Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 22 Venerdì calendario

IL TESORO DICE SÌ AL BUYBACK ENI


La cessione di una quota del 3% di Eni da parte del Tesoro comporterà un buyback sui titoli della compagnia petrolifera. Parlando subito dopo il Consiglio dei ministri di ieri che ha dato il via al piano privatizzazioni (si vedano anche gli articoli alle pagine 2 e 3), il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha confermato quanto anticipato da MF-Milano Finanza mercoledì 20. Vale a dire che il preannunciato riacquisto da parte dell’Eni di azioni proprie fino a un 10% del capitale (per un controvalore di circa 6 miliardi agli attuali corsi di borsa), nonostante le dichiarazioni dell’ad Paolo Scaroni, servirà proprio a mantenere la quota pubblica sopra il 30% grazie all’annullamento dei titoli acquistati. L’effetto, di quest’ultima operazione, infatti, otterrà il risultato di arrotondare le percentuali detenute dagli azionisti del Cane a sei zampe, a cominciare ovviamente da Cassa Depositi e Prestiti e Tesoro (che detengono rispettivamente il 26 e il 4,3%).
Il meccanismo in grado di far incassare allo Stato circa 2 miliardi di euro dovrebbe funzionare più o meno così. Togliendo di mezzo 360 milioni di azioni, ossia circa il 10% del capitale Eni, che è costituito da 3,62 miliardi di azioni, ne rimarrebbero in circolazione 3,26 miliardi. A quel punto i 936,2 milioni di azioni detenute da Cdp non rappresenterebbero più il 26% ma il 28,7% del capitale. Stesso discorso per i 157,5 milioni di azioni detenute dal Tesoro, che oggi rappresentano il 4,3% e che diventerebbe il 4,8%. L’attuale 30,2% detenuto congiuntamente da Cdp e Tesoro diventerebbe il 33,5% e quindi sul mercato potrebbe essere ceduto un 3% di Eni in quanto la discesa della quota pubblica al 26-27% sarebbe solo temporanea.

Va ricordato un precedente che risale al luglio 2012, quando l’assemblea di Eni approvò l’annullamento di 371 milioni di azioni proprie (il 9,3% del capitale) per un valore di 6,5 miliardi. Per effetto di quell’operazione Cassa Depositi e Prestiti e ministero dell’Economia si portarono fino al 33,4% in modo da agevolare la cessione della quota eccedente il 30% per finanziare l’acquisto di Snam, allora in via di separazione dalla capogruppo Eni. Per arrivare all’annullamento in blocco di tutte quelle azioni, però, ci vollero quasi dieci anni e più o meno altrettante operazioni di buyback nell’ordine dei 500-600 milioni di euro l’una. Stavolta però il Tesoro ha indicato in una nota la tempistica della possibile cessione del 3% circa di Eni. «Nel luglio 2012 l’assemblea dell’Eni ha deliberato un piano di buyback fino a un massimo del 10% delle azioni in circolazione. L’operazione sarà realizzata dalla società con modalità e tempi compatibili con la struttura patrimoniale e finanziaria del gruppo». Il Tesoro ha anche assicurato che resterà azionista di Eni con una quota superiore al 30% anche in caso di vendita del 3% circa del gigante oil di San Donato Milanese.