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 2013  novembre 24 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - L’ACCORDO PER PERMETTERE ALL’IRAN L’ARRICCHIMENTO DELL’URANIO


GINEVRA - Un accordo è stato raggiunto a Ginevra tra le potenze del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) e l’Iran. Lo ha annunciato a notte fonda, dopo quattro giorni di colloqui, il portavoce del capo della diplomazia Ue Catherine Ashton. La rappresentante della Ue ha confermato che si tratta di un’intesa limitata nel tempo e che permetterebbe la prosecuzione dei colloqui per una soluzione definitiva del conflitto che si era creato tra il regime di Teheran e le potenze occidentali.
L’Alto rappresentante dell’Ue ha poi formalmente annunciato il raggiungimento dell’intesa sul nucleare iraniano, in presenza del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e dei ministri delle potenze del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Regno unito, più Germania).
Un accordo salutato con soddisfazione ovunque, tranne che in Israele che ha voluto invece ribadire il suo scetticismo e la sua ostilità verso la Repubblica Islamica. "Il mondo è più pericoloso - ha detto il premier israeliano Netanyahu - perchè il regime più pericoloso ha compiuto un passo significativo in avanti verso l’arma più pericolosa". Secondo il premier, in cambio dell’allentamento delle sanzioni, l’Iran si è impegnato a "rinunce di carattere cosmetico, che possono essere annullate in alcune settimane".
Israele non si sente vincolato da questo accordo le cui ripercussioni, ha affermato Netanyahu, "rappresentano una minaccia" per il suo Paese. "Voglio chiarire: noi ci difenderemo, non consentiremo all’Iran di sviluppare una capacità nucleare militare".
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Anche Obama, dalla Casa Bianca, ha confermato l’intesa, definendola una prima tappa importante che rende il mondo più sicuro. "Ma c’è ancora molto da lavorare". In base ai termini dell’accordo di Ginevra, l’Iran si è impegnato a interrompere l’arricchimento dell’uranio sopra il 5%, a non aggiungere altre centrifughe e a neutralizzare le sue riserve di uranio arricchito a quasi il 20%, mentre le maggiori potenze non imporranno per i prossimi sei mesi sanzioni a Teheran.
In un tweet lanciato dopo l’annuncio dell’intesa di Ginevra sul nucleare, il presidente iraniano Hassan Rohani ha affermato che "il voto del popolo iraniano per la moderazione e l’impegno costruttivo e gli instancabili sforzi da parte dei team negoziali apriranno nuovi orizzonti".
La Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha elogiato l’operato della squadra negoziale iraniana a Ginevra e ha detto che l’intesa nucleare è "la base per altre mosse intelligenti da parte loro": lo riferiscono agenzie iraniane.
Usa-Iran: la stretta di mano tra i due ’Satana"
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L’intesa sul nucleare iraniano riconosce il diritto dell’Iran all’arricchimento dell’uranio, secondo quanto hanno riferito fonti iraniane a Ginevra, senza precisarne gli scopi. In queste prime ore trascorse dalla storica firma continuano però le schermaglie propagandistiche per stabilire chi ha fatto maggiori concessioni. Così da Washington è arrivata subito una secca smentita: l’intesa non prevede il diritto iraniano a produrre uranio arricchito se non esclusivamente per scopi civili e stabilisce anche la chiusura di un nuovo impianto per la produzione del plutonio e la possibilità di ispezioni a sorpresa degli ispettori Aiea nelle centrali di produzione. Inoltre, l’Iran ha accettato di non produrre uranio arricchito al 20 %, percentuale indispensabile per costruire ordigni nucleari, e di distruggere, trasformandolo in ossido di uranio, quello già prodotto.
Affermazioni che hanno suscitato subito una contro precisazione di Teheran. Il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha sottolineato infatti che nessun impianto iraniano verrà chiuso in base all’accordo raggiunto a Ginevra e non vi sarà invio all’estero di materiale atomico. Zarif ha poi precisato che il diritto all’arricchimento è stato riconosciuto nelle sezioni sugli "obiettivi" e nel "passaggio finale" dell’accordo in tre parti, firmato stanotte.
