Fabio Martini, La Stampa 23/11/2013, 23 novembre 2013
LEGGE ELETTORALE, LA CONSULTA VERSO UN VERDETTO IN DUE TEMPI
La melina sulla riforma elettorale che da otto anni vede accomunati i principali partiti sta per essere «turbata» da due grosse novità. La prima riguarda la pronuncia della Corte Costituzionale, prevista per il 3 dicembre, sulla legittimità costituzionale del «Porcellum»: l’orientamento che starebbe emergendo nelle consultazioni preliminari tra i giudici sarebbe quello di un pronunciamento in due tempi. In prima istanza la Consulta risolverebbe in senso positivo la questione (estremamente controversa) dell’ammissibilità dell’ordinanza a suo tempo inoltrata dalla Corte di Cassazione, ma senza entrare nel merito. In altre parole la Consulta si riserverebbe di decidere sulla costituzionalità delle norme contestate in un secondo tempo e soltanto nel caso in cui il Parlamento nel frattempo non sia in grado di approdare finalmente ad una riforma. In altre parole la decisione in due tempi consentirebbe ai riottosi partiti un ultimo appello - non più di tre mesi - prima che la Consulta intervenga con una sentenza di merito.
La seconda novità che potrebbe togliere la riforma elettorale dal pantano è il piglio col quale da alcuni giorni Matteo Renzi ha deciso di affrontare la questione, superando l’atteggiamento declamatorio del Pd che negli ultimi anni si è prodotto in scandalizzate proteste e in inconcludenti proposte. Renzi mette la legge elettorale al primo posto dell’agenda della maggioranza per convinzione e per interesse personale: il segretario in pectore del Pd si rende conto che la vocazione proporzionalistica che serpeggia in ambienti del Pd e del governo sarebbe destinata a prolungare anche nella prossima legislatura la stagione delle «grandi intese», azzerando così l’ambizione personale del sindaco e la vocazione maggioritaria del suo partito. Un piglio, quello renziano, che senza mai chiamare in causa il Capo dello Stato, è destinato ad entrare in collisione con un approccio della Consulta che qualcuno sospetta di essere sensibile più alla stabilità politica che al merito delle questioni sollevate.
Il primo crocevia è collocato sul colle del Quirinale, là dove si trova il palazzo che ospita la Corte Costituzionale, a pochi metri da quello della Presidenza della Repubblica. La Consulta è chiamata a pronunciarsi sul «Porcellum», per effetto della iniziativa di 27 cittadini che nel 2009 citarono in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il ministro dell’Interno, lamentando che nelle elezioni del 2006 e del 2008 non avevano potuto esercitare il loro diritto di voto secondo le prescrizioni costituzionali. Ricorso avallato dalla Cassazione. Un accesso alla Consulta che non ha precedenti e che ha diviso i costituzionalisti. Con due scuole di pensiero. Quella espressa, tra gli altri, da Andrea Morrone, per il quale «l’ordinanza difetta dei requisiti minimi che, secondo la giurisprudenza costituzionale e la dottrina maggioritaria, dovrebbero permetterne l’ingresso al vaglio della Corte». Di parere opposto, tra gli altri, Federico Sorrentino, per il quale «pare incredibile che la maggior parte dei costituzionalisti si sia affrettata a discutere, più che il merito, l’ammissibilità, quasi a voler contenere l’efficacia dirompente della pronuncia della Cassazione». E se la palla tornasse in Parlamento? Ieri Renzi ha messo a segno un punto importante: proponendo un Mattarellum riveduto (il 25% dei seggi, anziché distribuiti proporzionalmente, trasformati in tutto o in parte in premio di maggioranza) ha trovato l’assenso del suo sfidante, Gianni Cuperlo.