Tommaso Rodano, Il Fatto Quotidiano 23/11/2013, 23 novembre 2013
IL METODO GAUCCI, SOLDI PER SALTARE LA FILA
È noto che gli italiani in fila non ci sanno stare. Ma Luciano Gaucci è andato oltre. Indisciplinati, prevaricatori e cafoni, da oggi, hanno un nuovo eroe. L’ex patron del Perugia non si è accontentato di saltare il suo turno o fregare il suo vicino. Ha fatto di più: ha provato a pagare per saltare la coda. La scena la raccontano le pagine romane di Repubblica , in un articolo di Francesco Salvatore. La scena è di tre anni fa. Il luogo è l’ufficio immigrazione della questura di Roma. Zona Tor Cervara, periferia est. Gaucci arriva accompagnato dalla moglie di Santo Domingo e dall’autista. Tra lui e la pratica da sbrigare c’è una folla sterminata: una prima lunga coda solo per arrivare alla macchinetta che distribuisce i numeri d’attesa. Poi diversi rivoli di persone incolonnate fino agli sportelli. È la consueta bolgia dell’ufficio di via Patini: ogni giorno transitano circa 700 persone. Quasi tutti stranieri, per la quotidiana battaglia con documenti e permessi. Gaucci in coda non ci si mette nemmeno. Il suo tempo, evidentemente, è più prezioso di quello degli altri. Poi, il colpo di genio: alza un braccio e fa un cenno a uno dei militari che presidiano le file. Da lontano gli mostra un paio di banconote da cinquanta euro. Quando l’ufficiale lo raggiunge, gliene mette in mano una, convinto che sia sufficiente per avere una corsia preferenziale. Cinquanta euro per il disturbo . La versione da ricchi della fila all’italiana. E invece il giovane caporale, Ciro Nazario, rifiuta la micro mazzetta e denuncia l’improbabile tentativo di corruzione.
UN EPISODIOclamoroso che racconta la difficoltà fisica, genetica, per l’italiano medio(basso) di affrontare un’attesa civile e disciplinata. Qualche mese fa, ancora a Roma, un uomo comincia a strillare nella sala d’attesa del medico di base: “Sono il segretario del senatore Gramazio, non posso aspettare, portatemi la mia prescrizione”. Inutili le proteste degli altri pazienti: l’uomo se ne va dall’ambulatorio senza attendere il suo turno, a missione compiuta.
C’è anche chi salta la fila per ragioni meno venali, quasi nobili. Il ministro Dario Franceschini, per esempio. Durante l’ultimo salone del libro di Torino ha un’urgenza: stringere la mano a Roberto Saviano. Poco importa che ci siano persone in fila da ore per un saluto o una dedica: Franceschini supera tutti e in pochi secondi va a rendere omaggio allo scrittore napoletano. Qualcun altro ha trasformato l’arte di saltare la coda in un mestiere, o almeno una fonte di reddito. A Napoli quattro persone sono state denunciate perché raccoglievano gli scontrini numerati per la fila e li vendevano al migliore offerente. A Firenze, l’estate scorso, il Comune ha messo in vendita ticket “salta-coda” per invogliare i turisti a visitare gli Uffizi anche nelle ore più torride, evitando attese interminabili con un piccolo sovrapprezzo. Peccato che un gruppo di “bagarini” abbia iniziato a ridistribuire gli stessi biglietti a prezzi triplicati. Saltare la fila non è solo un costume, a volte è un’istituzione intoccabile. Roma, stazione Termini, fermata dei taxi: uno più furbo degli altri viene avanti “in seconda fila” per soffiare i clienti alle macchine in attesa. Un suo collega glielo fa notare. Finisce malmenato davanti ai turisti.