L’accordo conta quattro pagine di cui una sull’ammorbidimento delle sanzioni economiche contro Teheran, hanno aggiunto dal canto loro le fonti iraniane. E gli Usa si sono impegnati a sospendere per sei mesi le sanzioni e a fornire aiuti all’Iran per circa 6-7 miliardi di dollari. Il presidente Usa ha anche chiesto esplicitamente al Congresso americano di non inasprire ulteriormente le sanzioni contro Teheran, per non compromettere il proseguimento del negoziato che, entro e non oltre sei mesi, dovrà portare ad un’intesa definitiva tra il regime iraniano e i paesi occidentali.
Nella città svizzera i sei ministri degli Esteri hanno condotto una battaglia su ogni singola parola della bozza d’accordo. Si è trattato quindi di un difficile negoziato durato quattro giorni di una riunione multilaterale che originariamente avrebbe dovuto durarne due.
L’offerta del 5+1 trapelata nei giorni scorsi (sblocco di alcuni fondi iraniani congelati in banche estere, e il nullaosta al commercio di metalli preziosi, prodotti petrolchimici e parti di ricambio per aerei) viene incontro solo in parte alla richiesta iraniana di revocare le sanzioni che ostacolano le transazioni finanziare e la vendita del petrolio.

LE REAZIONI DI OBAMA
NEW YORK – “Oggi gli Stati Uniti, insieme con gli alleati, hanno fatto un passo importante verso una soluzione completa che risolva le nostre preoccupazioni sul nucleare iraniano”. Sono le 22.35 a Washington, le 4.35 in Italia, quando Barack Obama dà lo storico annuncio dalla Casa Bianca, pochi minuti dopo che le prime indiscrezioni sono filtrate da Ginevra, poi confermate dalla responsabile della politica estera Ue, Catherine Ashton. Per la prima volta in un decennio, l’accordo con Teheran è a portata di mano.
L’annuncio ufficiale dell’accordo a Ginevra
Per sei mesi l’Iran accetta di congelare il suo programma nucleare, bloccando l’arricchimento dell’uranio oltre la soglia del 5% e smantellando i collegamenti fra diverse reti di centrifughe. Tutto lo stock di uranio che è già stato arricchito al 20% sarà convertito in ossido, che non può essere utilizzato a scopi militari. Nessuna nuova centrifuga sarà installata. In cambio gli Stati Uniti allentano le sanzioni economiche, sbloccando forniture per un valore tra i 6 e i 7 miliardi di dollari.
L’accordo nasce dai colloqui tra la delegazione iraniana e il gruppo 5+1 che riunisce i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Usa, Russia, Cina, Francia, Inghilterra) e la Germania. E’ un obiettivo che Obama insegue fin dalla sua prima campagna presidenziale, quella del 2008. Lo ricorda lui stesso: “Da quando sono in carica ho indicato chiaramente la mia determinazione a impedire che l’Iran ottenga l’arma nucleare. Ho ripetuto più volte che la mia preferenza va alla soluzione pacifica, e ho offerto la mano della diplomazia”. Oggi quel traguardo sembra a portata di mano, e se sarà confermato nei negoziati dei prossimi sei mesi potrà diventare il più grande successo di politica estera di questo presidente.
Obama nel suo discorso ricorda che questo accordo sta diventando possibile perché si sono rivelate efficaci le dure sanzioni economiche sulle quali Washington ha puntato convincendo la comunità internazionale a seguirle. “Quelle sanzioni – dice – hanno avuto un impatto sostanziale sull’economia iraniana”.
Poi è arrivata la novità-Rouhani, il nuovo presidente con cui Obama ha avviato un clamoroso disgelo durante l’ultima assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York. “Oggi, quella diplomazia ha aperto una strada nuova verso un mondo più sicuro”, dice Obama. C’è tanta cautela nelle sue parole, il presidente americano non vuole dare nulla per scontato: “L’annuncio di oggi è solo un primo passo”.
Ma la novità c’è, ed è sostanziale: “Per la prima volta da quasi dieci anni, riusciamo a fermare l’avanzamento del programma nucleare iraniano, e alcune componenti chiave di quel programma faranno marcia indietro”. Oltre alle limitazioni sull’arricchimento dell’uranio e sulle centrifughe, Obama elenca altre concessioni di Teheran: lo stop ai lavori sul reattore al plutonio, l’accesso a nuove ispezioni perché la comunità internazionale possa verificare il rispetto di tutti questi impegni. “Sulla base di questo accordo, l’Iran non può usare i negoziati come una scusa per portare avanti il suo programma”. Le concessioni fatte dagli Stati Uniti e dagli alleati sono solo “un modesto sollievo”, Obama non vuol dare l’impressione di essersi sbilanciato troppo.
