Marianna Venturini, Lettera43 25/11/2013, 25 novembre 2013
GOOGLE TAX, LA BATTAGLIA DI ANDREA PEZZI
La Google Tax ha trovato il suo paladino in Andrea Pezzi. La norma che stabilisce che servizi e prodotti online possano essere acquistati in Italia solo da soggetti con una partita Iva italiana è stata «adottata» dall’ex conduttore di Mtv, che ne sta facendo una battaglia quasi personale.
Dopo essere stato veejay e produttore, nella sua seconda vita Pezzi ha lanciato Ovo, una videoenciclopedia che ha attraversato fortune alterne e che, dopo una partenza in grande stile, è stata messa in liquidazione con 5 milioni di euro di debiti e nel 2010 ha cambiato assetto.
Dall’esperienza con il web, Pezzi ha preso spunto per difendere le ragioni della Google Tax o Web Tax.
È soprattutto dal suo profilo Twitter che l’imprenditore 40enne porta avanti la sua crociata. «Diffondere la verità sulla Web Tax. L’Italia può cambiare!», ha scritto fino a sfinire i suoi follower. E ogni occasione è buona per ricordare la sua sfida contro le multinazionali digitali.
Così, con un tuffio carpiato si è trovato a passare da socio di Finivest e Marcello Dell’Utri a camminare accanto a Francesco Boccia, esponente democratico presidente della commissione Bilancio della Camera, ma soprattutto primo firmatario dell’emendamento a Montecitorio alla legge di Stabilità.
«Da liberale odio le tasse e sono convinto che la pressione fiscale in Italia sia troppo alta», dice Pezzi a Lettera43.it. Tuttavia questa web tax che crea «un sistema vantaggioso per tutti i player» sembra averlo convinto.
A dire il vero, Pezzi conosce Boccia da anni, già dai tempi degli appuntamenti estivi di VeDrò, il think tank lettiano. «Boccia si sta facendo garante di un problema serio», continua l’ex vj che ormai non perde occasione per sostenere la battaglia del piddino.
A rafforzare il legame tra i due ci ha pensato poi Anica, l’influente associazione cinematografica confindustriale che i due hanno cominciato a frequentare per conquistare nuovi sostenitori della Web tax e, nel caso di Pezzi, per trovare qualche potenziale finanziatore di Ovo.
Quale sia per Pezzi il motivo di tanta convinzione è presto detto. «Sostengo questo emendamento perché conosco bene il mercato i cui si muovono i partner digitali», afferma sicuro. Per l’imprenditore, però, il grosso limite di internet è rappresentato dalla mancanza di frontiere per la pubblicità: «Ci sono piattaforme che guadagnano dall’Italia senza lasciare traccia. Se non verranno adottate delle leggi, sarà il far west».
Eppure il dubbio è che lo stesso Pezzi possa trarre giovamento da questa modifica: potrebbe infatti lanciare un nuovo servizio sulla scia di Ovo e capitalizzare i cambiamenti provocati dalla nuova legislazione.
«Se passa la legge io perderò dei soldi perché mi penalizza», mette le mani avanti. «La mia azienda lavora in Italia, Gran Bretagna e Germania ma pago le tasse qui. Se dovessi pensare solo ai miei interessi personali direi che sarebbe meglio evitare questo balzello».
Dunque la sua è una battaglia del tutto disinteressata? «Se le multinazionali digitali continuano a comportarsi così, in molti resteranno senza lavoro perché i colossi hi-tech porteranno altrove i ricavi realizzati nel nostro Paese». E guai a chi prova a criticare il testo presentato da Boccia: «O è ignorante oppure è in malafede». Più che di giustizia fiscale, Pezzi preferisce parlare di una «soluzione per limitare l’emorragia digitale» che riguarda l’acquisto di pubblicità.
I numeri del mercato parlano chiaro: solo fino a due anni fa i ricavi si aggiravano intorno agli 8 miliardi di euro, mentre adesso sono calati a 6,4 miliardi. «Se non facciamo niente», mette in guardia, «altri capitali fuggiranno».
Con una certa lungimiranza Pezzi guarda già oltre i provvedimenti del parlamento italiano. «Comunque vada a finire, l’Unione europea ha previsto che nel 2015 entri in vigore una legge per cui le aziende dovranno pagare le tasse dove producono».
Insomma dove non riusciranno a spuntarla il duo Boccia-Pezzi ci penserà Bruxelles.