Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 23 Sabato calendario

LA CAPORETTO DEI TRASPORTI LOCALI “FALLIMENTARI 4 AZIENDE SU 10”


A Genova i lavoratori dell’Amt da 4 giorni tengono in scacco la città, bloccando i mezzi in deposito per protestare contro il rischio di privatizzazione dall’azienda di trasporto locale. A Roma prendere un bus è diventato come vincere al lotto perché i dipendenti dell’Atac dopo la parentopoli aziendale sentono puzza di licenziamenti e bloccano i mezzi a singhiozzo, senza preavviso. Ma da Nord a Sud è tutto il trasporto pubblico locale ad essere sull’orlo di una crisi di nervi. «Oltre il 40% delle 1150 aziende locali di trasporto è tecnicamente fallita e con indebitamenti record», ammette il sottosegretario ai trasporti, Erasmo De Sanctis. Che intanto convoca le parti per rinnovare il contratto di lavoro, fermo da 6 anni e annuncia l’arrivo con la legge di stabilità di 300 milioni per rinnovare un parco mezzi del giurassico, con un’età media di 12 anni contro i 7 del resto d’Europa. E questo significa più costi di manutenzione.
Per spiegare il crac del sistema «Tlp» l’Asstra, l’associazione che raccoglie le aziende di trasporto pubblico locale, punta però l’indice prima di tutto sul taglio dei trasferimenti statali di 700 milioni. Dal 2010 ad oggi un 13% in meno di risorse al quale si è cercato di riparare con la legge di stabilità dello scorso anno, che ha istituito il Fondo nazionale per il trasporto mettendoci dentro 4,6 miliardi. Che non sono i 6,4 del 2010 ma che almeno qualche certezza la danno perché prima i finanziamenti dipendevano dal gettito variabile delle compartecipazioni regionali alle accise sulla benzina.
Ma come hanno reagito ai tagli la maggior parte dei manager, tutti rigorosamente di nomina politica? Continuando ad assumere ed elargendo premi ad personam. Ma soprattutto hanno aumentato biglietti ed abbonamenti a fronte di servizi sempre più scadenti e inquinanti, visto che la metà dei mezzi e fuori norma Ue per emissioni. In quasi tutte le grandi città, da Torino a Milano, da Roma a Genova il prezzo della corsa è salito del 50%, passando da un euro a un euro e 50. Il prezzo degli abbonamenti, informa l’Asstra, è lievitato meno, dell’8% circa. Anche se c’è da dire che il costo di un annuale da noi va dai 250 euro di Roma ai 310 di Torino, passando per i 300 di Milano, mentre a Londra vola a 1.428 euro, a Berlino a 710 a Parigi a 680. Ma sono città dove l’auto puoi lasciarla tranquillamente in garage mentre da noi tra corse che saltano, mezzi che si bloccano, metropolitane incompiute l’auto continua a farla da padrona per 8 italiani su dieci e dal 2008 è pure iniziata la fuga dai mezzi pubblici, con il numero di passeggeri per ogni chilometro percorso scesi da 128,3 a 103,7. E tra quelli che l’autobus lo prendono ancora abbondano i portoghesi, se è vero quello che denuncia l’Asstra, ossia che un passeggero su 5 non paga. Il dissesto generale lo pagano però i contribuenti tutti quando il governo vara qualche decreto per turare le falle. E’ successo recentemente con il «Salva Napoli», si ripeterà di nuovo con il «Salva Roma». Certo, ci sono anche aziende che hanno chiuso il 2012 in leggero attivo, come l’Amt a Milano, la Gtt a Torino o l’Ataf a Firenze. Ma solo per l’Atac di Roma si parla di 1,6 miliardi di buco e i bilanci in rosso qui come all’Anm e alla Leav di Napoli o all’Amat di Palermo sono andati a braccetto con gestioni chiacchierate e assunzioni facili. E il privato? Nonostante i tagli se la cava, ma rappresenta solo il 15% del mercato. E sarà così finché i Comuni che gestiscono le aziende di trasporto pubblico saranno gli stessi che fanno i bandi di gara. Magari con il pensiero a qualche infornata di assunzioni.