Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 23 Sabato calendario

GLI ESTETISTI DENUNCIANO LE CRITICHE DA PAPERINO


Che fare la fine di Paperino non sia il massimo della vita, in termini di successo e amor proprio, già lo sapevamo. Ma non saremmo mai arrivati a pensare che la reiterata minaccia di zio Paperone, quella di far finire il goffo nipote «impeciato e impiumato» potesse costituire una minaccia talmente seria da procurare un avviso di garanzia.
Invece questo è capitato a una giornalista «disoccupata e senza sussidi da tempo», peraltro brillantemente reinventatasi come autrice e traduttrice. Rea, si fa per dire, di avere commentato con il suo consueto vigore polemico (mai privo di senso dell’umorismo) un post su Facebook, il social network da cui ormai non si scappa - nel vero senso della parola.
Marina Morpurgo è stata caporedattore di Diario e giornalista all’Unità. Ha le sue idee, come tutti noi. Difficile, peraltro, non condividere la sua reazione di qualche tempo fa a un banner pubblicitario che reclamizzava un corso per estetiste, e per farlo mostrava la foto di una bambina - sette, otto anni, non di più - che, pur se già abbondantemente imbellettata, sta per darsi un’ulteriore spalmata di rossetto e ammicca lanciando il suo messaggio: «Farò l’estetista. Ho sempre avuto le idee chiare». Morpurgo commentò quella foto rifacendosi implicitamente ma inequivocabilmente a Paperino: «Chi concepisce un manifesto simile andrebbe impeciato e impiumato… i vostri banner sono semplicemente raggelanti. Complimenti per la rappresentazione della donna. Negli anni Cinquanta vi hanno ibernato e poi svegliati?».
Tanto è bastato perché la scuola di estetica in quel di Foggia si rivolgesse a un pubblico ministero (donna) che, concluse le indagini preliminari (sic!) ha deciso di inviarle una notifica di rinvio a giudizio, puntualmente approdata in quel di Milano. Morpurgo è un po’ preoccupata, ma soprattutto basita: in venti anni da inviata, in cronaca nera compresa, non aveva mai avuto a che fare con la giustizia. Ci sono voluti Paperino e l’estetista.
Mentre lei prepara la sua memoria difensiva, il caso domina sul social network da cui tutto è partito: moltissimi sono con lei, qualcuno dissente.
Al di là della questione specifica e della stranezza del caso - Morpurgo non ha infamato la scuola, ha semplicemente preso di mira una discutibile campagna pubblicitaria -, questa quasi surreale vicenda chiama in causa due questioni non da poco. Una è la raffigurazione della donna, dove sono ancora lecite derive raccapriccianti (chissà se il raccapriccio vale come diffamazione) come quelle di truccare e fare ammiccare delle bambine. E poi c’è la questione del diritto di parola, del suo valore assoluto e di quello che ha in rete, dove peraltro si leggono cose ben più gravi, pesanti e offensive di quelle scritte da Marina Morpurgo.
loewenthal@tin.it