“L’architettura complessiva delle sanzioni resta in piedi, e continueremo ad applicarle vigorosamente”. Se nel corso di questi sei mesi Teheran dovesse venire meno alle sue promesse, la pressione dell’embargo tornerà ad essere quella di prima. C’è però un’altra concessione, fondamentale: “L’Iran, come qualsiasi altra nazione, deve avere accesso all’energia nucleare per scopi pacifici”. Sia chiaro, però, che “l’onere ricade sugli iraniani, di dimostrare che il programma nucleare d’ora in avanti sarà esclusivamente di natura civile”. Se gli impegni verranno applicati, “cominceremo a smantellare la diffidenza tra le nostre due nazioni”.
Obama nei dieci minuti del suo discorso rivolge una frase ai due alleati che restano “all’opposizione”, risolutamente contrari a questa intesa: Israele e l’Arabia saudita. Riconosce che “hanno delle buone ragioni per essere scettici”. Ma devono dare una possibilità alla pace. Obama non ha mai escluso un’opzione militare – l’attacco preventivo auspicato da Israele – e lo ricorda. “Come comandante supremo delle forze armate farò tutto il necessario per impedire che l’Iran abbia la bomba atomica”. E tuttavia ora è il momento di esplorare fino in fondo la possibilità della soluzione negoziata, diplomatica, pacifica.
Obama aveva già scritto una nuova pagina di storia, come il primo presidente americano ad avviare un dialogo diretto con il suo omologo iraniano dai tempi della crisi degli ostaggi (1979). Accadde a settembre, all’assemblea Onu. Oggi quello spiraglio diventa qualcosa di molto più rilevante, la possibilità di una svolta senza precedenti. Proprio Obama che sembrava destinato a collezionare delusioni dalle “primavere arabe”, può diventare il leader americano con il quale si apre un nuovo capitolo nella storia del Medio Oriente.

CORRIERE.IT

Dopo anni di stallo e quattro giorni di maratona negoziale, Iran e potenze mondiali del gruppo 5+1 hanno raggiunto un’intesa a Ginevra su un primo accordo semestrale che frena temporaneamente il programma nucleare iraniano, sospettato di finalità militari. In cambio Teheran ottiene alcuni allentamenti delle sanzioni, che stanno strangolando la sua economia.
I PUNTI - Nel piano è previsto un periodo di sei mesi durante il quale gli iraniani ridurranno sensibilmente l’attività nucleare e in cambio ricevono un alleggerimento delle sanzioni. L’Iran si è impegnato a interrompere l’arricchimento dell’uranio sopra il 5%, a non aggiungere altre centrifughe e a neutralizzare le sue riserve di uranio arricchito al 20%, mentre le maggiori potenze non imporranno sanzioni a Teheran per i prossimi sei mesi. L’Iran inoltre otterrà accesso all’equivalente di 4,2 miliardi di dollari derivanti dalla vendita di greggio ma bloccati in banche asiatiche a causa delle ultime sanzioni. Dal testo diffuso a Washington spicca anche il congelamento della costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale generatore di plutonio utilizzabile a fini bellici.
LE SANZIONI - Sul fronte dell’allentamento delle sanzioni sono state confermate le indiscrezioni della vigilia sulla sospensione di alcune misure che colpiscono il commercio di oro e metalli preziosi, il settore dell’auto e le esportazioni iraniane di prodotti petrolchimici: un alleggerimento complessivo pari a 1,5 miliardi di dollari. C’è un capitolo sulle parti ricambio degli aerei e il permesso di vendere petrolio per evitare un’ulteriore flessione dell’export iraniano.

PEZZO DELLA STAMPA DI STAMATTINA
Stretta finale sul dossier del nucleare iraniano. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, è giunto ieri mattina a Ginevra con l’obiettivo di concludere un accordo tra le grandi potenze e l’Iran sul controverso programma atomico di Teheran. È la seconda volta in due settimane che il capo di Foggy Bottom si reca nella città elvetica a dimostrazione che l’accordo tra i Cinque più uno, ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, sono vicini all’intesa per risolvere l’annoso problema dell’arricchimento dell’uranio da parte della Repubblica islamica.
