Elena Loewenthal, La Stampa 23/11/2013, 23 novembre 2013
GLI ESTETISTI DENUNCIANO LE CRITICHE DA PAPERINO
Che fare la fine di Paperino non sia il massimo della vita, in termini di successo e amor proprio, già lo sapevamo. Ma non saremmo mai arrivati a pensare che la reiterata minaccia di zio Paperone, quella di far finire il goffo nipote «impeciato e impiumato» potesse costituire una minaccia talmente seria da procurare un avviso di garanzia.
Invece questo è capitato a una giornalista «disoccupata e senza sussidi da tempo», peraltro brillantemente reinventatasi come autrice e traduttrice. Rea, si fa per dire, di avere commentato con il suo consueto vigore polemico (mai privo di senso dell’umorismo) un post su Facebook, il social network da cui ormai non si scappa - nel vero senso della parola.
Marina Morpurgo è stata caporedattore di Diario e giornalista all’Unità. Ha le sue idee, come tutti noi. Difficile, peraltro, non condividere la sua reazione di qualche tempo fa a un banner pubblicitario che reclamizzava un corso per estetiste, e per farlo mostrava la foto di una bambina - sette, otto anni, non di più - che, pur se già abbondantemente imbellettata, sta per darsi un’ulteriore spalmata di rossetto e ammicca lanciando il suo messaggio: «Farò l’estetista. Ho sempre avuto le idee chiare». Morpurgo commentò quella foto rifacendosi implicitamente ma inequivocabilmente a Paperino: «Chi concepisce un manifesto simile andrebbe impeciato e impiumato… i vostri banner sono semplicemente raggelanti. Complimenti per la rappresentazione della donna. Negli anni Cinquanta vi hanno ibernato e poi svegliati?».
Tanto è bastato perché la scuola di estetica in quel di Foggia si rivolgesse a un pubblico ministero (donna) che, concluse le indagini preliminari (sic!) ha deciso di inviarle una notifica di rinvio a giudizio, puntualmente approdata in quel di Milano. Morpurgo è un po’ preoccupata, ma soprattutto basita: in venti anni da inviata, in cronaca nera compresa, non aveva mai avuto a che fare con la giustizia. Ci sono voluti Paperino e l’estetista.
Mentre lei prepara la sua memoria difensiva, il caso domina sul social network da cui tutto è partito: moltissimi sono con lei, qualcuno dissente.
Al di là della questione specifica e della stranezza del caso - Morpurgo non ha infamato la scuola, ha semplicemente preso di mira una discutibile campagna pubblicitaria -, questa quasi surreale vicenda chiama in causa due questioni non da poco. Una è la raffigurazione della donna, dove sono ancora lecite derive raccapriccianti (chissà se il raccapriccio vale come diffamazione) come quelle di truccare e fare ammiccare delle bambine. E poi c’è la questione del diritto di parola, del suo valore assoluto e di quello che ha in rete, dove peraltro si leggono cose ben più gravi, pesanti e offensive di quelle scritte da Marina Morpurgo.
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