Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 23 Sabato calendario

MAI PENSATO DI PRIVATIZZARE MA COSÌ SI RISCHIA LA BANCAROTTA


[Marco Doria]

Quattro giorni senza bus, la città paralizzata dai cortei, un sindaco sotto assedio: Genova ha vissuto momenti di tensione per lo sciopero selvaggio dei dipendenti dell’Amt, ieri la svolta con la bozza di accordo. Marco Doria, il primo cittadino che fino a poco tempo era ai primi posti nelle classifiche di gradimento dei sindaci italiani, è diventato il destinatario di cori di insulti e di pesanti aggressioni verbali, ma rivendica la sua coerenza.
Come è stato possibile arrivare ad uno scontro così duro?
«Si sono sovrapposte due questioni, una vera, la necessità di far raggiungere l’equilibrio ai conti aziendali nel 2014, pena il rischio del fallimento, e una falsa, l’idea che il Comune intenda vendere ai privati l’azienda, mentre abbiamo detto chiaramente che Amt resterà pubblica».
Ma i lavoratori non le hanno creduto.
«I lavoratori si devono basare sui fatti, non si compiono atti per la vendita e nessuno ha mai detto che l’avremmo fatto».
Perché si è diffusa allora questa falsa convinzione in città tanto che i lavoratori Amt hanno continuato a scioperare e a loro sono uniti anche quelli di Aster e Amiu, le società delle manutenzioni e dei rifiuti, anche loro preoccupati dall’ipotesi di essere venduti ai privati?
«Questo va chiesto a chi ha messo in giro, e non sono stato io, l’idea che fosse stato deciso di privatizzare Amt».
E chi è stato?
«Non lo deve chiedere a me».
Ai lavoratori sono stati chiesti sacrifici, il Comune è in grado di garantire lo stesso contributo del 2013, vale a dire 30 milioni di euro?
«Il Comune secondo me è in larga misura obbligato a farlo, visto che già nel 2013 il contributo del Comune è stato fondamentale per mantenere in equilibrio l’azienda assieme al contributo importante dei lavoratori. Noi dobbiamo mantenerla in equilibrio, non possiamo farla fallire, perché questa azienda deve vivere, per tutto il 2014 resterà pubblica e deve arrivare in salute alle gare che dal 2015 riorganizzeranno il trasporto di tutta la regione».
Fino a poche settimane fa Lei questa garanzia non era in grado di darla, cosa è cambiato?
«C’è stata la legge regionale sul trasporto pubblico che ha disegnato nuove prospettive e che ci permette di ragionare in un’ottica diversa. Ciò non toglie che esista un’emergenza italiana per quanto riguarda il trasporto pubblico locale. Il settore deve ricevere risorse adeguate a livello nazionale».
In questi giorni Lei è stato contestato anche molto duramente, diventando l’obiettivo di tutte le proteste, Genova sembrava quasi la Grecia delle contestazioni contro i tagli, come sta vivendo questa situazione?
«Io non mi sottraggo mai al confronto e mi espongo di persona e anche in situazioni nelle quali è difficile confrontarsi, poi sbaglia chi pensa che il sindaco possa essere al di sopra della legge e possa fare tutto quello di bello che la gente si aspetta, o ancora che il sindaco possa erogare denari del Comune che non ci sono, io per questioni di serietà non posso farlo».
Venerdì avete tenuto un consiglio comunale a porte chiuse per riuscire a discutere la delibera contestata dai lavoratori. Non è una sconfitta della democrazia?
«La sconfitta della democrazia c’era stata già prima, martedì, quando il consiglio comunale era stato interrotto da un atto di violenza, quando l’aula è stata invasa e le urla e le proteste non hanno permesso lo svolgimento della seduta. La decisione di tenere il consiglio a porte chiuse ha permesso di ristabilire l’esercizio della democrazia».
Non le è venuta la tentazione di dimettersi?
«Io ritengo che un sindaco debba dimettersi nel momento in cui non ha più una maggioranza che lo sostiene e se si verificasse questa situazione lo farei immediatamente, ma credo anche che in questo caso Amt non si troverebbe in una situazione migliore e un commissario di governo probabilmente non darebbe ai lavoratori tutto l’ascolto che ho dato io. Poi ritengo che il piano personale, che pure esiste, in questa situazione passi in secondo piano rispetto al senso di responsabilità nei confronti della città».