Lucia Sgueglia, Io Donna 23/11/2013, 23 novembre 2013
YUE-SAI KAN - “I MIEI TRUCCHI PER EDUCARE LE CINESI ALLA BELLEZZA”
Rosso Cina. Rosso comunismo. Oppure, rosso Yue- Sai: il primo rossetto che le cinesi abbiano conosciuto dopo la Rivoluzione culturale (opera di una donna, la temutissima moglie di Mao), e decenni di uniformità e rigore asessuato. Fu una piccola rivoluzione, la casa di cosmetici a suo nome fondata nel 1992, la rottura di un tabù per quella che Mao chiamava “l’altra metà del cielo”, e ne fece un’icona e un modello di stile per un’intera generazione di donne, col suo inconfondibile caschetto. Yue-Sai Kan, imprenditrice cino-americana, icona fashion e dei media, capostipite delle nuove manager cinesi miliardarie, tra le più ricche e influenti del Paese, ne va fiera senza modestia.
«Mi chiamano Oprah Winfrey d’Oriente, Martha Stewart asiatica, Estée Lauder cinese… Ma io sono di più: un’educatrice» proclama, piluccando frutti di bosco freschi nell’aristocratico Caffé Pushkin di Mosca, avvolta in una stola di lapin rosa. È in Russia per accompagnare Miss Cina al concorso di Miss Universo, il suo ultimo progetto: «In passato le nostre Miss erano imbarazzanti. Ne va dell’immagine del nostro Paese all’estero ». Lei è autrice di 7 guide bestseller che insegnano il bon ton internazionale a gentleman e gentildonne cinesi, sesso incluso. «La bellezza è business, un’arma di soft power quanto il cinema e lo sport» ama ripetere.
Missione impossibile senza l’appoggio del Partito, per lei, 64 anni, nata lo stesso giorno della Repubblica Popolare ma cittadina americana, figlia di genitori emigrati negli Usa negli anni Settanta. «Era il 1984, fu il governo di Pechino a chiedermi di tornare. Voleva usare la tv per educare il popolo e mi offrì uno show sulla tv di Stato, il primo che mostrava il mondo esterno ». Negli Usa, Kan era diventata famosa conducendo un live sulla Cina per la Pbs, un ponte tra Oriente e Occidente. «All’epoca il Paese era chiuso, nessuno entrava, nessuno usciva. Avevo 600 milioni di spettatori a settimana. Una responsabilità enorme. La presi molto sul serio, come una missione» ricorda. Pare sia stato Deng Xiaoping in persona, che aveva avviato la sua era di riforme, ad approvare dall’alto.Quando le chiesero di far partire una sua società, in abile equilibrio tra capitalismo e ortodossia, rilanciò: «Voglio portare colore e bellezza in Cina. Voglio che i cinesi diventino carismatici, dissi all’allora ministro della Cultura».
In albergo passò tutta la prima notte a pulire a fondo la stanza e il bagno con un detersivo speciale che si era portata dagli States. «Era terribilmente sporco, non c’era nulla, solo un locale a Pechino serviva la cena dopo le 8. In strada erano tutti identici, le donne vestite in grigio, blu o nero, gli uomini con la stessa pettinatura, uno shock per me che venivo da New York». Debuttò in tv nel 1988, un anno prima di Tienanmen. Qualcuno la accusò: “È colpa tua”. Altri le rimproverarono di fregarsene in nome del motto del denghismo, “arricchirsi è glorioso”. Era una privilegiata, ammette: «Tutta la Cina sapeva chi ero. Addirittura potevo fare una telefonata diretta, senza passare dal centralino».
Oggi Yue-Sai vive tra Manhattan (una townhouse di 5 piani), Pechino e Shanghai (un appartamento da 3,7 milioni di dollari zeppo di antichità asiatiche). La sua faccia campeggia sui francobolli cinesi. La Cina è un altro mondo. Nel 1997 divorziò, «i colleghi allora si imbarazzavano per me, ora ne parlano in tv». Oggi le donne avanzano nell’élite e nella politica, come la vicepremier Liu Yandong. Ma l’eguaglianza è ancora lontana. Il nuovo modello cinese? «Aspira a essere più internazionale, fare affari all’estero. Ma ha moltissimo da recuperare, deve imparare in fretta». Esistono corsi per sapersi muovere nel jet set mondiale, Yue vi insegna come “Mother of Fashion”: si impara a mangiare con le forchette e conversare in pubblico, cose affatto scontate. La pigrizia è bandita per le aspiranti manager: «Sul biglietto da visita le donne, come gli uomini, scrivono il proprio telefono personale: ci si aspetta che lavorino 24 ore al giorno e non abbiano weekend, né tempo libero».
L’impero cosmetico Yue-Sai è stato acquistato da L’Oréal, il settore è molto promettente. Però, secondo l’imprenditrice, «in Cina manca ancora una cultura della bellezza; negli anni Ottanta l’idea che le donne potessero usare il trucco era impensabile, malvisto, e ancora oggi molte leader non lo fanno. Rischiano di essere criticate». Ma la terza rivoluzione è in agguato, e porta il nome di Peng Liyuan, moglie del presidente Xi Jinping: ex cantante, ha battuto Michelle Obama nella classifica delle first ladies meglio vestite al mondo. Si depila le sopracciglia, usa rossetto, fondotinta e smalto sulle unghie. «Un cambiamento meraviglioso » esulta Yue-Sai. «È glamorous, una boccata d’aria fresca, una sorta di risveglio. Una dichiarazione pubblica, un segnale alle donne leader cinesi: Hey! Potete truccarvi, usare colori accesi, farvi più belle. Avete una personalità, potete scegliere. Sono sicura che cambierà la cultura».