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 2013  novembre 23 Sabato calendario

MICAELA RAMAZZOTTI “DA QUANDO SONO MAMMA RECITO MEGLIO”


Di madri ne ha interpretate tante: svaporate, solide, in cerca di se stesse, vecchio stile. Nella vita Micaela Ramazzotti è una mamma per vocazione. «È la cosa che mi viene più naturale, la maternità mi ha cambiato la vita, mi ha migliorato. Come persona e come attrice, ha aiutato la mia creatività. Non ero una donna multitasking, adesso faccio cento cose contemporaneamente e mi sembra normale». Il sorriso disarmante, la sicurezza di chi ha dimostrato di essere una vera attrice, al cinema la Ramazzotti ha esplorato la femminilità «che è una cosa complessa. È vero, mi è capitato tante volte di fare la madre: in Una questione di cuore della Archibugi, nel film di Paolo (Virzì, il marito, n.d.r) La prima cosa bella, in Anni felici di Daniele Luchetti».

«Pupi Avati mi ha chiesto di interpretare la madre nella serie di RaiUno Un matrimonio, la storia dei suoi genitori, un amore durato 60 anni. Molte donne si realizzano nella maternità, io sapevo fin da piccola che sarei stata felice costruendo una famiglia, crescendo i figli ». A 34 anni parla di se stessa con pudore, la cadenza romana ingentilita dall’inflessione toscana. «Paolo è un padre eccezionale e io dico sempre che è un po’ mamma anche lui. Ha una figlia grande Ottavia, e i due piccoli, Jacopo e Anna, tre personalità diverse: è bello come i figli sviluppino il proprio carattere, sei tu che devi adeguarti. Oggi lo posso dire, la maternità mi ha reso più sicura anche nel mio mestiere, mi ha aiutato a tirare fuori una parte di me che non conoscevo. So che posso fare tutto, ed è come se la felicità e il dolore fossero amplificati: i figli ti cambiano per sempre. Le donne lo sanno». Anna urla, richiama la sua attenzione. «La devo allattare. È strano, no? Vorresti vivere in una nuvola di borotalco e non staccarti mai da loro, e nello stesso tempo dimostrare a te stessa che puoi fare tutto, tenere tutto insieme. Una vita da acrobate».
Le donne che ha interpretato erano, secondo i critici, «disperatamente vitali». «La fragilità fa parte dell’essere umano, nelle donne convivono la tenacia e l’insicurezza. Credo sia il nostro bello». A 34 anni è diventata saggia? Sorride. «Se penso a com’ero da ragazzina. Una ribelle. Ma negli anni in cui ti trasformi, in cui cerchi te stesso, due cose ce l’avevo chiare: volevo recitare e diventare mamma. Ho cominciato a guadagnare i primi soldi a tredici anni con i fotoromanzi, li giravano a Casalpalocco, dove abitavo io. Una zona residenziale alla periferia di Roma: ville e palazzoni. Ecco, io non ero quella da villa con piscina. Il mio west era fatto dal baretto e le corse al mare a Ostia con gli amici». La ragazza bionda col fisico da pin up che faceva piccoli ruoli, è diventata il volto del cinema d’autore. «È successo tutto in pochi anni. Dovendo riassumere: sono sposata da cinque anni, ho due bambini piccoli ho fatto un sacco di film e un sacco di traslochi. A ridosso di un film importante o rimango incinta o c’è qualcosa che complica e condisce. Prima di Anni felici di Luchetti ho scoperto di essere incinta. Ero felicissima, ho girato il film con mia figlia nella pancia e mi sentivo fortissima. Poi ho girato l’Italia per promuoverlo con lei, sono riuscita a organizzarmi nelle situazioni più incredibili. Prima non era così, facevo le cose una per volta. Oggi sono multitasking: arrivano i figli e diventi più veloce, più performante».
Sul rapporto coi figli riflette spesso «perché ho capito che cambia: col primo figlio ero ansiosissima, oggi no. Mi sento di essere una madre sia tradizionale che accogliente ma sono per l’indipendenza, avendo una figlia femmina mi piacerebbe trasmetterle l’importanza di essere autonoma economicamente. Da ragazzina ci tenevo tantissimo: ho iniziato a lavorare mentre andavo a scuola. Le donne fanno più fatica, devono combattere in tutte le professioni. Ma la battaglia più importante è imporsi potendo rimanere se stesse, senza farsi schiacciare dai modelli».
Lei ci è riuscita. «Questa è una società strana, dove tutti dobbiamo avere un ruolo. Ma chi l’ha detto? Le donne sanno essere materne e anche tanti uomini hanno questo dono. Ho sempre pensato che non abbia senso distinguere famiglie, esseri umani, uomini, donne, gay… Ha visto I ragazzi stanno bene con Julianne Moore e Annette Bening? Io il bene che ho visto in quel film con due donne lesbiche che crescono i figli non l’ho visto in tanti film con un padre e una madre tradizionale». I registi le hanno tirato fuori tutte le sfumature: Verdone in Posti in piedi in paradiso l’ha trasformata «in una sciroccata», nel Cuore grande delle ragazze per Avati è una giovane donna che sogna il matrimonio. «Il registro cambia sempre, ma poi sono tornata a fare i ruoli di mamma, madri molto diverse tra loro» spiega la Ramazzotti «a noi donne viene sempre chiesto di dimostrare qualcosa, al lavoro e nella vita. Per prima cosa dobbiamo dimostrare di non essere sceme: perché i maschi no? Mistero. Anni felici mi ha fatto scoprire gli anni 70, un periodo in cui c’era la fioritura della donna e la consapevolezza del proprio corpo, dell’unicità. Le donne erano tutte molto diverse in quegli anni: chi riccia, chi coi capelli lisci, chi culona chi magrissima ma tutte bellissime, fiere del proprio corpo. Ora si spogliano solo le belle e le magre, è una dittatura che non dobbiamo permettere ».
Ma la sfida più grande è restituire la libertà ai figli. «Ai miei genitori non posso rimproverare niente. Mi hanno dato fiducia perché hanno capito che il cinema era la mia passione: arrivavo in anticipo ai provini, ero un soldato. Non sono mai stata capricciosa. Oggi educare i figli è un’impresa: sarà perché lavoriamo, sarà perché sono al centro dell’attenzione, sono loro a dettare le regole. Comandano, diventano i piccoli imperatori della casa. È buffo, no? Una volta poteva volare anche uno schiaffo, oggi studiamo sui libri per capire come comportarci e non è detto che non faremo errori».