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 2013  novembre 25 Lunedì calendario

COSA VEDIAMO DAVVERO QUANDO VISITIAMO LA STORIA


Quando si visita la Città Proibita a Pechino, ben poco di quello che si vede è antico. I cinesi non restaurano, demoliscono e rifanno uguale. Nella loro cultura circolare non c’è un inizio, non esiste un originale. Gli oggetti e i palazzi sono costruiti per essere funzionali e quando si degradano bisogna ricostruirli. Questo atteggiamento spiega anche perché i cinesi siano così restii ad accettare le leggi del copyright: le borse di Vuitton esistevano prima che Vuitton le inventasse, e anche per loro non c’è stato un inizio e non ci sarà una fine, quindi chiunque le può rifare.
Gli europei la pensano diversamente. Le rovine delle loro antiche civiltà vanno conservate come sono, fossero anche solo un pezzo di pietra spaccata in due con qualche graffio sopra. L’emozione che si prova a visitare il Colosseo non ci coglierebbe se ne visitassimo una copia. Solo nell’originale si percepisce la sofferenza che ha permeato quell’anfiteatro, e solo camminando sulle stesse pietre possiamo immaginarci Tito e Domiziano lì seduti, a guardare lo spettacolo dei gladiatori. I luoghi e gli oggetti antichi possiedono un’aura che è stata creata dalla loro storia e dal passare del tempo, ed è per questo che ci piace andarli a visitare.
Ma ormai, anche in Europa e in molti altri Paesi, non tutto quello che vediamo corrisponde al vero o a quello che ci fanno credere i dépliant delle agenzie di viaggio. Molti siti archeologici sono stati chiusi a causa dei danni provocati da un eccessivo afflusso di turisti e non è rimasta altra soluzione, per mantenere invariati gli affari, che farne una copia.
Fino a pochi anni fa si poteva ad esempio andare nel Perigord e visitare la grotta di Lascaux, che con i suoi incredibili affreschi è la Cappella Sistina della preistoria. Ma i visitatori mettevano a rischio i disegni e parte della grotta è stata rifatta tale e quale.
Anche quando i reperti sono davvero quelli antichi, non sempre quello che vediamo corrisponde all’originale. Al British Museum sono conservati i frontoni del Partenone, la cui sala è una delle più visitate. La visione d’insieme delle figure intagliate da Fidia nel marmo bianco è ancora impressionante, ma non è più quella che gli ateniesi del 400 a. C. ammiravano.
I fregi erano infatti colorati con pigmenti che sono scomparsi nel tempo e i cui resti sono stati sconsideratamente grattati via negli Anni Trenta.
Sempre in Inghilterra, a Portsmouth, è ormeggiata la HMS Victory, la nave sulla quale Nelson morì nel 1805 mentre sconfiggeva la flotta francese a Trafalgar. Decine di migliaia di persone salgono a bordo ogni anno, per respirare l’atmosfera di quei gloriosi momenti della storia britannica. Ma quello che vedono non è la nave di Nelson: meno del 10 per cento degli ottoni e del legno di quercia che l’ammiraglio e i suoi marinai avevano toccato è sopravvissuto.
Decine di altri importanti reperti storici sono stati ricostruiti, spesso senza rispetto per la loro storia, generando discussioni senza fine. Ma almeno uno è sicuramente migliore dell’originale. Nel refettorio di San Marco Maggiore, a Venezia, c’è l’enorme dipinto delle Nozze di Cana di Veronese, creato per la prospettiva della sala progettata da Palladio. La tela venne razziata dai soldati di Napoleone nel 1797 e quella che si vede ora è una copia realizzata con tecnologie così sofisticate da permettere di replicare persino le pieghe della tela e di ritrovare i colori originali, ricoperti dai rimaneggiamenti del 900. Nel contesto dell’oratorio, la copia ha adesso più aura dell’originale, mestamente collocato al Louvre di fianco ai turisti che sgomitano per la Gioconda, e per vedere solo quella.