Il blitz di Kerry giunge dopo l’apertura da parte del ministro degli Esteri e capo-negoziatore iraniano, Mohammad Javad Zarif, il quale aveva detto che «si è al 90% del cammino anche se restano uno o due punti di disaccordo».
Il fattore decisivo nel negoziato sarebbe stata la convergenza sull’ultimo nodo da sciogliere, ovvero il riconoscimento del diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio. Resta però ancora da risolvere l’ostacolo del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale fonte di micidiale plutonio. Teheran insiste da sempre sulla necessità che le venga riconosciuto il diritto di arricchire l’uranio e due giorni fa era giunta un’esplicita richiesta in tal senso direttamente dalla Guida suprema iraniana Ali Khamenei.
Kerry ha raggiunto il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius, il quale ha ribadito di volere un «accordo sostanziale», seppur incline a raggiungere un accordo: «Sul nucleare iraniano desidero un accordo che sia solido e sono qui per poterci lavorare», ha detto il capo della diplomazia francese. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha assicurato la piena collaborazione con gli alleati occidentali: «Bisogna finalizzare l’accordo». «L’avanzamento fatto è considerevole, ma la lotta sulle parole ha reso difficile ogni progresso», avverte invece il viceministro iraniano e numero due dei negoziatori di Teheran, Abbas Araghci - come riferisce l’agenzia Mehr - il quale ha detto che «i ministri degli Esteri delle potenze si devono incontrare e noi aspetteremo finché l’incontro sia finito».
E sul dossier si esprime anche il ministero degli Esteri cinese secondo cui «i negoziati di Ginevra sul nucleare iraniano sono arrivati al momento finale». Moderazione da parte del britannico William Hague, secondo cui «le divergenze si sono ridotte, ma ci sono ancora difficoltà e importanti divergenze», i negoziati sono ancora «molto difficili». Zarif da parte sua, parlando in tv, ha avvertito che la squadra negoziale iraniana «non consentirà alcuna mossa che lede i diritti o pone richieste eccessive. Dovrebbero sapere che qualsiasi cosa che danneggia i diritti della gente non porterà alcun risultato».
Ricordando poi quanto avvenuto al precedente round, Zarif ha avvertito che il convergere a Ginevra dei capi delle diplomazie delle sei potenze mondiali del gruppo 5+1 non significa che verrà raggiunto un accordo. La riunione a livello di ministri comunque dimostra la volontà «politica» di raggiungere un’intesa in tre fasi. In queste ore Iran e Paesi del gruppo del 5+1 stanno mettendo a punto i dettagli.

Stretta finale sul dossier del nucleare iraniano. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, è giunto ieri mattina a Ginevra con l’obiettivo di concludere un accordo tra le grandi potenze e l’Iran sul controverso programma atomico di Teheran. È la seconda volta in due settimane che il capo di Foggy Bottom si reca nella città elvetica a dimostrazione che l’accordo tra i Cinque più uno, ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, sono vicini all’intesa per risolvere l’annoso problema dell’arricchimento dell’uranio da parte della Repubblica islamica.
Il blitz di Kerry giunge dopo l’apertura da parte del ministro degli Esteri e capo-negoziatore iraniano, Mohammad Javad Zarif, il quale aveva detto che «si è al 90% del cammino anche se restano uno o due punti di disaccordo».
Il fattore decisivo nel negoziato sarebbe stata la convergenza sull’ultimo nodo da sciogliere, ovvero il riconoscimento del diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio. Resta però ancora da risolvere l’ostacolo del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale fonte di micidiale plutonio. Teheran insiste da sempre sulla necessità che le venga riconosciuto il diritto di arricchire l’uranio e due giorni fa era giunta un’esplicita richiesta in tal senso direttamente dalla Guida suprema iraniana Ali Khamenei.
Kerry ha raggiunto il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius, il quale ha ribadito di volere un «accordo sostanziale», seppur incline a raggiungere un accordo: «Sul nucleare iraniano desidero un accordo che sia solido e sono qui per poterci lavorare», ha detto il capo della diplomazia francese. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha assicurato la piena collaborazione con gli alleati occidentali: «Bisogna finalizzare l’accordo». «L’avanzamento fatto è considerevole, ma la lotta sulle parole ha reso difficile ogni progresso», avverte invece il viceministro iraniano e numero due dei negoziatori di Teheran, Abbas Araghci - come riferisce l’agenzia Mehr - il quale ha detto che «i ministri degli Esteri delle potenze si devono incontrare e noi aspetteremo finché l’incontro sia finito».
