezzato in tutto il mondo».
Per quanto riguarda la situazione finanziaria, emerge un debito pregresso di 28 milioni di euro al quale si aggiungerebbero, secondo fonti sindacali, circa 9 milioni di contributi dei lavoratori non versati e 7 milioni di debiti verso i fornitori. Dal Ministero, si precisa che l’ultima relazione inviata dai revisori dei conti è osservata con grande attenzione perché evidenzia delle situazioni critiche su assunzioni, consulenze, compensi erogati. Anche in questi anni, così magri per altri teatri (non tutti, a dire il vero) l’Opera di Roma è stato in grado di spendere molto, anche grazie al contributo di 18 milioni di euro corrisposto dal Comune; una somma che il sindaco Marino giudica impossibile da confermare.
Ma, assieme alla denuncia del «grave ritardo con cui Comune e Regione fanno arrivare il loro contributo già approvato nel bilancio previsionale», è stata l’ipotesi di non pagamento degli stipendi di novembre, dicembre e delle tredicesime, a far decidere lo sciopero all’assemblea dei lavoratori. Poche ore prima, il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, aveva dichiarato: «Come Regione siamo impegnati a superare la situazione folle di un nostro indebitamento di svariati milioni di euro che sta mettendo in crisi il Teatro. Grazie all’accordo con l’Associazione Bancaria Italiana ho già inviato al Sovrintendente il piano dei pagamenti. Inizieremo subito». Tuttavia, neppure questo impegno è parso una garanzia sufficiente: «Non comprendo la decisione - ha commentato il sindaco di Roma, Ignazio Marino -, con danni gravissimi per il Teatro. È evidente a tutti che i tre soci fondatori vogliono procedere al rinnovo della governance del Teatro nel mese di dicembre». Mentre, a tarda sera, dal Ministero e dal Comune si tenta di tessere ancora il filo del dialogo, gongola chi ha assistito alla prova generale.