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 2013  novembre 23 Sabato calendario

GENOVA LABORATORIO DEL «GRILLISMO» FASE DUE E ANCHE DI RENZI LEADER


Genova sta diventando suo malgrado un paradigma, o meglio il laboratorio dell’Italia di domani: quando fra qualche settimana il Partito Democratico di Renzi dovrà mettere in atto le sue buone intenzioni e confrontarsi con le pulsioni sociali che si sprigionano dal profondo di un paese lacerato. Renzi che trova troppo timide e malcerte le privatizzazioni del governo Letta; Renzi che vorrebbe fare "una battaglia culturale" sulla riforma della giustizia, contro le scorciatoie del giustizialismo. Genova è un segnale d’allarme anche per lui, l’imminente leader di un Pd che ha l’ambizione di presentarsi come "nuovo" agli occhi degli italiani, in antitesi con il vecchio modo di far politica.
Ebbene, nel capoluogo ligure stanno accadendo cose singolari. C’è un sindaco, Doria, in origine molto vicino alle posizioni di Vendola e oggi impegnato in un piano di sostanziale privatizzazione del trasporto urbano che ha scatenato la rivolta degli addetti e il blocco della città. C’è un sindacato autonomo, la Faisa/Cisal, che non si capisce bene se guidi la massa degli scioperanti o ne sia trascinato, ma il cui leader prevede che la scintilla appiccherà il fuoco a tutta Italia. Ci sono le inquietudini legate al piano di cessione di una percentuale rilevante di Fincantieri e ai problemi del porto. E naturalmente c’è Beppe Grillo che non si è lasciato sfuggire l’occasione per tornare in piazza.
Gli attori in scena sono questi. La destra non ha alcuna parte nello psicodramma, sia nella versione Berlusconi sia in quella filo-governativa di Alfano. Il Pd sostiene il sindaco, ma la sua voce fatica a sovrastare le urla dei cortei, in tutti i sensi. Ieri si è fatto vedere Bersani in un teatro cittadino per sostenere Cuperlo, lo sfidante di Renzi. Anche questa è una fotografia che racconta qualcosa della sinistra italiana oggi. Perché in piazza scorrazza solo Grillo e tenta di scatenare una delle città simbolo delle amministrazioni "rosse" contro il governo centrale, contro i privati, contro qualsiasi progetto di risanamento economico. In fondo, l’occupazione partitica delle aziende municipali è una tipica battaglia anti-casta e il sindaco Doria meriterebbe solo per questo un minimo di rispetto. Ma non è così. Per i Cinque Stelle il consenso immediato della folla equivale al richiamo della foresta.
Del resto Grillo è molto bravo a mescolare i piani. Lui, l’arcinemico della casta, a Genova si batte contro la privatizzazione dei trasporti: e chissà cosa farebbe a Roma, dove l’Atac perde un miliardo e seicento milioni di euro. In ogni caso si tratta dello stesso personaggio che dice di battersi contro l’immigrazione clandestina e che ha sconfessato i suoi parlamentari troppo solidali con i naufraghi di Lampedusa. Temi di destra e di sinistra si confondono alla rinfusa nel suo messaggio e alla fine il "grillismo" è questa miscela di ribellismo e intolleranza che trova nel leader il suo unico e vero cemento.
Nei fatti Grillo sta aprendo a Genova la campagna elettorale per le europee. Il passo successivo sarà riscoprire ed esaltare tutti i temi anti-moneta unica e contro i sacrifici per arginare il debito pubblico. C’è un 25 per cento da confermare ed è chiaro che l’uomo non vi rinuncia. Spetta a Renzi trovare delle contromisure che accreditino il Pd come forza liberale di governo, capace di non inseguire il consenso, senza scadere nel generico moderatismo e senza azzoppare il governo in carica. Vasto programma e una strada in salita.