E sul dossier si esprime anche il ministero degli Esteri cinese secondo cui «i negoziati di Ginevra sul nucleare iraniano sono arrivati al momento finale». Moderazione da parte del britannico William Hague, secondo cui «le divergenze si sono ridotte, ma ci sono ancora difficoltà e importanti divergenze», i negoziati sono ancora «molto difficili». Zarif da parte sua, parlando in tv, ha avvertito che la squadra negoziale iraniana «non consentirà alcuna mossa che lede i diritti o pone richieste eccessive. Dovrebbero sapere che qualsiasi cosa che danneggia i diritti della gente non porterà alcun risultato».
Ricordando poi quanto avvenuto al precedente round, Zarif ha avvertito che il convergere a Ginevra dei capi delle diplomazie delle sei potenze mondiali del gruppo 5+1 non significa che verrà raggiunto un accordo. La riunione a livello di ministri comunque dimostra la volontà «politica» di raggiungere un’intesa in tre fasi. In queste ore Iran e Paesi del gruppo del 5+1 stanno mettendo a punto i dettagli.

Stretta finale sul dossier del nucleare iraniano. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, è giunto ieri mattina a Ginevra con l’obiettivo di concludere un accordo tra le grandi potenze e l’Iran sul controverso programma atomico di Teheran. È la seconda volta in due settimane che il capo di Foggy Bottom si reca nella città elvetica a dimostrazione che l’accordo tra i Cinque più uno, ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, sono vicini all’intesa per risolvere l’annoso problema dell’arricchimento dell’uranio da parte della Repubblica islamica.
Il blitz di Kerry giunge dopo l’apertura da parte del ministro degli Esteri e capo-negoziatore iraniano, Mohammad Javad Zarif, il quale aveva detto che «si è al 90% del cammino anche se restano uno o due punti di disaccordo».
Il fattore decisivo nel negoziato sarebbe stata la convergenza sull’ultimo nodo da sciogliere, ovvero il riconoscimento del diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio. Resta però ancora da risolvere l’ostacolo del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale fonte di micidiale plutonio. Teheran insiste da sempre sulla necessità che le venga riconosciuto il diritto di arricchire l’uranio e due giorni fa era giunta un’esplicita richiesta in tal senso direttamente dalla Guida suprema iraniana Ali Khamenei.
Kerry ha raggiunto il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius, il quale ha ribadito di volere un «accordo sostanziale», seppur incline a raggiungere un accordo: «Sul nucleare iraniano desidero un accordo che sia solido e sono qui per poterci lavorare», ha detto il capo della diplomazia francese. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha assicurato la piena collaborazione con gli alleati occidentali: «Bisogna finalizzare l’accordo». «L’avanzamento fatto è considerevole, ma la lotta sulle parole ha reso difficile ogni progresso», avverte invece il viceministro iraniano e numero due dei negoziatori di Teheran, Abbas Araghci - come riferisce l’agenzia Mehr - il quale ha detto che «i ministri degli Esteri delle potenze si devono incontrare e noi aspetteremo finché l’incontro sia finito».
E sul dossier si esprime anche il ministero degli Esteri cinese secondo cui «i negoziati di Ginevra sul nucleare iraniano sono arrivati al momento finale». Moderazione da parte del britannico William Hague, secondo cui «le divergenze si sono ridotte, ma ci sono ancora difficoltà e importanti divergenze», i negoziati sono ancora «molto difficili». Zarif da parte sua, parlando in tv, ha avvertito che la squadra negoziale iraniana «non consentirà alcuna mossa che lede i diritti o pone richieste eccessive. Dovrebbero sapere che qualsiasi cosa che danneggia i diritti della gente non porterà alcun risultato».
Ricordando poi quanto avvenuto al precedente round, Zarif ha avvertito che il convergere a Ginevra dei capi delle diplomazie delle sei potenze mondiali del gruppo 5+1 non significa che verrà raggiunto un accordo. La riunione a livello di ministri comunque dimostra la volontà «politica» di raggiungere un’intesa in tre fasi. In queste ore Iran e Paesi del gruppo del 5+1 stanno mettendo a punto i dettagli.

