Roberto Giardina, ItaliaOggi 22/11/2013, 22 novembre 2013
TORNA IN AUGE L’INVIATO SPECIALE
I quotidiani stretti tra web e tv reagiscono con una fuga in avanti, cercano di stare alla pari sul campo degli avversari, e sono destinati a perdere. Troppo lenti, che cosa possono offrire il giorno dopo ai lettori che hanno visto i fatti in televisione, e sono stati bombardati nel web da una miriade di informazioni e di particolari quasi in tempo reale? Bisognerebbe reagire, invece, tornando all’antico, consigliano gli esperti di media tedeschi «Der Rückkehr der rasente Reporter», ha annunciato e già tempo Der Spiegel. Il ritorno all’inviato speciale, dato per estinto.
Sui cento metri, allo sprint, è inevitabile che arrivi primo il web, o la tv. Sui mille e cinque, sul mezzo fondo, arriva invece al traguardo il quotidiano su carta. Basta mandare sul posto un inviato speciale con penna e taccuino e magari una macchina fotografica. Approfondisce i fatti, compie un reportage a un costo minimo. A una Tv occorrono giorni, e deve sostenere i costi di una piccola troupe, come per girare un documentario.
«I giornali si devono orientare in orizzontale», ha detto tempo fa Mathias Döpfner, il grande capo della Springer. I lettori cercano le informazioni nel web, le trovano anche se confuse, caotiche, e il giorno dopo il quotidiano deve offrire loro qualcosa d’altro. Hanno cominciato in America, dove sono nati i cosiddetti mojos, cioè i mobile journalists, reporter armati di cellulare che inviano pochi minuti dopo i fatti, interviste, immagini, filmati, alle redazioni online, e che lavorano a stretto contatto con i blogger, a volte a pagamento. Ora sono giunti anche in Europa. E lo stesso lettore si trasforma in cronista. Alla Bild, per esempio viene ricompensato con 500 o 1.000 euro chi invia una foto degna di pubblicazione. La Merkel che fa la spesa da sola alle Galerie Lafayette, a Berlino, fu sorpresa da un lettore. Ieri in cronaca si cercavano le farmacie aperte, i programmi dei cinema, gli orari dei treni, oggi in rete, si trovano, in dieci secondi, su Google. I giornali devono battere altri campi.
Molte informazioni, tutti i particolari, ma alla notizia manca spesso il «Why», il «Warum», il perché. Che per imitazione, scompare spesso anche negli articoli su carta stampata, diventati sempre più concisi. Si sa tutto e non si sa niente. Inoltre, i mojos e i blogger non sono sempre autentici professionisti, non pongono le domande giuste, non conoscono a fondo gli argomenti e i problemi. Nelle interviste si limitano quasi sempre a far da microfono all’intervistato. In Germania, si dice, quel che conta è la seconda domanda, per ribattere alla risposta sbagliata o menzognera dell’intervistato. Per porla bisogna essere molto preparati, e avere spazio e tempo. Spesso in tv un’intervista occupa neanche un minuto.
Sul quotidiano c’è un’informazione orizzontale, e anche «tiefer» più profonda. Per la verità, da sempre alla Springer si è affrontato lo scontro con la tv in modo diverso che da noi. Già quarant’anni fa, alla redazione centrale, allora ad Amburgo, un redattore a turno era incaricato di registrare su nastro il telegiornale della sera. Le notizie date venivano buttate dai quotidiani, a meno che non avessero un particolare in più. E allora non c’era né la tv privata né il web.
Oggi, sui quotidiani nazionale, come la Frankfurter Allgemeine o la Süddeutsche Zeitung, si trovano sul Feuilleton, l’inserto paragonabile alla nostra defunta terza pagina, reportage lunghissimi, su argomenti non sempre di stretta attualità. Sulla Welt leggo il lungo articolo di un inviato speciale su New Orleans, otto anni dopo il disastro. Ora tra gli scampati impera il voodoo, gli spiriti invocati contro i tifoni. Sulla Frankfurter, ho trovato due intere pagine sulla fuga compiuta 150 anni fa dal poeta ventenne Georg Büchner per sfuggire alla polizia da Giessen a Offenbach: 80 km che un giornalista ha rifatto passo per passo. Al posto del pagliaio dove il giovane rivoluzionario passò la notte oggi c’è un distributore di benzina, e così via. A chi interessa? Lo si legge per il piacere di leggere. Come si leggevano gli articoli di Indro Montanelli o Curzio Malaparte. Loro avevano il vizio di inventare. Oggi, a causa del web e della tv non è possibile. Rimane il fascino della parola scritta. Forse gli acquirenti dei giornali diminuiranno, ma quelli che restano saranno sufficienti. Almeno, ne sono convinti in Germania.