Stretta finale sul dossier del nucleare iraniano. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, è giunto ieri mattina a Ginevra con l’obiettivo di concludere un accordo tra le grandi potenze e l’Iran sul controverso programma atomico di Teheran. È la seconda volta in due settimane che il capo di Foggy Bottom si reca nella città elvetica a dimostrazione che l’accordo tra i Cinque più uno, ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, sono vicini all’intesa per risolvere l’annoso problema dell’arricchimento dell’uranio da parte della Repubblica islamica.
Il blitz di Kerry giunge dopo l’apertura da parte del ministro degli Esteri e capo-negoziatore iraniano, Mohammad Javad Zarif, il quale aveva detto che «si è al 90% del cammino anche se restano uno o due punti di disaccordo».
Il fattore decisivo nel negoziato sarebbe stata la convergenza sull’ultimo nodo da sciogliere, ovvero il riconoscimento del diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio. Resta però ancora da risolvere l’ostacolo del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale fonte di micidiale plutonio. Teheran insiste da sempre sulla necessità che le venga riconosciuto il diritto di arricchire l’uranio e due giorni fa era giunta un’esplicita richiesta in tal senso direttamente dalla Guida suprema iraniana Ali Khamenei.
Kerry ha raggiunto il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius, il quale ha ribadito di volere un «accordo sostanziale», seppur incline a raggiungere un accordo: «Sul nucleare iraniano desidero un accordo che sia solido e sono qui per poterci lavorare», ha detto il capo della diplomazia francese. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha assicurato la piena collaborazione con gli alleati occidentali: «Bisogna finalizzare l’accordo». «L’avanzamento fatto è considerevole, ma la lotta sulle parole ha reso difficile ogni progresso», avverte invece il viceministro iraniano e numero due dei negoziatori di Teheran, Abbas Araghci - come riferisce l’agenzia Mehr - il quale ha detto che «i ministri degli Esteri delle potenze si devono incontrare e noi aspetteremo finché l’incontro sia finito».
E sul dossier si esprime anche il ministero degli Esteri cinese secondo cui «i negoziati di Ginevra sul nucleare iraniano sono arrivati al momento finale». Moderazione da parte del britannico William Hague, secondo cui «le divergenze si sono ridotte, ma ci sono ancora difficoltà e importanti divergenze», i negoziati sono ancora «molto difficili». Zarif da parte sua, parlando in tv, ha avvertito che la squadra negoziale iraniana «non consentirà alcuna mossa che lede i diritti o pone richieste eccessive. Dovrebbero sapere che qualsiasi cosa che danneggia i diritti della gente non porterà alcun risultato».
Ricordando poi quanto avvenuto al precedente round, Zarif ha avvertito che il convergere a Ginevra dei capi delle diplomazie delle sei potenze mondiali del gruppo 5+1 non significa che verrà raggiunto un accordo. La riunione a livello di ministri comunque dimostra la volontà «politica» di raggiungere un’intesa in tre fasi. In queste ore Iran e Paesi del gruppo del 5+1 stanno mettendo a punto i dettagli.

Stretta finale sul dossier del nucleare iraniano. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, è giunto ieri mattina a Ginevra con l’obiettivo di concludere un accordo tra le grandi potenze e l’Iran sul controverso programma atomico di Teheran. È la seconda volta in due settimane che il capo di Foggy Bottom si reca nella città elvetica a dimostrazione che l’accordo tra i Cinque più uno, ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, sono vicini all’intesa per risolvere l’annoso problema dell’arricchimento dell’uranio da parte della Repubblica islamica.
Il blitz di Kerry giunge dopo l’apertura da parte del ministro degli Esteri e capo-negoziatore iraniano, Mohammad Javad Zarif, il quale aveva detto che «si è al 90% del cammino anche se restano uno o due punti di disaccordo».
Il fattore decisivo nel negoziato sarebbe stata la convergenza sull’ultimo nodo da sciogliere, ovvero il riconoscimento del diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio. Resta però ancora da risolvere l’ostacolo del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale fonte di micidiale plutonio. Teheran insiste da sempre sulla necessità che le venga riconosciuto il diritto di arricchire l’uranio e due giorni fa era giunta un’esplicita richiesta in tal senso direttamente dalla Guida suprema iraniana Ali Khamenei.
Kerry ha raggiunto il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius, il quale ha ribadito di volere un «accordo sostanziale», seppur incline a raggiungere un accordo: «Sul nucleare iraniano desidero un accordo che sia solido e sono qui per poterci lavorare», ha detto il capo della diplomazia francese. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha assicurato la piena collaborazione con gli alleati occidentali: «Bisogna finalizzare l’accordo». «L’avanzamento fatto è considerevole, ma la lotta sulle parole ha reso difficile ogni progresso», avverte invece il viceministro iraniano e numero due dei negoziatori di Teheran, Abbas Araghci - come riferisce l’agenzia Mehr - il quale ha detto che «i ministri degli Esteri delle potenze si devono incontrare e noi aspetteremo finché l’incontro sia finito».
E sul dossier si esprime anche il ministero degli Esteri cinese secondo cui «i negoziati di Ginevra sul nucleare iraniano sono arrivati al momento finale». Moderazione da parte del britannico William Hague, secondo cui «le divergenze si sono ridotte, ma ci sono ancora difficoltà e importanti divergenze», i negoziati sono ancora «molto difficili». Zarif da parte sua, parlando in tv, ha avvertito che la squadra negoziale iraniana «non consentirà alcuna mossa che lede i diritti o pone richieste eccessive. Dovrebbero sapere che qualsiasi cosa che danneggia i diritti della gente non porterà alcun risultato».
Ricordando poi quanto avvenuto al precedente round, Zarif ha avvertito che il convergere a Ginevra dei capi delle diplomazie delle sei potenze mondiali del gruppo 5+1 non significa che verrà raggiunto un accordo. La riunione a livello di ministri comunque dimostra la volontà «politica» di raggiungere un’intesa in tre fasi. In queste ore Iran e Paesi del gruppo del 5+1 stanno mettendo a punto i dettagli.

Il ministro degli esteri iraniano Zarif

Stretta finale sul dossier del nucleare iraniano. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, è giunto ieri mattina a Ginevra con l’obiettivo di concludere un accordo tra le grandi potenze e l’Iran sul controverso programma atomico di Teheran. È la seconda volta in due settimane che il capo di Foggy Bottom si reca nella città elvetica a dimostrazione che l’accordo tra i Cinque più uno, ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania, sono vicini all’intesa per risolvere l’annoso problema dell’arricchimento dell’uranio da parte della Repubblica islamica.
Il blitz di Kerry giunge dopo l’apertura da parte del ministro degli Esteri e capo-negoziatore iraniano, Mohammad Javad Zarif, il quale aveva detto che «si è al 90% del cammino anche se restano uno o due punti di disaccordo».
Il fattore decisivo nel negoziato sarebbe stata la convergenza sull’ultimo nodo da sciogliere, ovvero il riconoscimento del diritto iraniano all’arricchimento dell’uranio. Resta però ancora da risolvere l’ostacolo del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale fonte di micidiale plutonio. Teheran insiste da sempre sulla necessità che le venga riconosciuto il diritto di arricchire l’uranio e due giorni fa era giunta un’esplicita richiesta in tal senso direttamente dalla Guida suprema iraniana Ali Khamenei.
Kerry ha raggiunto il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius, il quale ha ribadito di volere un «accordo sostanziale», seppur incline a raggiungere un accordo: «Sul nucleare iraniano desidero un accordo che sia solido e sono qui per poterci lavorare», ha detto il capo della diplomazia francese. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha assicurato la piena collaborazione con gli alleati occidentali: «Bisogna finalizzare l’accordo». «L’avanzamento fatto è considerevole, ma la lotta sulle parole ha reso difficile ogni progresso», avverte invece il viceministro iraniano e numero due dei negoziatori di Teheran, Abbas Araghci - come riferisce l’agenzia Mehr - il quale ha detto che «i ministri degli Esteri delle potenze si devono incontrare e noi aspetteremo finché l’incontro sia finito».
E sul dossier si esprime anche il ministero degli Esteri cinese secondo cui «i negoziati di Ginevra sul nucleare iraniano sono arrivati al momento finale». Moderazione da parte del britannico William Hague, secondo cui «le divergenze si sono ridotte, ma ci sono ancora difficoltà e importanti divergenze», i negoziati sono ancora «molto difficili». Zarif da parte sua, parlando in tv, ha avvertito che la squadra negoziale iraniana «non consentirà alcuna mossa che lede i diritti o pone richieste eccessive. Dovrebbero sapere che qualsiasi cosa che danneggia i diritti della gente non porterà alcun risultato».